Nichel
(Ansa)
Economia

Le supply chain globali e la sfida del nazionalismo delle risorse

Le supply chain e la sfida del nazionalismo delle risorse tra Indonesia, nichel, Cina ed auto elettriche..

La prospettiva che la domanda di veicoli elettrici possa diventare strutturale e creare un mercato che sostituirà quello delle auto con motore a combustione interna sta guidando gli investimenti diretti, nazionali ed esteri, nel settore minerario e metallurgico di paesi che vedono in questa opportunità la possibilità di far decollare il proprio settore industriale. Uno strumento utile al raggiungimento questo obbiettivo viene frequentemente identificato nel bando all’esportazione delle proprie risorse naturali. Naturalmente questi propositi si scontrano con le concrete possibilità di sostenere queste politiche nel lungo termine e con le reazioni del mercato. Uno degli esempi più recenti in questo senso è l’Indonesia.

L’Indonesia ospita le più grandi riserve mondiali di nichel, un metallo cruciale per la produzione di batterie per veicoli elettrici e così limitato nella fornitura globale che nel 2020 il CEO di Tesla, Elon Musk, si disse disposto a firmare un contratto faraonico a chiunque gli avesse fornito nichel in grandi quantità ed estratto compatibilmente. Ecco il problema stava in una delle caratteristiche del contratto: la compatibilità, perché in Indonesia, ma non solo, di compatibile, nell’estrazione del nichel non c’è nulla. Questo aspetto ha comportato un duplice atteggiamento da parte degli investitori: quelli per i quali le caratteristiche ESG avevano importanza hanno avuto un approccio cauto, al contrario le compagnie minerarie cinesi si sono riversate nel paese.

A spaventare molti investitori è la pratica mineraria, utilizzata anche in Indonesia, nota come “smaltimento degli sterili nelle acque profonde” (DSTD), i cui impatti sulla vita marina sono poco conosciuti. Questa tecnica prevede che i rifiuti derivanti dall’estrazione e raffinazione del nichel vengano rilasciati in mare aperto attraverso una condotta, lunga anche centinaia di metri, in un’area in cui il fondale marino scende rapidamente a grandi profondità, come quelle al di fuori della piattaforma continentale.

Le conoscenze dell’impatto sulla vita marina del DSTD sono ancora minime secondo il Joint Group of Experts on the Scientific Aspects of Marine Environmental Protection, GESAMP, un organo consultivo dell’ONU: può accadere che polveri fini o particelle metalliche rimangano sospese nell’oceano invece di depositarsi sul fondo e, disperse dalle correnti, migrare tra strati di salinità o temperatura variabili. Il plancton può essere intrappolato nei solidi sospesi e particelle sottili potrebbero ostruire le branchie dei pesci. La fauna marina, dopo averli ingeriti, può trasportare tracce di rifiuti di miniera nella catena di approvvigionamento alimentare, e trasferirli così anche in acque poco profonde.

Le società minerarie internazionali, in particolare quelle pubbliche, sono soggette al controllo politico e del mercato, e quindi sotto pressione per aderire agli standard ESG globali e garantire che le loro catene di approvvigionamento ne siano quanto più possibili conformi. Ma le aziende cinesi, molte delle quali sono sostenute dallo stato, non sono soggette alla stessa pressione quando operano all’estero e quindi, anche a seguito dell’inasprirsi delle normative ambientali cinesi, si orientano verso paesi ricchi di risorse minerarie con politiche ambientali più permissive e l'Indonesia, con manodopera a basso costo e scarsa supervisione normativa, si adatta bene a questo profilo.

Solo nel 2022, hanno investito 3,2 miliardi di dollari nelle isole di Sulawesi e Halmahera, i centri minerari indonesiani del nichel, rendendo la Cina la più grande fonte di investimenti stranieri nell'industria del nichel. Il totale degli investimenti negli ultimi 10 anni supera i 14 miliardi di dollari: abbastanza per garantire la loro fornitura di metallo nel prossimo decennio. Agli storici accordi sviluppati dalla Tsingshan Holding, il più grande produttore di acciaio inossidabile al mondo, all’inizio del millennio, quando le riserve di nichel del paese non erano ancora state compiutamente verificate, si è oggi aggiunto il mercato dei veicoli elettrici di cui il nichel è un componente critico.

L'Indonesia ha visto riemergere un forte nazionalismo economico alla fine degli anni 2000 e con la successiva legge sull'estrazione di minerali e carbone mirava ad imporre alle compagnie minerarie di sviluppare la catena del valore a livello nazionale attraverso la lavorazione e la raffinazione in loco dei minerali. Questo processo è culminato nel 2020 con l'imposizione di un divieto totale di esportazione del minerale di nichel: il governo confidava nel successo di questa iniziativa forte del fatto che il paese rappresenta il 37% della produzione globale di nichel e il 22% delle riserve globali.

