I problemi economici della Russia
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Economia

I problemi economici della Russia

Perché inflazione, crollo degli investimenti, dicoccupazione e debito pubblico potrebbero far crollare Putin

Recessione in Russia

Simon Harrison / Alamy

La Russia è in recessione, e si tratta della seconda in meno di sei anni. E per quanto il Presidente Vladimir Putin continui a sembrare più interessato alle questioni militari e di politica estera che all'economia -l'ultima riguarda la cancellazione del divieto di vendere all'Iran i missili antiaerei S-300, sarebbe forse il caso che iniziasse a prendere in considerazione i problemi reali del suo paese, prima che finiscano col farlo scoppiare. 

Le crisi del passato

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Come è stato recentemente ricordato da uno studio pubblicato da Stratfor, una delle principali agenzie americane specializzate nell'analisi geopolitica, sia nel 1905 che nel 1998, quando la Russia si è ritrovata ad affronta due pericolosissime crisi economiche, il paese si è ribellato. Motivo in più per convincere il Presidente-Zar a occuparsi anche dell'impatto sociale delle sue scelte.

Fuga di capitali

Anna Alferova / Alamy

L'economia russa è in difficoltà. Ha accumulato problemi per anni, prima di ritrovarsi in recessione. La caduta del prezzo del petrolio, le sanzioni dell'Occidente e il crollo degli investimenti che ha seguito lo scoppio della crisi ucraina sono state le gocce che hanno fatto traboccare il vaso. Nel 2014 Mosca ha perso 160 miliardi di dollari di capitali, e altri 80 si sono volatilizzati nei primi mesi del 2015. Nel frattempo, il rublo ha perso il 40 per cento del suo valore, e il deficit del bilancio federale è arrivato a 45 miliardi di dollari. 

Inflazione

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Per la popolazione, però, il problema che va affrontato con più urgenza è quello dell'inflazione. Del resto, a marzo 2015 è passata dal 7 al 17 per cento, e non è detto che un aumento altrettanto catastrofico non finisca col contraddistinguere anche il mese di aprile.

L'impennata del costo della vita non è solo una conseguenza della recessione, ma anche della scelta di Putin di bloccare le importazioni di una serie di generi alimentari da Europa a Stati Uniti come contromisura nei confronti delle sanzioni da loro adottate ai danni di Mosca. I cavoli costano oggi il 66 per cento in più, le cipolle il 40, le patate il 36, le carote il 32, la carne di manzo il 10. Molti supermercati hanno ora deciso di lavorare in perdita pur di garantire una serie di alimenti base (carne, pesce, latte, zucchero, sale, cavoli, patate e mele) a prezzi bloccati.

Assistenza sanitaria e occupazione

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Per carenza di fondi molte strutture mediche sono state chiuse, nella capitale si parla di un taglio del 25 per cento, e nella provincia la situazione è addirittura peggiore.

In base ai dati diffuse dal Ministero del Lavoro, nel 2014 sono stati tagliati 154.800 posti di lavoro. Altri 127mila si sono volatilizzati nei primi mesi del 2015. Molti insegnanti, invece, lamentano di non aver ricevuto gli stipendi per tre mesi e più. E i 300 milioni di dollari in sussidi allocati dal governo federale per mantenere almeno l'attuale livello di occupazione difficilmente riusciranno a ottenere il risultato sperato. 

La crisi nelle regioni

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63 degli 83 governi regionali della Russia sono a rischio fallimento. Da 2008 a oggi molti di loro hanno registrato un raddoppio del debito pubblico. La Russia ha un debito di circa 300 miliardi di dollari, che corrisponde al 14 per cento del Pil. Per un paese così grande potrebbe anche essere considerato "gestibile", ma secondo gli analisti di Stratfor il fatto che sia concentrato nelle regioni rende il suo risanamento molto più lento e complicato. Tuttavia, è bene ricordarlo, i governi regionali trattengono solo il 37 per cento delle risorse raccolte attraverso il gettito fiscale. Il resto viene trasferito a Mosca, e solo una quota di poco inferiore al 20 per cento torna indietro sotto forma di sussidi. 

Tra crisi e dittatura

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E' molto probabile che Putin finisca con l'approvare una serie di cambi di leadership nelle regioni più problematiche per evitare di scontrarsi con leader periferici che potrebbero decidere di schierarsi contro di lui. Uno scenario ormai non più così inverosimile visto che nel 1998 un sondaggio realizzato dal centro di ricerche sovietico Levada aveva verificato che per il 71 per cento della popolazione considerava il mantenimento della stabilità del paese prioritario rispetto a una sua eventuale apertura democratica. Mentre lo scorso marzo la stessa agenzia ha scoperto che le misure straordinarie adottate negli anni di Josef Stalin vengono oggi considerate "esagerate" e "ingiustificate" dal 45 per cento della popolazione. Nel 2013 solo il 25 per cento dei russi la pensava in questo modo. 

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Claudia Astarita

Amo l'Asia in (quasi) tutte le sue sfaccettature, ecco perché cerco di trascorrerci più tempo possibile. Dopo aver lavorato per anni come ricercatrice a New Delhi e Hong Kong, per qualche anno osserverò l'Oriente dalla quella che è considerata essere la città più vivibile del mondo: Melbourne. Insegno Culture and Business Practice in Asia ad RMIT University,  Asia and the World a The University of Melbourne e mi occupo di India per il Centro Militare di Studi Strategici di Roma. Su Twitter mi trovate a @castaritaHK, via email a astarita@graduate.hku.hk

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