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Partite Iva, ecco i punti della riforma d’autunno

Allo studio novità su regimi dei minimi, Irap e versamenti previdenziali per la gestione separata Inps

Il governo è al lavoro per definire i dettagli di una riforma fiscale riguardante le partite Iva. D’altronde il premier Matteo Renzi aveva promesso che si sarebbe impegnato proprio per risolvere alcuni dei problemi che da tempo attanagliano parte del lavoro autonomo, e sembra voler mantenere la parola data. In questi giorni d’estate cominciano infatti a filtrare alcuni particolari su quelle che potrebbero essere le principali novità che interesseranno le circa 4 milioni di partite Iva attive nel nostro Paese e quelle che nasceranno nei prossimi anni.

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Innanzitutto, potrebbe non scomparire del tutto il cosiddetto regime dei minimi, che secondo le norme attuali, dal primo gennaio 2016 dovrebbe lasciare il posto al cosiddetto regime forfettario. Secondo le intenzioni del governo, il primo regime, quello che prevede un’aliquota unica al 5% e che tanto successo aveva riscosso negli anni scorsi, potrebbe restare attivo per tutte le start up nei primi tre anni di operatività. Successivamente si passerebbe al regime forfettario che, come noto, prevede un’aliquota unica più alta, fissata al 15%. I due sistemi rimarrebbero dunque entrambi in vita e opererebbero in maniera parallela.

Altra novità molto attesa è quella che potrebbe poi riguardare l’Irap. Da anni infatti si discute sull’applicazione di una imposta legata all’organizzazione lavorativa e che spesso, per piccoli professionisti e piccoli lavoratori autonomi, è di complicata definizione. Alle viste potrebbe esserci ora la sua totale abolizione per le imprese di persone fisiche, con l’introduzione di limiti sull’acquisto di beni strumentali e sui compensi di eventuali dipendenti, che possano andare a definire chi dovrà pagare e chi no.

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C’è poi il tema, divenuto quanto mai scottante in questi anni di crisi, del pagamento delle imposte che molti lavoratori autonomi vorrebbero avvenisse sulla base di quanto realmente incassato, e non su quanto fatturato. Di questi tempi, non è raro infatti che per molte partite Iva diventi un problema serio farsi liquidare il dovuto per i servizi resi. Il risultato è che spesso si pagano dunque tasse su redditi effettivamente ancora non percepiti. Quello a cui si vorrebbe arrivare dunque, dovrebbe essere una sorta di cosiddetto regime di cassa, che attualmente funziona per alcune categorie di lavoratori autonomi. Vedremo se questo sistema potrà essere esteso un po’ a tutte le piccole partite Iva.

Infine resta da sciogliere il nodo dei versamenti previdenziali riguardanti quei soggetti che non appartengono a nessun albo con relativa cassa di previdenza obbligatoria e che versano dunque i contributi alla gestione separata Inps. Quest’ultima prevede infatti un’aliquota al 27,72% che però sarebbe dovuta salire già di due punti negli anni scorsi per arrivare addirittura al 33,72% nel 2018, secondo quanto previsto dalla riforma Fornero. Una sperequazione colossale, se si pensa che le categorie che invece posseggono una propria cassa autonoma pagano aliquote che vanno da un minimo del 12% a un massimo del 16%.

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Negli ultimi due anni ha provveduto il Parlamento, con norme ad hoc, a bloccare gli scatti previsti, ma ora il governo potrebbe definitivamente cambiare la riforma Fornero, abolendo del tutto gli aumenti previsti per gli anni futuri, togliendo da sopra la testa di centinaia di miglia di piccole partite Iva, quella che rappresenta al momento una vera e propria spada di Damocle. Staremo a vedere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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