Oggi che la strategia sembra avere successo, con l’aumento della produzione e gli investimenti diretti esteri nell'industria metallurgica che hanno addirittura superato quelli nel settore minerario, la visione del governo indonesiano ambisce a trasformare l'arcipelago non solo in un produttore di batterie ma piuttosto in un hub globale per i veicoli elettrici. Di conseguenza il governo prevede di estendere il divieto di esportazione ad altri minerali come bauxite, rame e stagno, anche se gli effetti dei divieti in questi settori potrebbero essere modesti considerando il ruolo limitato dell'Indonesia nel mercato globale di queste materie prime.

Naturalmente è stato fondamentale, per il raggiungimento di questi obbiettivi, attirare capitali e competenze tecnologiche ed ecco che nel suo corteggiare il capitale cinese, l'amministrazione indonesiana ha permesso alle società cinesi di aggirare i controlli istituzionali. Il settore è stato oggetto di una evoluzione così rapida per cui lo stato e la società non hanno ancora raggiunto la maturità necessaria, lasciando in secondo piano aspetti critici come condizioni di lavoro e supervisione normativa e consentendo politiche ambientali più permissive.

Forse questo aspetto spiega il segreto di come le aziende cinesi siano state in grado di costruire questi impianti di lavorazione del nichel ad un costo ed una velocità impossibili da eguagliare per qualsiasi azienda occidentale. Un report del Paramadina Public Policy Institute presso l'Università di Giacarta spiega che la velocità senza pari della Cina nella costruzione di questi impianti dipenderebbe dal fatto che ignora le leggi locali sul lavoro e sulla protezione ambientale. Si stanno moltiplicando le testimonianze che parlano di condizioni di sfruttamento dei lavoratori fino a vere e proprie aggressioni fisiche per chi non si adegua.

A tentare di guastare i piani indonesiani ha cominciato l'Unione europea con la richiesta all'Organizzazione mondiale del commercio di istituire una commissione che esamini le politiche protezionistiche dell'Indonesia. Per quanto il governo indonesiano non sembri minimamente intenzionato a cambiare rotta, anche a seguito del pronunciamento contro l'Indonesia del panel dell'OMC, ci sono aspetti che prima o poi potrebbero ritorcesi contro le politiche di Giacarta: l'Inflation Reduction Act (IRA) statunitense in primis.

L’accesso agli incentivi per le auto elettriche previsti dall'IRA stabiliscono che gli acquirenti ricevano dei crediti d'imposta solo se una certa percentuale del valore dei minerali critici contenuti nelle batterie viene estratta o lavorata negli Stati Uniti o nei suoi partner dell'accordo di libero scambio e se una certa percentuale dei componenti delle batterie è prodotta o assemblata in Nord America. Ma in particolare la disposizione che potrebbe spostare gli equilibri è quella che annulla i crediti d’imposta quando queste attività sono sviluppate da una compagnia “straniera”.

Questo significa che le società metallurgiche cinesi in Indonesia, ma anche quelle coreane come Hyundai o LG che hanno già aperto stabilimenti in Indonesia o annunciato grandi piani di investimento si troverebbero la porta dei sussidi statunitensi chiusa. Per quanto sia evidente che il nichel indonesiano avrebbe un ruolo nel soddisfare la domanda degli Stati Uniti in futuro, si tratta di capire quale strada il governo deciderà di percorrere. Se seguirà gli USA, qualora questi decidessero di riconoscere ai partner dell’Indo-Pacific Economic Framework, IPEF, a cui appartiene l’Indonesia, lo status di partner dell’accordo di libero scambio, o se propenderà per il suo più grande partner commerciale, la Cina.

E’ evidente come questa scelta costringerebbe anche le aziende coreane, che stanno già facendo enormi investimenti nella produzione di veicoli elettrici e batterie negli Stati Uniti, a ripensare la loro strategia globale della catena del valore e conseguentemente i loro progetti in Indonesia. Se anche l’Europa decidesse di introdurre a sua volta norme sul modello dell’IRA statunitense acquisirebbe probabilmente anche maggiore importanza il rispetto dei criteri ESG. Per quanto le politiche industriali indonesiane del settore del nichel abbiano sinora mostrato un certo successo il quadro futuro è destinato ad acquisire maggiore complessità.

I più letti

avatar-icon

Giovanni Brussato