Quando Ernst Prinoth inventò il gatto delle nevi
70 anni fa il pilota e meccanico di Ortisei aprì la sua officina dove progettò il primo mezzo battipista al mondo
Il garage delle grandi idee. Ernst Prinoth e l'officina di Ortisei
Quella della Prinoth è una storia che dura da settant'anni, da quando il gardenese Ernst Prinoth aprì la sua prima officina meccanica nella sua Ortisei. Classe 1923, figlio di un noto scultore in legno della zona, era cresciuto con una passione incontenibile per i motori e la meccanica. Da ragazzo si cimentò con le (poche) motociclette allora in circolazione preparandole e pilotandole lungo le strade tortuose della sua zona. Poco più tardi passerà alle quattro ruote, decidendo di seguire la passione facendone una professione con l'apertura nel 1951 della sua prima officina meccanica di assistenza auto e moto ma soprattutto un laboratorio sperimentale sulla preparazione dei motori e dei telai, che presto lo porterà a partecipare al grande circo delle gare automobilistiche come pilota nelle varie specialità. Il palmarès di Prinoth tra la metà degli anni cinquanta e l'inizio del decennio successivo fu di tutto rispetto. Passando dalle piccole Steyr Puch 500 ( versione austriaca della piccola Fiat) alle Alfa Romeo Giulia Quadrifoglio delle gare di Gran Turismo fino all'icona della sportiva anni '60, la Ferrari 250 GTO alla guida della quale il pilota uscì miracolosamente illeso da un rovinoso incidente sul circuito di Monza il 9 giugno 1964.
Mentre Ernst collezionava successi sull'asfalto, la neve e le montagne della Val Gardena si affacciavano alla grande stagione del turismo invernale. Si sviluppavano gli impianti di risalita, la ricettività alberghiera, le infrastrutture. Ma sui pendii che si elevavano sopra il tetto dell'OMPO (Officina Meccanica Prinoth Ortisei) la situazione era complicata. Fino ad allora infatti le piste da sci venivano battute con gli sci "a scaletta" da decine di maestri, addetti agli impianti, giovani locali che guadagnavano la possibilità di usufruire degli impianti allora ancora per poche tasche. Il lavoro era lungo, faticoso e impreciso, tanto che le piste degli anni cinquanta erano un vero campo minato per le ossa degli sciatori, fatto che rischiava di rallentare lo sviluppo dello sport invernale per eccellenza alla vigilia del grande boom.
Ernst Prinoth, nelle pause tra una competizione e l'altra, si ritirava nei locali della sua officina a pensare (spesso dando fiato al suo sax) ad un mezzo innovativo per alleviare la fatica della battitura delle piste aiutando così la sua valle ad essere all'avanguardia nello sviluppo turistico. Negli anni erano stati fatti alcuni tentativi di realizzare mezzi meccanici per la battitura delle piste, ma con risultati sempre deludenti. Gli esperimenti erano stati fatti con trattori agricoli adattati in qualche modo, ma i mezzi si erano rivelati assolutamente inadeguati nello spostamento del manto e nella battitura. Il più delle volte questi trattori erano sprofondati nella neve fresca oppure non erano stati in grado di affrontare le forti pendenze, risultando totalmente inservibili.
