"Keyla la rossa": perché è un libro da leggere
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"Keyla la rossa": perché è un libro da leggere

Un romanzo potente, firmato dal Nobel Isaac Bashevis Singer

E pensare che non lo avrebbe voluto vedere pubblicato forse perché gli ebrei ne escono un po’ ammaccati, spietati fra di loro, frequentatori di vizi, pronti al traffico delle donne pur di far soldi. E per Isaac Bashevis Singer, Nobel per la Letteratura nel 1978, sarebbe stato tradire la sua fede, lui che per anni scrisse in yiddish, lui che dava lezioni di ebraico e studiava i sacri testi.

È però un regalo Keyla la rossa, che da poco Adelphi ha mandato in libreria. Un regalo per chi percepisce la profonda differenza fra letteratura e fiction, fra scrittura e intrattenimento su carta.

Isaac Bashevis Singer, fratello minore di Isaac, scrittore e giornalista famoso nella Polonia dei primi Anni ’40, intreccia in questo romanzo le vite di quattro protagonisti, che si muovono nella Varsavia della miseria nera, dei sogni che si sbriciolano contro il muro della realtà. C’è il ghetto della città, c’è la via dove Singer crebbe e che ritorna in molti suoi scritti: via Krochmalna. E poi ci sono New York e persino l’Argentina, meta mai raggiunta dai personaggi. 

Al centro della storia c’è Keyla, prostituta di rara bellezza, anima candida che ricorda i versi di Via del campo di Fabrizio De Andrè: “...dai diamanti non nasce niente/dal letame nascono i fior”. La lettura è una caduta nel magma delle contraddizioni umane: sesso e morale, amore e morte, miseria e nobiltà per dirla con Totò.

Per densità, forza d'impatto, scrittura Keyla la rossa può gareggiare con La famiglia Moskat, il libro considerato il capolavoro di Singer.

Naturalizzato statunitense, (nel ’43 divenne cittadino americano) Isaac Bashevis Singer ha pubblicato in tutto 18 romanzi e numerosi libri per bambini. È stato un punto di riferimento della cultura ebraica mondiale. Quindi, se non avete mai letto nulla dello scrittore polacco, Keyla la rossa è la perfetta porta d’accesso al suo mondo complicato e complesso, per guardare senza filtri la fotografia di rara intensità che fa dell’umanità tutta.

Un po’ come se ci si volesse avvicinare all’opera lirica e si incappasse in un Mozart superbo, un Così fan tutte, un Nozze di Figaro

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Stefania Berbenni