Cina: obiettivo Pil 2024 centrato (+5%), ma la crescita è ai minimi storici da decenni
(Ansa)
Economia

Cina: obiettivo Pil 2024 centrato (+5%), ma la crescita è ai minimi storici da decenni

Pechino celebra i numeri ufficiali, ma l'economia reale mostra fragilità: consumi stagnanti e calo demografico. Da Davos, previsioni nere per il 2025 tra rallentamento globale e un'Europa sempre più in crisi.

La Cina festeggia, ufficialmente, lo stato della sua economia (obiettivo Pil 2024 raggiunto con +5%), alla vigilia dell’insediamento di Trump (e dei dazi) alla Casa Bianca. Ma la realtà del Dragone è quella di un Paese in deflazione, con crescita ad uno dei livelli più bassi degli ultimi decenni, crisi demografica che non si ferma, consumi stagnanti e numeri di espansione drogati dall’export. E mentre Pechino diffonde la fotografia 2024, da Davos, dove lunedì si apre il World Economic Forum, arrivano previsioni cupe sull’economia mondiale nel 2025, con una Cina in forte rallentamento e un’Europa in crisi più evidente.

Il Dragone ha superato nel quarto trimestre del 2024 le aspettative, segnando una crescita del Pil del 5,4%, ma ha chiuso l’anno con una performance economica tra le più deboli da decenni (al netto del periodo Covid). Il 5% raggiunto è in linea con il target ufficiale fissato da Pechino, ma segna un rallentamento rispetto al 5,2% del 2023 ed evidenzia la crisi del Paese. E quel segno positivo, sostenuto in larga parte da esportazioni record e misure di stimolo interne, è un’illusione di solidità in un contesto economico segnato da debolezze croniche e prospettive cupe.

A spingere il 2024 è stato sicuramente il dato “drogato”: il commercio estero cinese che ha raggiunto livelli record, con un incremento del 10,7% a dicembre e un totale annuo circa 3.470 miliardi di dollari, segnando un aumento del 7,1% rispetto al 2023. Ma l’export made in China, pur essendo il pilastro dell’economia cinese, è fortemente dipendente da una domanda globale in rallentamento ed è sempre più in bilico con l’avvicinarsi (ormai ci siamo) dell’aumento dei dazi americani del neopresidente americano. La colonna portante dell’economia cinese, dunque, è stata una stampella forte nel 2024, ma scricchiola per il 2025.

E poi c’è la pressione demografica, uno degli ostacoli più forti, da anni. La popolazione è diminuita per il terzo anno consecutivo, scendendo di 1,39 milioni. E si aggiunge l'invecchiamento della e la bassa natalità che sono una minaccia per la forza lavoro e la capacità di consumo a lungo termine, amplificando le difficoltà di un sistema economico che fatica a diversificarsi. È vero che il 2024 ha registrato un aumento delle nascite (520.000 in più sul 2023), ma i numeri non bastano a invertire la rotta che porta gli analisti, anche interni, a prevedere un drastico calo della popolazione attiva cinese nei prossimi decenni.

A questo si aggiungono la crisi immobiliare e la stagnazione dei consumi interni, con un tasso di disoccupazione salito al 5,1% a dicembre. I progressi della produzione industriale (+6,2%) e delle vendite al dettaglio (+3,7%) non sono sufficienti a generare quello slancio autonomo di cui Pechino ha bisogno. Non bastano le esportazioni.

Intanto da Davos, dove la prossima settimana si apre il World Economic Forum, le previsioni per il 2025 non sono rosee, per la Cina, ma non solo. L'economia mondiale è destinata a rallentare ulteriormente nel 2025, con l'Europa particolarmente esposta. Il 74% degli economisti interpellati prevede una crescita “debole” o “molto debole” per il Vecchio Continente e un ulteriore passo indietro della Cina, con una riduzione al 4,4%. Le previsioni salvano, in parte gli Stati Uniti. Qui Davos parla di uno slancio temporaneo, ma problemi strutturali come l’aumento del debito pubblico e un’inflazione più elevata, come effetto delle politiche commerciali protezionistiche.

Il rapporto di Davos sottolinea il rischio della frammentazione. Il 94% degli esperti prevede un ulteriore disallineamento nel commercio di beni e un isolazionismo degli Stati Uniti, una debolezza dell’Europa e un inasprimento delle tensioni geopolitiche che mineranno quella globalizzazione grazie a cui la Cina ha prosperato negli ultimi anni. Le previsioni sono di un aumento dei volumi, ma di una crescente regionalizzazione e aumento delle tensioni commerciali, accelerate da protezionismo, conflitti e sanzioni. Questo rischia di emarginare l’Europa rispetto a Stati Uniti e Cina.

Pechino in tutto questo ha un ruolo cruciale. La sfida, per scongiurare quella crescita inferiore al 4% paventata dagli esperti è rilanciare la domanda interna, riformare il mercato del lavoro e affrontare il problema demografico. Non sarà facile. E se il Dragone non riuscirà a trovare una via di uscita sostenibile, l’impatto rischia di arrivare anche sul resto del mondo.

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Cristina Colli