David Sylvian: i 60 anni dell'ultimo dandy del rock
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David Sylvian: i 60 anni dell'ultimo dandy del rock

Dal glam-rock con i Japan al capolavoro new age "Forbidden colours" con Sakamoto, fino alle più recenti sperimentazioni del grande artista inglese

La maggioranza dei cantanti, una volta trovata la formula vincente per fare breccia nel cuore degli ascoltatori, tende a ripeterla pressochè invariata per diversi album, con leggere variazioni sul tema e qualche rinfrescata al sound grazie all'aiuto del produttore del momento.

Fa eccezione a questo assunto David Sylvian, che oggi compie 60 anni, un artista che, in quarant'anni di carriera all’insegna della raffinatezza e della costante ricerca sonora, non ha mai smesso di sperimentare e di cercare nuove strade nella sua musica, anche a costo di rimanere lontano dai piani alti delle classifiche.

Il successo con i Japan

Nato a Beckenham il 23 febbraio del 1958, definito “l’ultimo dandy dal rock” a causa del suo distacco aristocratico e “il crooner della penombra”, per sottolineare la sua voce confidenziale e i suoi testi enigmatici, Sylvian è stato per anni il leader dei Japan, abbandonati all’apice del successo nel 1983.

I Japan, che tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta hanno spopolato in tutta Europa, sono stati, insieme a Brian Eno, tra gli inventori della “ambient music”e tra i primi gruppi musicali ad aprirsi all’avanguardia e alle arti visive, influenzando band come Depeche Mode e New Order.

Nonostante le allettanti prospettive commerciali di un album dei Japan con testi scritti da Andy Warhol, Sylvian si dedica alla carriera solista con il convincente Brilliant Trees del 1984.

La collaborazione con Sakamoto

L’album d’esordio prosegue lungo le direttive psichedeliche e minimaliste inaugurate un anno prima grazie alla fortunata collaborazione con Ryuichi Sakamoto.

Il pianista giapponese lo convince a registrare insieme il brano Bamboo houses e a scivere il testo di Forbidden colours, la più celebre composizione di Sakamoto, utilizzata decine di volte dalla pubblicità.

Sylvian si ripete anche col successivo Words of Shaman del 1985, estratto da un suo spettacolo multimediale che ha fatto il giro del mondo, mentre bisogna aspettare il 1987 per Secrets of the Beehive, considerato il suo capolavoro grazie alle ballad sofisticate, ai suoi preziosi fraseggi vocali e agli arrangiamenti di Sakamoto.

Segue una serie di album poco fortunati, interrotta dall’ottimo The first day grazie all’apporto decisivo di Robert Fripp, l’indimenticabile chitarrista dei King Crimson.

La prima raccolta e gli ultimi lavori sperimentali

Nel 2000 Sylvian traccia un primo bilancio della sua discografia con l’antologia Everything and nothing, una carriera che ha ancora molto da dire, a giudicare dagli album Blemish del 2003, ricco di spunti felici nelle composizioni elettroniche e dissonanti, e il più recente Manafon del 2009, con brani che appartengono più al jazz e all'avanguardia che al rock sperimentale o all'ambient più colto.

Nel 2015 è stato pubblicata la monumentale biografia David Sylvian - Alla periferia, scritta da Cristopher E.Young e tradotta in italiano dal sassofonista e docente di conservatorio Andrea Polinelli, che copre l’intero corso della carriera solista, ricostruendo minuziosamente la storia del suo sviluppo musicale, spirituale e personale dal 1982 al 2015.

Il libro attraversa tutte le opere da solo ed in collaborazione di Sylvian durante questo periodo di trentatré anni includendo la dettagliata analisi di come sono stati realizzati questi lavori, il loro significato intrinseco, le influenze che hanno influito su di essi ed i messaggi che vi sono contenuti.

The Kilowatt Hour

Il suo ultimo progetto live, chiamatoThe Kilowatt Hour, è stato realizzato a sei mani insieme al polistrumentista austriaco Christian Fennesz e al guru dell’elettronica sperimentale Stephan Mathieu.

"Cercheremo di creare qualcosa di unico e stimolante per noi e una nuova esperienza per il pubblico", ha dichiarato Sylvian a proposito di The Kilowatt Hour.

Un affascinante viaggio sonoro che parte da una base riprodotta dal computer, sulla quale i tre musicisti improvvisano dal vivo un solo, lungo brano che alterna suoni sintetici e naturali, elettronici e acustici,coniugando casualità e programmazione.

"Credo che una delle qualità più forti che possiedo sia la mia capacità di creare atmosfere - ha dichiarato Sylvian- Secondo me la musica dovrebbe mettere gli ascoltatori a riflettere su sé stessi. Voglio che la mia immaginazione venga lasciata a briglie sciolte senza essere dettata dalla musica. Cerco di non imporre la musica". 

Hulton Archive/Getty Images
David Sylvian ai tempi dei Japan

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Gabriele Antonucci