Lemonsoda
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Economia

Industria alimentare, tutti i marchi in mano straniera

Secondo Coldiretti, dopo le ultime acquisizioni di Lemonsoda e Acetum spa, tre marchi su quattro del Made in Italy sono controllati dall’estero

Coldiretti lancia l'allarme: ormai tre marchi storici del Made in Italy alimentare su quattro sono già in mani straniere e dall'inizio della crisi economica c'è stata una perdita di brand per un valore pari a circa 10 miliardi di euro.

L'ultima acquisizione in ordine di tempo è quella che qualche giorno fa ha portato Lemonsoda, Oransoda, Pelmosoda e Mojito Soda dal Gruppo Campari sotto il controllo della danese Royal Unibrew.

Un'operazione che tra l'altro segue di poco quest'anno un'altra acquisizione significativa: quella operata da parte di Associated British Foods (Abf) che ha rilevato Acetum spa, principale produttore italiano dell'Aceto Balsamico di Modena Igp.

Italia, territorio di eccellenze

Le ragioni di queste vere e proprie scorribande di gruppi esteri all'interno della nostra industria alimentare, sono da ricercarsi principalmente nell'effettiva qualità e particolarità delle nostre produzioni.

Dal latte ai formaggi, dalle mozzarelle ai prosciutti passando per olio e vino, solo per citare qualcuna delle nostre eccellenze, gli agricoltori italiani hanno saputo garantire produzioni di straordinaria qualità, con caratteri distintivi unici e una varietà e un'articolazione che non ha uguali al mondo. Un biglietto da visita che spinge dunque molte multinazionali a fare shopping nel nostro Paese.

Difese basse e Made in Italy sotto attacco

Il problema però è che sempre più spesso le nostre aziende non sono nelle condizioni di resistere a queste offerte straniere. In parte ciò si spiega con le dimensioni delle nostre imprese, un problema questo condiviso con larga parte dell'industria nostrana, incapace di darsi una levatura economica e produttiva tale da poter competere in maniera adeguata a livello internazionale.

In secondo luogo, un ulteriore elemento di debolezza ci viene purtroppo da politiche di carattere europeo che non riescono a difendere in maniera adeguata il Made in Italy, che dovrebbe rappresentare il vero valore aggiunto per le nostre produzioni alimentari locali. Un fronte questo, aperto ormai da anni e che vede Coldiretti in prima linea nel chiedere norme che tutelino sempre meglio la qualità e l'unicità dei nostri prodotti agricoli.

E intanto però?

In attesa però che leggi comunitarie offrano maggiori garanzie ai nostri prodotti alimentari permettendo alle nostre imprese di stare in maniera ancora più competitiva sul mercato, le acquisizioni di imprese estere fioccano. Ed è un vero cahiers de doleance quello snocciolato dalla Coldiretti, che ha messo in fila un elenco davvero lungo di aziende espressione del migliore Made in Italy alimentare che in questi anni sono state acquisite da gruppi stranieri.

Solo per restare agli ultimissimi anni si cita il caso ad esempio di Bertolli, Carapelli e Sasso che nel 2014 sono entrate a far parte del fondo statunitense CVC Capital Partners, e della Pernigotti passata nel 2013 al gruppo turco Toksoz.

Oppure il marchio Star che nel 2012 passa definitivamente in mano spagnola con il gruppo Agrolimen e la società Gancia, casa storica per la produzione di spumante, che nel 2011 è divenuta di proprietà per il 70 per cento dell'oligarca Rustam Tariko.

E ancora nello stesso anno, la francese Lactalis ha portato la Parmalat a finire sotto controllo transalpino, mentre il 49 per cento di Eridania Italia Spa operante nello zucchero è stato acquisito dalla francese Cristalalco Sas e la Fiorucci salumi è passata alla spagnola Campofrio Food Group.

Un elenco che potrebbe continuare ancora a lungo e che invece la Coldiretti spera che per il futuro possa interrompersi, anche perché spesso queste acquisizioni mettono a rischio tanti posti di lavoro. Staremo a vedere.

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Giuseppe Cordasco

Sono nato e cresciuto ad Aarau nel cuore della Svizzera tedesca, ma sono di fiere origini irpine. Amo quindi il Rösti e il Taurasi, ma anche l’Apfelwähe e il Fiano. Da anni vivo e lavoro a Roma, dove, prima di scrivere per Panorama.it, da giornalista economico ho collaborato con Economy, Affari e Finanza di Repubblica e Il Riformista.

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