Air Italy: perché le compagnie aeree italiane falliscono
Ansa/Matteo Bazzi
Economia

Air Italy: perché le compagnie aeree italiane falliscono

La fine di Air Italy segue quella di altre compagnie, ed il buco perenne di Alitalia. eppure il settore è in salute e all'estero, soprattutto fuori Europa, le compagnia volano anche nei conti

Piani industriali sballati, costruiti sulla convinzione che il mercato italiano fosse sufficientemente grande da sostenere una compagnia aerea. La concorrenza «sleale» di Alitalia che gode di sostegni pubblici. Costi del sistema Italia tendenzialmente elevati. E la competizione di compagnie low cost che hanno spese più basse e, nel caso di Ryanair, pagano anche meno tasse. È formato soprattutto da questi ingredienti il cocktail micidiale che ha messo al tappeto tante compagnie italiane, compresa l'ultima Air Italy.

Ogni storia è diversa. Nel caso di Air Italy ha pesato anche il fatto che il socio del Qatar non poteva avere il controllo della società, non essendo europeo. E forse si dovrebbe iniziare a rivedere le norme internazionali che impongono limiti alla proprietà delle linee aeree in base alla nazionalità dell'azionista.

Ma la crisi infinita di Alitalia e la serie di fallimenti registrati in Italia, da Airone a Eurofly, da Windjet e Volareweb, sono difficili da accettare se si guarda alla situazione internazionale dove, come ricorda il sito Aviation industry, «non esiste nazione che sia pur attraverso fallimenti, chiusure e rinascite oggi non abbia la sua compagnia aerea che vola in utile». Proprio in questi giorni la greca Aegean ha annunciato che investirà oltre 500 milioni all'anno per l'espansione della flotta che conterà a luglio 65 aerei in servizio. Si tratta di una compagnia privata in utile e che nel 2019 ha trasportato 15 milioni di passeggeri (più 7%).

Del resto gli ultimi dati della Iata, l'Associazione Internazionale del Trasporto Aereo, mostrano che nel 2019 la crescita del traffico passeggeri a livello mondiale è rallentata ma è comunque cresciuta del 4,2% rispetto al 2018. Il fattore di carico è salito di 0,7 punti percentuali all'82,6%, un valore record.

Secondo le previsioni della Iata, presentate prima del coronavirus e quindi soggette a essere ridimensionate, nel 2020 il settore aereo globale dovrebbe produrre un utile netto di 29,3 miliardi di dollari, in miglioramento rispetto all'utile netto di 25,9 miliardi di dollari del 2019.

Un settore dunque in salute.

In un recente rapporto della società di consulenza Kpmg si ricorda che «Nell'ultimo decennio, con il miglioramento dell'economia globale, le compagnie aeree sono cresciute in termini di redditività, sono maturate in termini di migliore gestione delle capacità e controllo dei costi e hanno beneficiato dell'esplosione della domanda di viaggi aerei per passeggeri».
L'Italia invece ha completamente perso questo trend. È giunto il momento che la classe dirigente del Paese affronti di petto il tema del trasporto aereo e la smetta di scaricare sui cittadini i costi di una gestione approssimativa e di corto respiro.

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Guido Fontanelli