Manon Lescaut: dramma, musica e coreografie del balletto che chiude la stagione scaligera
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Manon Lescaut: dramma, musica e coreografie del balletto che chiude la stagione scaligera

Le coreografie intense di Kenneth Millan per l'eroina del libro dell'Abbé Prevost. In scena dal 7 novembre Bolle, Zakharova e la coppia Osipova-Coviello

Manon Lescaut , una donna complessa, appassionata e superficiale, profonda e allo stesso perduta, descritta da Antoine Francois Prévost nel libro pubblicato in Francia nel 1731. Sarà questa Manon a chiudere la stagione di Balletto del Teatro alla Scala di Milano e già dalla prima descrizione riusciamo a capire che siamo di fronte a un balletto dalle sfumature passionali e drammatiche. E per questo coinvolgente.
In scena dal 7 al 15 novembre con un cast stellare (a partire dalla coppia Svetlana Zakharova e Roberto Bolle ) l’opera è una delle perle lasciateci dal coreografo inglese Kenneth McMillan, che da sempre si distingue per la sua vena drammatica e introspettiva. La storia racconta il tormentato amore tra la bella (e dissoluta) Manon e il ricco Cavaliere Des Grieux, che per seguire lei rinuncia alle sue ricchezze ereditarie. I due si trasferiscono a Parigi e quando Des Grieux non riuscirà a mantenere i lussi cui Manon è abituata, lei gli preferirà più volte uomini più ricchi. Seguirà una vita di perdizione che li condurrà esuli in Sud America, dove la donna, infine morirà.
Ecco cinque motivi (e curiosità) per non perdersi questo spettacolo di altissimo livello tecnico e coreografico.

Gli interpreti.
Tanti bei nomi e soprattutto tante “prime volte”.  Dopo Giselle, Marguerite& Armand, il Lago dei Cigni e tanto altro ancora, Svetlana Zakharova e Roberto Bolle (7, 9 e 12 novembre) sono ormai una coppia affiatata sulle scene, ma mai hanno interpretato insieme proprio Manon.  Questo balletto sarà dunque una nuova occasione di confronto, e non solo per loro, visto che  proprio alla Scala (8 e 10 novembre)  Natalia Osipova, già prima ballerina del Royal Ballet di Londra, affronterà per la primissima volta questo ruolo. Un debutto assoluto per lei e per il suo partner Claudio Coviello.

McMillan e la sua eroina.
Queste le parole con cui il coreografo descrive la sua idea di Manon Lescaut. “La Manon dell’Abbé Prévost è una ragazza di sedici anni, che ama la vita e non sa resistere al piacere che le offre. È charmante, ma amorale. Non è fatta che d’istinto. Ama sinceramente Des Grieux e resta davvero legata a lui, ma è incapace di vivere questo amore nell’indigenza. Senza nemmeno esserne cosciente, conduce alla degradazione un giovane che diviene vile, ladro e che ammazza per lei. Una delle cose che più mi ha intrigato in questo personaggio di Manon è che non sembra esservi della logica nel suo comportamento. In un momento va a vivere con Des Grieux, che lei ama, e il momento successivo lo lascia perdere. La chiave della sua condotta si trova, io credo, nelle sue origini: una famiglia dignitosa, sicuramente, ma modesta e ben presto ridotta alla povertà in quel XVIII secolo dove le fortune si creano e si disfano con la rapidità di un temporale. Ebbene, nella miseria, si finisce per perdere tutta la dignità. E Manon ha talmente paura della miseria! Meno della paura della povertà stessa che della vergogna di essere povera.

Manon o l’Hystoire de Manon?
Anche il balletto nasce con il titolo originale dell’opera di Massenet: semplicemente Manon. Poi la vita si è messa in mezzo. Quando il lavoro di Kenneth McMillan giunse nel 1990 per la prima volta in Francia si scontrò con l’opposizione degli eredi del compositore che chiesero espressamente di evitare qualsiasi confusione. Una reazione forse un po’ forte, visto che lo spartito è comunque un colage di opere di Massenet,  ma che ha spinto gli autori a reintitolare il balletto in “Hystoire de Manon”.  E’ conosciuto così ovunque tranne che in Gran Bretagna, dove nulla è stato cambiato.
 
La varietà della musica di Massenet
Siete convinti di guardare il balletto e di sentire la stessa musìca che Massenet scrisse per l’opera Manon? Non è così. Il balletto è infatti l’occasione per familiarizzare anche con altri spartiti di Massenet, compositore di melodrammi nato in Francia nel 1842. McMillan voleva discostarsi dal libretto dell’Abbé Prevost, cercando nella drammaticità di altre composizioni di Massenet l’atmosfera ideale per le sue coreografie. A ricevere dunque l’incarico nel 1974 di costruire il collage di spariti per il balletto fu Leighton Lucas, già danzatore dei Ballets Russes di Sergej Djagilev.

I costumi di Georgiadis
Il pittore greco Nicholas Georgiadis è stato lo scenografo e costumista principe di McMillan e  attraverso il loro sodalizio si rinnova (con la replica del repertorio) un pezzo di importante storia del balletto.  Poiché McMillan e i suoi lavori rientrano in quel filone introspettivo, intimista, interpretativo, iniziato qualche anno prima con Spartacus del coreografo russo Igor Moiseev, anche i costumi in qualche modo ricalcano questa  impronta. Per Manon, in particolare, Georgiadis,  ha spostato la storia di Manon verso la fine del XVIII secolo per ergerla a “simolo del fallimento sociale alle porte della rivoluzione del 1789. Una fine secolo perturbata dall’assenza di valori morali ed economici.  
Sul sito del Teatro alla Scala tutti i cast data per data (www.teatroallascala.org)

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Antonella Bersani

Amo la buona cucina, l’amore, il mirto, la danza, Milan Kundera, Pirandello e Calvino. Attendo un nuovo rinascimento italiano e intanto leggo, viaggio e scrivo: per Panorama, per Style e la Gazzetta dello Sport. Qui ho curato una rubrica dedicata al risparmio. E se si può scrivere sulla "rosea" senza sapere nulla di calcio a zona, tennis o Formula 1, allora – mi dico – tutto si può fare. Non è un caso allora se la mia rubrica su Panorama.it si ispira proprio al "voler fare", convinta che l’agire debba sempre venire prima del dire. Siamo in tanti in Italia a pensarla così: uomini, imprenditori, artisti e lavoratori. Al suo interno parlo di economia e imprese. Di storie pronte a ricordarci che, tra una pizza e un mandolino, un poeta un santo e un navigatore e i soliti luoghi comuni, restiamo comunque il secondo Paese manifatturiero d’Europa (Sì, ovvio, dietro alla Germania). Foto di Paolo Liaci

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