Stellantis auto in rischio crisi. Auto elettriche, Europa
(Ansa)
Economia

Stellantis; o si ridiscutono le regole UE, oppure via dal Regno Unito

L'azienda ha annunciato che le sue fabbriche britanniche saranno costrette a chiudere con la perdita di migliaia di posti di lavoro se il governo non rinegozierà in tempi brevi i termini del suo accordo per l'uscita dalla Ue

L'Europa dell'auto elettrica è sempre più insostenibile. Oltre la fretta, anche la tigna verso il Regno Unito, così ci sono effetti dell'accordo fatto tra Unione europea e Regno unito in vista della Brexit che appaiono più chiari soltanto oggi nella loro follia: il costruttore di automobili Stellantis ha avvertito che le sue fabbriche britanniche saranno costrette a chiudere con la perdita di migliaia di posti di lavoro se il governo britannico non rinegozierà in tempi brevi i termini del suo accordo per l'uscita dalla Ue.

Nel corso di un'audizione al Parlamento inglese il gruppo proprietario dei marchi Vauxhall, Opel, Peugeot, Citroen e Fiat ha dichiarato che, in base all'attuale accordo, nel 2024 dovrà affrontare tariffe troppo onerose per l'esportazione di furgoni elettrici in Europa, quando entreranno in vigore regole più severe imposte per il periodo post-Brexit. Per questo motivo Stellantis ha esortato il governo a raggiungere un nuovo accordo per l'estensione delle attuali regole sull'approvvigionamento delle parti almeno fino al 2027. «Se il costo della produzione di veicoli elettrici nel Regno Unito diventa insostenibile dovremo chiudere le produzioni», ha dichiarato Stellantis nella presentazione fatta al comitato della Camera dei Comuni che esamina le prospettive per l'industria britannica dei veicoli elettrici, specificando che «anche altri produttori non continueranno a investire e trasferiranno le produzioni al di fuori del Paese, come accaduto in passato a marchi come Ford e Mini».

Al momento Stellantis ha due stabilimenti nel Regno Unito: uno a Luton, che costruisce furgoni di grandi dimensioni, e un altro a Ellesmere Port che diventerà un centro di produzione per le versioni elettriche dei furgoni Opel/Vauxhall Combo, Peugeot Partner e Citroen Berlingo, tutti modelli le cui consegne dovrebbero iniziare quest'anno. Proprio qui nel 2021 il gruppo diretto da Carlos Tavares aveva annunciato un investimento di cento milioni di sterline affermando che sarebbe stata in grado di produrre a sufficienza per soddisfare la domanda europea e inglese per questa linea di prodotti. «Tuttavia ora non siamo in grado di rispettare queste regole di origine», ha affermato Tavares durante la sua presentazione al Parlamento, citando come concause fattori esterni come la guerra in Ucraina, problemi di approvvigionamento e l'aumento dei costi delle materie prime. E per evitare che vengano applicate sanzioni, l'attuale accordo commerciale concordato quando la Gran Bretagna lasciò l'Unione, dal 2024 in poi il 45% del valore di un veicolo elettrico dovrà provenire dalla Gran Bretagna o da nazioni dell'Ue. Ma oggi secondo la Society of Motor Manufacturers and Traders (associazione inglese dei produttori), che era presente all'incontro, l'attuale capacità produttiva nell'Ue e in Gran Bretagna non consentirebbe al settore di soddisfare i requisiti per batterie e parti di batterie.

In altre parole, il Regno Unito non riuscirebbe a costruire un numero sufficiente di veicoli elettrici a causa di una scarsa capacità di approvvigionamento, a cominciare dalla mancanza di fabbriche di batterie, nonostante nel recente passato abbia, per motivi fiscali, attirato investimenti esteri per veicoli elettrici da parte di colossi come Nissan e Ford, mentre altri grandi attori dell'automotive starebbero ancora valutando se investire nel regno di Carlo terzo.

Curiosamente da parte del governo britannico non manca la presa di coscienza sulla situazione, soprattutto dopo che, nel gennaio scorso, anche senza i diktat europei, fallì il progetto della grande fabbrica di batterie Britishvolt in costruzione a Blyt, nell’Inghilterra del nord, che avrebbe dovuto impiegare tremila persone, spegnendo in solo colpo i sogni di indipendenza energetica dell'automotive inglese. E considerando che la fiscalità del Regno Unito è molto più favorevole all'impresa di quella del resto d'Europa, quanto sta accadendo evidenzia ancora una volta la criticità di una conversione energetica che appare sempre più impraticabile. Se poi ci si mette anche la tigna di Bruzelles, presto il Vecchio continente sarà decisamente più povero.

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Sergio Barlocchetti

Milanese, è ingegnere, pilota e giornalista. Da 30 anni nel settore aerospaziale, lo segue anche in veste di analista. Docente di materie tecniche presso la scuola di volo AeC Milano è autore di diversi libri.

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