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ANSA/FRANCO SILVI/DRN
Economia

Stop aperture domenicali dei negozi: ecco quanti posti di lavoro sono a rischio

Secondo le stime di Federdistribuzione, sarebbero 16mila i lavoratori che resterebbero senza occupazione

Continua a creare polemiche il cosiddetto Decreto dignità, i cui contenuti stentano decisamente a trovare quel consenso tanto auspicato dal nuovo ministro dello Sviluppo economico Luigi Di Maio. Questa volta ad essere messo in discussione è il provvedimento che prevederebbe un radicale stop al lavoro domenicale nelle attività commerciali.

Una decisione che, se davvero venisse applicata, potrebbe mettere a rischio circa 16mila posti di lavoro, secondo le stime fatte dagli operatori di settore. Non è un caso allora che a chiedere al governo un ripensamento su questa materia sia Federdistribuzione, l’associazione che riunisce una fetta rilevante delle imprese che operano nel settore commerciale.

I numeri

In una nota ufficiale, da Federdistribuzione spiegano come la liberalizzazione degli orari di apertura dei negozi risale alla fine del 2011. Questo provvedimento arrivò in un momento nel quale il Paese stava attraversando la sua peggior crisi del dopoguerra. In questo quadro ci sono stati due effetti: un maggior numero di giorni e ore lavorate.

Con 24,5 milioni di ore lavorate in più, sono stati erogati ogni anno oltre 400 milioni di maggiori stipendi, equivalenti appunto ai citati 16mila posti di lavoro in più, che ora rischierebbero di essere messi in discussione.

Inoltre, c’è un stato un evidente sostegno ai consumi, che sarebbero crollati maggiormente rispetto a quanto si è verificato. Le stime di Federdistribuzione quantificano questo supporto in un +2% per i beni non alimentari e in un +1% per quelli alimentari.

Le abitudini dei consumatori

Tra l’altro, sempre secondo Federdistribuzione, ad essere penalizzati da uno stop alle aperture domenicali non sarebbero solo i lavoratori, ma anche i consumatori. A distanza infatti di oltre 6 anni dalla liberalizzazione delle aperture sarebbero circa 19,5 milioni le persone che comprano la domenica (il 75% di chi è responsabile degli acquisti in famiglia).

Tra l’altro, per il 58% dei cittadini, ovvero circa 15 milioni, l’acquisto domenicale è diventata un’abitudine consolidata. Nella sola Grande distribuzione sono 12 milioni i consumatori che comprano ogni domenica e laddove i punti vendita rimangono aperti 7 giorni, la domenica è il secondo giorno per fatturato, rappresentando quasi il 15% del giro d’affari settimanale.

Il mercato e gli altri operatori

Tra l’altro, nell’occasione Federdistribuzione ne approfitta anche per sottolineare che non si è verificata la paventata liberalizzazione selvaggia delle aperture.

La domenica e nei giorni festivi infatti restano aperti solo i punti vendita per i quali l’imprenditore è convinto di fornire un servizio ai consumatori mantenendo un corretto equilibrio sul conto economico, senza che si sia assistito a un crollo degli esercizi commerciali.

Secondo l’Osservatorio del commercio del ministero dello Sviluppo economico tra il 2012 e il 2017 il numero dei punti vendita, pur con la crisi, è sceso solo dell’1,4%.

In realtà invece, chi potrebbe approfittare davvero di una eventuale reintroduzione della chiusura domenicale dei negozi, sarebbe il commercio online, una vetrina sempre aperta e che, secondo l’allarme di Federdistribuzione, “già gode di meno vincoli su promozioni e sottocosto”.

Per tutte queste ragioni dunque, l’associazione di settore chiede con urgenza un confronto con il governo, per trovare una soluzione nazionale nella quale siano considerati tutti gli elementi in discussione.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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