Fiat Panda: i suoi primi quarant'anni
A metà di marzo del 1980 veniva commercializzata la Fiat Panda, la rivoluzionaria utilitaria della casa torinese ancora oggi in produzione. La piccola del Lingotto diventerà una pietra miliare nella storia dell'automobilismo italiano ed estero. La prima serie, prodotta per ventitré anni fino al 2003, raggiunse la cifra record di oltre 4,5 milioni di unità.
Esordio difficile per una piccola di successo (1976-1980)
La Panda fu un modello che rappresentò il passaggio della casa torinese ad una nuova era almeno per quanto riguardava il settore delle super utilitarie, un'inedito trait d'union con vetture allora considerate di fascia superiore come la 127 o l'ultima nata in casa Fiat, la Ritmo.
Fino al 1980, infatti, le strade italiane erano state percorse da utilitarie concepite negli anni cinquanta. L'esempio più lampante era rappresentato dalla presenza nei listini del Lingotto della 126, diretta filiazione di quella minuscola 500 che contribuì in maniera determinante alla motorizzazione di massa degli Italiani. La minicar torinese, in vendita dal 1972, condivideva la quasi totalità della meccanica con la sua antenata lanciata nel 1957: motore bicilindrico posteriore (come la trazione) e raffreddamento ad aria. Le dimensioni erano ridottissime sia negli ingombri esterni che nello spazio a disposizione dei passeggeri e dei loro bagagli. Anche gli aspetti legati alla sicurezza, nella prospettiva delle nuove normative in materia a livello europeo indicavano che la vita delle utilitarie Fiat di prima generazione si stava avvicinando necessariamente alla fine.
Non fu facile arrivare dal primo schizzo della Panda alla sua produzione. Gli anni settanta avevano rappresentato un periodo particolarmente difficile per il settore dell'auto, a causa della crisi petrolifera che a partire dal 1973 aveva falcidiato il mercato mondiale ed eroso le finanze dei grandi costruttori, costringendoli a ripensare in modo sostanziale le proprie strategie. La conseguenza diretta della crisi fu che le risorse messe a disposizione per l'oneroso processo di progettazione e produzione di modelli concettualmente nuovi furono drasticamente ridotte. Alla crisi del settore si erano aggiunti gli effetti negativi di una lunga stagione di agitazioni nelle fabbriche italiane, che aveva rallentato significativamente la produzione con ingenti danni economici per le case automobilistiche già in sofferenza.
Per quanto riguardava la casa torinese, dalla seconda metà degli anni settanta i vertici aziendali erano ulteriormente preoccupati per la crescente penetrazione nel mercato italiano delle marche estere, che ormai si avvicinavano alla soglia del 40% con modelli più avanzati di quelli della Fiat che in Italia rappresentava l'unica realtà nel settore in grado di competere con le grandi case mondiali dalla Francia al Giappone alla Germania.
Fu soltanto alla metà del 1975, sotto la brevissima gestione di Carlo de Benedetti, che l'idea della Panda vide la luce. Le sue forme iniziarono a delinearsi dalla prestigiosa matita di Giorgetto Giugiaro, patron della Italdesign alla quale la casa del Lingotto aveva affidato il compito di disegnare l'utilitaria del futuro. Era la prima volta che Fiat affidava ad uno studio esterno lo studio di un modello destinato alla grande produzione di serie. Mentre le strade d'Italia brulicavano ancora di vecchie e scoppiettanti 500, si andavano definendo le forme rivoluzionarie della nuova piccola italiana. Fin dai primi disegni di Giugiaro si potevano intuire le caratteristiche generali e anticipare il risultato finale. La Panda era una due volumi tre porte (dotata quindi di portellone posteriore) dalla linea spigolosa e squadrata che caratterizzava le auto della seconda metà del decennio.
Per quanto riguardava i propulsori che avrebbero dovuto essere montati sotto il cofano delle Panda, Fiat scelse due motori ben collaudati, semplici e robusti. Si trattava del bicilindrico di 652cc. montato sulle 126, opportunamente rivisto per poter essere montato anteriormente e portato da 24 a 30 Cv di potenza. A fianco del due cilindri che avrebbe equipaggiato il modello base della Panda, fu impiegato il rodato 4 cilindri da 903cc. della Fiat 127, della Autobianchi A112 e delle derivate commerciali come il piccolo furgone 900T. Le due versioni, denominate Panda 30 e 45 dalla potenza dei rispettivi motori che la spingevano, erano pressoché identiche da un punto di vista estetico. A parte i propulsori già ben conosciuti, quello che davvero colpiva erano le dimensioni generose della vettura. Lunga 3,38 metri (25 centimetri in più della 126) era alta ben 1,44 metri. Anche la luce da terra era un aspetto inedito per una utilitaria della sua classe, comparabile soltanto alla ormai attempata Renault 4 d'oltralpe. Anche gli interni erano innovativi, frutto della grande creatività di Giugiaro. Il cruscotto era infatti una grande tasca portaoggetti ricoperta in tessuto sfoderabile e lavabile che si sviluppava per tutta la larghezza dell'abitacolo, alla quale era ancorato un posacenere scorrevole ed asportabile a piacere. Anche la panca posteriore nascondeva una novità: oltre che reclinabile in maniera tradizionale era anche richiudibile a libro, permettendo una configurazione a "culla", molto utile per proteggere e bloccare carichi instabili durante la marcia. I sedili erano a struttura tubolare ricoperti di tela imbottita. I poggiatesta (così come le cinture di sicurezza) erano di serie solo sulla 45 mentre sul modello base, la 30, erano solo ottenibili su richiesta. Questa scelta, non al passo con i tempi, fu l'unico oggetto di disappunto da parte della stampa di settore che per il resto fu più che soddisfatta delle prime prove su strada.