Prinoth inventa il "gatto delle nevi"
L'idea risolutrice, che cambierà la storia della preparazione dei comprensori sciistici, venne dal genio di Prinoth. Il pilota e meccanico gardenese centrò il problema principale che bloccava lo sviluppo di mezzi adeguati: il rapporto peso/superficie/potenza in base alle condizioni del manto nevoso e alla pendenza. Nel garage di Ortisei per lunghi mesi Ernst pensò alla soluzione, con i pezzi che aveva a disposizione in officina. Il risultato sorprendente si vide nel primissimo prototipo di un mezzo appositamente concepito per la battitura delle piste in forte pendenza. Era il 1962 e dalla OMPO usciva il Prinoth P60. Ancora privo di cabina chiusa, il cingolato dalle dimensioni contenute era caratterizzato dall'essere diviso in due sezioni collegate da un giunto, ognuna delle quali ospitava un cingolo largo quanto la sezione stessa, soluzione che permetteva l'ottimizzazione della distribuzione dei pesi e della superficie. I propulsori erano piccoli motori ben noti a Ernst, vale a dire i bicilindrici che equipaggiavano le Fiat 500, opportunamente modificati con la testata del Volkswagen Maggiolino. Il traguardo pensato e ripensato per lungo tempo era finalmente raggiunto: il mezzo che si arrampicava come un "gatto" sui pendii del Ciampinoi e delle altre piste di Ortisei aveva un peso specifico di soli 15 grammi per centimetro quadrato. La rivoluzione era cominciata, con il prototipo migliorato e dotato poi di cabina chiusa e ribattezzato "P15" in onore suo rapporto peso/superficie. I motori erano due, come le parti del cingolato, alloggiati rispettivamente nelle due sezioni del mezzo. Dal prototipo alla produzione di serie non passò molto tempo, perché Ernst riuscì a mostrare la sua invenzione ai mondiali di sci di Seefeld nel 1965, dove più di 100 "battitori umani" erano stati convocati ma rimasero fermi ad ammirare il piccolo cingolato inerpicarsi agile su pendenze superiori al 50%. La dimostrazione valse una eco che non si limitò alle piste delle Dolomiti. Gli ordini piovvero da tutte le località sciistiche italiane e estere. La piccola officina non bastava più. Nel 1968, poco fuori Ortisei, veniva inaugurato il primo stabilimento dove il P15 fu prodotto in serie e dove il cervello geniale di Prinoth non smise di pensare allo sviluppo di quella macchina che aveva reso le piste più fruibili e sicure senza fatica. Tra le idee realizzate in quegli anni vi fu l'accessorio più importante e oggi imprescindibile per i mezzi battipista, la vibrofresa, che collegata alla parte posteriore del gatto rende possibile la battitura omogenea della superficie eliminando i grossi grumi di neve compressa prodotti dai cingoli. La storia delle Officine Prinoth di Ortisei si avviava così verso la conquista di una posizione da leader mondiale, con l'apertura successiva di filiali e poi sedi produttive all'estero e con lo sviluppo di battipista sempre più sofisticati e pensati per usi differenziati, dal trasporto persone a mezzo rimorchio, ai gatti in per il soccorso piste attrezzati come ambulanze, ai mezzi in dotazione alle Forze dell'Ordine in servizio nei comprensori sciistici.
Ernst Prinoth muore prematuramente il 26 novembre 1981 e la guida dell'azienda passerà inizialmente nelle mani della moglie del fondatore, per poi transitare per una breve join venture con la concorrente svedese Hägglund & Söner e infine alla ditta Rampini di Perugia.
All'inizio del millennio la Prinoth si fonderà con un'altra azienda leader altoatesina costruttrice di impianti a fune, la Leitner di Michael Seeber (che a sua volta aveva prodotto una gamma di mezzi battipista). Dal merging partirà il progetto di uno dei gatti delle nevi più diffusi e apprezzati nel terzo millennio, il Leitwolf, il più sofisticato in assoluto in una sintesi di tecnologia, design potenza e sicurezza imbattute al quale seguiranno altri mezzi pensati per le diverse esigenze del cliente come Husky e BisonX.
Recentemente la Prinoth ha allargato il proprio portfolio anche a mezzi cingolati per usi differenti dalla preparazione delle piste come i mezzi speciali per usi forestali, minerari o per cantieri, e per la manutenzione delle spiagge, gamma che include anche un piccolo mezzo, l'SW50, pensato per l'uso urbano nella gestione dello sgombero neve anche dai marciapiedi.
Rimarrà emblematica la risposta del fondatore Ernst Prinoth, quando gli fu chiesto se avesse intenzione di emulare il re dell'automobilismo mondiale, il "Drake" Enzo Ferrari: non ebbe esitazione a replicare che "esiste una sola Ferrari e voglio che ci sia anche una sola Prinoth. Creerò qualcosa che sarà utile a molti, qualcosa non ancora esistente che diventerà necessaria giorno dopo giorno". La storia gli darà ragione, imbeccata dal suo genio. E i primi Prinoth, proprio come i bolidi del cavallino rampante, erano rossi.