grafite miniera
(Ansa)
Economia

È la grafite il prossimo litio

Il dominio cinese, i problemi ambientali. Quanto successo per il litio si sta ripetendo ora sulla grafite

La grafite è la materia prima dimenticata della transizione verso l'energia verde. Dimenticata dall’Occidente, perché la Cina ne conosce perfettamente l’importanza visto che ne controlla praticamente l’intera produzione globale. Il Dragone è il primo produttore ed esportatore di grafite al mondo: raffina il 93% della grafite mondiale che viene utilizzata praticamente in tutti gli anodi (la parte caricata negativamente di una batteria) delle batterie dei veicoli elettrici: qualunque sia la batteria, CATL, LG o Panasonic, la grafite proviene sempre e solo dalla Cina.

L’attenzione sulle materie prime necessarie alla costruzione di batterie agli ioni di litio si è concentrata in gran parte sulla produzione di celle, di catodi e sulla catena di approvvigionamento delle materie prime catodiche, come cobalto, nichel e litio ignorando un semplice fatto: la grafite tra i minerali per le batterie è quello più utilizzato, quasi quattro volte il litio e nove volte il cobalto.

Così mentre la posizione di leadership del Dragone nel midstream dell'anodo cresceva esponenzialmente in Europa circolavano improbabili analisi circa l’indipendenza dalla Cina della supply chain europea delle auto elettriche dove nemmeno comparivano le problematiche di approvvigionamento dei materiali anodici per far tornare gli (ipotetici) calcoli (Il miracolo della «moltiplicazione» delle batterie per l'auto elettrica - Panorama).

La notizia che Pechino, dal primo dicembre, richiederà alle aziende cinesi di ottenere i permessi per l’esportazione di grafite sta creando interrogativi e reazioni a livello globale nel settore dell’automotive. La decisione del ministero del Commercio e l'Amministrazione generale delle dogane si inquadra nella guerra intrapresa tra Occidente e Cina su alcuni settori a strategici a partire dai semiconduttori (La guerra delle materie prime - Panorama) fino alle auto elettriche.

Mentre la Commissione UE vuole indagare sulle possibili distorsioni al mercato dei veicoli elettrici dell'Unione europea create dai sussidi statali cinesi al settore e negli USA l’Uyghur Forced Labor Prevention Act (UFLPA) potrebbe presto colpire anche il settore delle batterie agli ioni di litio (Sull'auto elettrica la scure della legge Usa contro il lavoro forzato - Panorama), Pechino sta dicendo all'Occidente di non contare sulle loro materie prime per produrre le nostre auto elettriche. E nel contempo di fare i conti con le nostre contraddizioni.

Il mercato globale degli anodi vede, per il 70%, l’utilizzo di grafite sintetica: la ragione di questo limitato utilizzo di grafite naturale va ricercato nella riduzione, in Cina, dell'estrazione della grafite a causa dei problemi ambientali. Nel 2016 venne portato alla ribalta il disastro ambientale provocato in due provincie della Cina, Shandong e Heilongjiang: gli abitanti delle zone limitrofe agli impianti estrattivi parlavano di “aria che luccica di notte”, di raccolti compromessi, di edifici ed oggetti ricoperti ovunque di fuliggine, di acqua una volta potabile divenuta inquinata

Situata nel nordest della Cina, al confine con la Russia, la provincia di Heilongjiang è così precipitata in una situazione di profondo degrado ambientale, con gravi conseguenze anche per la salute della popolazione. Problemi respiratori derivanti soprattutto dal particolato, ma anche cardiovascolari. Problemi che non erano solo nell’aria: la produzione di grafite scaricava residui inquinanti nelle acque locali che compromettevano anche le falde, rendendo le acque stesse inutilizzabili per il consumo umano, avvelenando piante e animali e impedendo il congelamento invernale del fiume locale.

La continua pressione delle autorità nei controlli sull’inquinamento industriale ha avuto un effetto diffuso sull’industria della grafite, limitando l’offerta e portando a un aumento dei prezzi, a livello globale. Il governo cinese intensificò il suo programma di ispezioni ambientali e chiusura di impianti che non soddisfacessero gli standard in tutti i settori industriali in vista del 2021, l’anno che ha segnato il centenario dalla fondazione del Partito comunista cinese (1921-2021).

Perché il dominio cinese nell’industria della grafite, come nel caso delle terre rare, è figlio del “dumping ambientale”. Negli anni ’90 la Cina ha immesso sul mercato mondiale grafite a prezzi estremamente bassi, causando un calo significativo dei prezzi. Ciò fu possibile anche in virtù degli scarsi controlli ambientali, che permettevano di ignorare il pesante inquinamento industriale generato dalla sua produzione, risparmiando così sui costi che sarebbero stati necessari a limitarlo.

Questa sorta di vantaggio competitivo ha essenzialmente posto fuori mercato le industrie concorrenti dell’occidente. Occidente che tuttavia ha visto con favore l’affermarsi del Dragone come produttore di materiali fondamentali per le nuove tecnologie, divenuti disponibili sul mercato a prezzi convenienti proprio grazie al contenimento dei costi di estrazione e raffinazione, i cui effetti collaterali, in termini di inquinamento ambientale, sarebbero stati pesantemente condizionanti e mal tollerati nei paesi occidentali, proprio grazie alle crescenti tutele e sensibilità ecologiche consolidatesi nei paesi retti da governi più democratici.

Perché non mancano potenziali giacimenti in altri paesi, ma i bassi costi di produzione della grafite cinese, oltre alla sua purezza, scoraggiavano le aziende dall’aprire nuove miniere. Le aziende cinesi beneficiavano inoltre di costi di manodopera molto contenuti, che hanno consentito il ricorso a tecniche estrattive a basso investimento: in luogo di sistemi meccanizzati e di attrezzature pesanti, i minatori usavano pale e picconi per recuperare la materia prima dalla terra. A tutto beneficio di produttori ed acquirenti.

Oggi le restrizioni poste in atto da Pechino obbligheranno le aziende sudcoreane e giapponesi, che dipendono fortemente dalla Cina per le importazioni di grafite, a guardare con più attenzione verso il mercato africano per i loro approvvigionamenti. Questo provocherà la risalita dei prezzi di mercato, quest’anno in ribasso con miniere, come quella dell'australiana Syrah Resources in Mozambico, che in giugno che ha temporaneamente interrotto la produzione della sua miniera.

Gli esiti delle scelte di Pechino sono ancora difficili da calcolare ma è intuibile che se da un lato i prezzi a livello internazionale sono destinati a crescere potrebbero restare ai livelli attuali, o addirittura scendere, in Cina offrendo un ulteriore vantaggio competitivo all’industria cinese delle auto elettriche ed a quei produttori che volessero spostare nell’Impero di Mezzo le loro linee produttive.

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Giovanni Brussato