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(Ansa)
Economia

Opportunità e rischi commerciali per l'Italia: parla Lorenzo Zurino

Dai problemi nelle catene di approvvigionamento alla competizione con la Cina: il presidente del Forum Italiano dell'Export ha offerto a Panorama.it un quadro su Italia, Stati Uniti e Unione europea

Sono molteplici le sfide che il commercio internazionale si sta trovando ad affrontare. Per cercare di fare maggiore chiarezza su questa delicata questione, Panorama.it ha intervistato Lorenzo Zurino, presidente del Forum Italiano dell'Export.

Quali saranno gli impatti a lungo termine dell'ingolfamento dei porti di Los Angeles e Long Beach per l'economia americana e internazionale?

La strozzatura nelle catene di approvvigionamento sta impattando negativamente sul commercio internazionale. A Los Angeles e Long Beach, snodi nevralgici sul Pacifico, dove attraccano circa il 40% dei container diretti negli Stati Uniti, ci sono migliaia di contenitori che attendono di essere scaricati a causa dell'ingolfamento a terra legato alla mancanza di manodopera. Inoltre, si registrano sempre più problemi di spazio nei magazzini e si è anche verificata una carenza di autisti per i camion: un problema, dettato non solo dagli strascichi della pandemia ma anche, come lo stesso Financial Times ha sottolineato, dalle regole più stringenti in materia di test antidroga e alcool. I ritardi esasperano ulteriormente i prezzi perché più la merce resta ferma più ci sono da pagare penali. I due porti americani da novembre inizieranno ad applicare nuove tariffe sui carrier per ogni contenitore fermo in porto oltre il tempo prenotato, con l'intento di dar seguito all'ordine arrivato dalla Casa Bianca di riportare gli scali americani al più presto alla normalità. Tutto ciò (in particolare i costi iper-lievitati) ovviamente mina il nostro Made in Italy, favorendo invece prodotti che rientrano nel novero del cosiddetto "Italian Sounding.

Lorenzo Zurino

Secondo lei, quale sarà nel prossimo futuro la posizione di Joe Biden sui dazi anticinesi? Ci si avvia verso una distensione o a un inasprimento nelle relazioni commerciali con Pechino?

Mi lasci fare un preambolo, partendo proprio da ciò che sta accadendo in questi giorni. In queste ore la politica energetica cinese si sta mostrando più aggressiva del solito e la mossa di Xi Jinping, che a tutti i costi vuole aumentare l'estrazione di carbone, il più inquinante degli idrocarburi, non lascia certo presagire una distensione anche nei rapporti commerciali tra le due superpotenze. Questa mossa sembra un chiaro schiaffo alla Cop26 di Glasgow, dove gli USA hanno avuto una posizione netta per la lotta al cambiamento climatico, testimoniato ancor di più dalla presenza dell'ex Presidente Obama, di cui si parla come prossimo inviato speciale per il clima, al posto di John Kerry. La politica di Biden sin dall'inizio ha mostrato polso e determinazione nei confronti della Cina e del dumping da questa praticato, mentre ha rinsaldato l'asse tra le due sponde dell'Atlantico. Su un inasprimento dei rapporti Pechino-Washington pesano, inoltre, la posizione di Biden su Taiwan, così come l'assenza al vertice di Roma e Glasgow di Xi Jinping.

Qual è lo stato attuale delle relazioni commerciali tra Italia e Stati Uniti?

Le relazioni commerciali tra Roma e Washington si sono rafforzate in questi mesi, con la pandemia oramai in retrocessione, così come per la lungimiranza di Biden, che sta puntando, dopo la parentesi Trump, a rafforzare il dialogo con l'Europa, e di Draghi, che sapientemente ha ricollocato il nostro Paese nell'alveo dell'Atlantismo. Nel 2020, sono valsi 57 miliardi di dollari gli scambi per l'Italia con gli USA, come da elaborazione di Promos Italia su dati Istat. Tra le principali regioni per export la Lombardia con 9,4 miliardi rispetto ai 10 miliardi del 2019, in calo del 6 percento, Emilia-Romagna con 6 miliardi in calo dell'8 percento, e Veneto con 5,5 miliardi in calo di 1,2 percento. Mentre le regioni del Sud hanno fatto più fatica. Il dato del 2021 lascia sperare molto meglio, poichè in questi mesi il nostro export è cresciuto notevolmente. Per le esportazioni italiane si prevede una crescita dell'11,3%, che consentirà già nel corso del 2021 un pieno ritorno ai livelli pre-pandemia. Le vendite di beni Made in Italy raggiungeranno a livello complessivo, infatti, quota 482 miliardi di euro.

Da più parti si teme che Pechino utilizzi la leva commerciale per attuare pericolosi piani di penetrazione politica. Quali sono i principali rischi che corre il nostro Paese nelle sue relazioni commerciali con la Cina? In che modo ritiene che l'Italia dovrebbe tutelarsi?

La Cina da anni sfrutta la potenza di fuoco della propria industria manifatturiera per entrare a gamba tesa anche negli asset chiave delle nazioni. Pensiamo al Pireo, porta d'ingresso europea per quella che è la "Silk Road Belt" di Pechino. Così come non dobbiamo dimenticarci che gran parte dell'Africa, continente chiave per le commodities, è già nell'orbita politica di Pechino, che proprio in Africa, a Gibuti (una volta possedimento francese), ha un'importante base militare. Il nostro Paese per essere più forte nei confronti di Pechino dovrebbe, insieme alle 27 nazioni dell'Ue, dare vita ad una politica estera e di sicurezza veramente comune da un lato e perseguire maggiore compattezza sotto il profilo della regolamentazione, per evitare di infliggere danni alle nostre eccellenze a discapito di giganti (come la Cina) che ci guardano litigare, non aspettando altro che mettere mano sui nostri "gioielli". Spesso la politica, anche quella europea, perde troppo tempo nella dialettica investendo poco nell'azione. "Dum Romae loquitur, Saguntum expugnatur".

Quali misure ritiene che il governo Draghi dovrebbe urgentemente adottare per favorire l'export?

Sicuramente va risolta la speculazione che c'è in atto sul nolo dei container: è insostenibile fare export se dal porto di Napoli a quello di New York un container costa 8.000 dollari, mentre da Durban, in Sudafrica, alla Grande Mela è di 2.500 dollari. Inoltre, va incentivata la formazione di figure consulenziali e manageriali che sappiano con professionalità gestire tutti quelli che in un'azienda sono i processi di esportazione. Ciò può essere fatto formando prima ed assumendo poi gli export manager. Sul tema abbiamo trovato la grande sensibilità del Ministro degli Esteri Di Maio, che si è impegnato a sostenere la creazione di un vero e proprio gruppo di lavoro al riguardo, come lui stesso ha dichiarato agli Stati Generali dell'Export, organizzati ogni anno dal Forum Italiano dell'Export che ho l'onore di presiedere. Le cose da fare sono sempre tante, ma di sicuro occorre partire al più presto.

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Stefano Graziosi