Dai primi esemplari di pre-serie alla produzione di massa, la strada della nuova utilitaria degli anni '80 fu rallentata da non pochi ostacoli. Due erano gli stabilimenti scelti da Fiat per la linea di montaggio: la fabbrica siciliana di Termini Imerese e quella brianzola della Autobianchi di Desio. Alla fine del 1979 entrambe le fabbriche furono paralizzate da lunghi e violenti scioperi che rappresentarono la coda del continuo conflitto nelle grandi aziende metalmeccaniche che infiammò gli anni settanta. L'11 novembre 1979 lo stabilimento di Desio, da settimane in agitazione per la vertenza sindacale in corso alla Fiat, fu oggetto di un vero e proprio attentato terroristico. Nel piazzale dove si trovavano centinaia di vetture bloccate ai cancelli dai picchetti degli operai, furono gettate bombe incendiarie che bruciarono nella notte una ventina di veicoli. La lunga fase di conflitto ai cancelli di molti stabilimenti Fiat fece anche esaurire le scorte dei motori destinati alle Panda, che dovettero attendere diversi mesi prima di poter raggiungere i concessionari italiani ed esteri. Non mancò neppure una singolare minaccia di ricorso da parte del Wwf nel dicembre del 1979 per l'utilizzo giudicato improprio del nome di un animale riconducibile al simbolo mondiale dell'organizzazione ambientalista.
Finalmente arriva la Panda (marzo 1980)
La consegna dei primi lotti fu effettuata solamente alla metà del mese di marzo del 1980 (dopo che la piccola italiana fece mostra di sé al Salone di Ginevra all'inizio del mese) al prezzo di listino di 30 milioni e 970mila lire per la 30 e 4 milioni e 700mila lire per la top di gamma 45, dotata anche di luce di retromarcia e predisposizione autoradio.
Il successo per la nuova utilitaria degli anni '80 fu subito clamoroso. Era la seconda macchina ideale, con spazio sufficiente per svariati utilizzi. Apprezzata da giovani, famiglie e anche dai professionisti, la Panda raggiunse il milione di esemplari prodotti già nel 1984, raddoppiando le vendite quattro anni più tardi. Nel 1982 il primo leggero restyling con il nuovo frontale in plastica caratterizzato dal logo Fiat a cinque righe oblique e da una nuova strumentazione. A fianco dei due modelli d'esordio furono commercializzate anche le versioni Super con interni più ricchi e curati. L'anno successivo, il 1983, vide il debutto di un modello rivoluzionario e unico nel segmento delle utilitarie. Si trattava della Panda a trazione integrale, la 4X4. Costruita a Termini Imerese montava un motore aumentato a 965cc, con trazione integrale inseribile fornita da una consociata Fiat, l'austriaca Steyr-Puch. La piccola fuoristrada, leggera e agile (ancora in listino nelle ultime serie della Panda) diventò presto un mezzo di culto e di pubblica utilità, venendo largamente usata dalle forze dell'ordine e da enti e associazioni di pubblica assistenza. Giunta al traguardo dei due milioni di esemplari nel 1988, la Panda fu un successo anche all'estero. In Spagna fu commercializzata con il marchio Seat (la Fiat iberica) e sul mercato francese fu lanciata la Panda "34", versione potenziata della entry level italiana.
Dalla seconda metà degli anni ottanta cambiarono i propulsori. Il glorioso 4 cilindri da 903cc lasciò spazio al nuovo 999cc "Fire", mentre andò in pensione il vecchio bicilindrico sviluppato da quello della 500 che fu sostituito da un 4 cilindri da 769cc. Le versioni Super della nuova 45 guadagnarono la quinta marcia di serie. Numerose le versioni speciali del periodo, dalla bicolore "College" alla 4X4 "Sisley" fino alla "Italia 90" che celebrò i Mondiali di calcio.
Aggiornata nei motori e negli allestimenti, dotata di motori ad iniezione e catalizzatore negli anni '90 e addirittura di un cambioautomatico a variazione continua per la "Selecta" la Panda rimarrà sostanzialmente invariata fino alla fine del 2003 quando l'ultimo esemplare di oltre 4 milioni e mezzo di unità prodotte uscì dalla linea di Mirafiori.
Ma il mito dell'utilitaria degli italiani prosegue tuttora passando dalla seconda (2003) alla terza serie (2011-2016) fino all'attuale attraverso una gamma estremamente variegata di versioni diesel e benzina, a metano e da oggi anche ibrida. La Panda segnò un primato anticipando i tempi sul tema dell'ecologia e della riduzione delle emissioni. Prima in assoluto nei listini, Fiat presentò la "Elettra" all'inizio del 1990, la prima full-electric prodotta in serie con la carrozzeria della piccola torinese. Anche in questo caso fu una Panda ad indicare la strada per il futuro.