I vichinghi? Erano donne, aristocratiche e guerriere
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I vichinghi? Erano donne, aristocratiche e guerriere

Dopo la scoperta che i resti di un guerriero vichingo appartenevano in realtà a una donna-guerriero è scoppiata la polemica. Ecco cosa sappiamo...

Nel cuore della Svezia c’è un lago dalle acque cupe disseminato di isole. I vichinghi ne abitavano una chiamata Björkö, dove vi avevano fondato la cittadina di Birca strappandola alle betulle che la ricoprivano. Era anche da questa isola che, tra il nono e il dodicesimo secolo, i guerrieri vichinghi partivano alla volta di nuove terre da conquistare. Noi li immaginavamo come uomini, alti, biondi e armati di lance, ma forse questa era solo una parte della verità.

Un recente studio dell’Università di Uppsala basato su analisi del Dna suggerisce che alcuni resti in una delle sepolture del sito archeologico di Birca appartengono a una guerriera vichinga e non a un guerriero come si era creduto per lungo tempo.

Accanto a questi resti sono infatti presenti una spada, un’ascia, una lancia, frecce capaci di perforare corazze, un coltello da battaglia e due cavalli. Nel loro articolo di ricerca, pubblicato sull’American Journal of Physical Anthropology, gli autori concludono che, tra i vichinghi, "le donne avevano ruoli di solito ricoperti dagli uomini".

Verità o errore di valutazione

Quando la notizia di questi risultati è stata divulgata ne è sorta una controversia ripresa perfino da quotidiani come il New York Times. Alcuni studiosi ritengono che la conclusione dell’Università di Uppsala sia affrettata per molti motivi: prima di tutto, lo studio non avrebbe dissipato il dubbio che il corpo di una donna potrebbe essere finita nella tomba per altri ragioni; secondo, come ha notato Judith Jesch, una studiosa dell’Università di Nottingham nel Regno Unito, ossa di vari individui potrebbero essersi mescolate ad altre nel corso degli scavi iniziati circa 140 anni fa.

Anche la presenza vicino a quei resti di un hnefatafl, una versione primordiale del gioco degli scacchi, non sarebbe una prova sufficiente per concludere che quella presunta donna guerriero fosse un’aristocratica in un posto di comando.

L’autrice leader dell’articolo, Charlotte Hedenstierna-Johnson, ha a sua volta replicato a queste critiche notando che gli studi su guerrieri di sesso maschile non sono discussi e criticati allo stesso modo. La polemica è quindi divampata fino a includere accuse di pregiudizi riguardo il ruolo della donna all’interno della struttura sociale vichinga.

In attesa che si comprenda più a fondo la questione, se mai questo succederà, è bene mettere questa polemica in un contesto più generale. La storia offre diversi esempi di donne che affrontano la morte in battaglia, sebbene la guerra come fenomeno di massa sia stato fino a quest’epoca un fatto esclusivamente maschile.

Una storia di donne combattenti

Infatti, come spiega Eva Cantarella, storica dell’antichità e autrice di molti libri sugli aspetti sociali del mondo greco e romano, "tanto nel mondo greco quanto nel mondo latino, la guerra era considerata un affare per gli uomini. Il mito delle Amazzoni, le guerriere della mitologia guerriera che si mutilavano una mammella per tendere meglio l’arco, voleva esorcizzare la figura della donna combattente. Nel mito, queste donne si nutrivano di carne cruda, un fatto che suscitava ribrezzo nel mondo greco".

Questa concezione della donna-guerriero non ha impedito che vi fossero, a partire dalla storia antica, figure di donne che combattevano alla testa di un esercito. "Erano perlopiù regine o aristocratiche, oppure donne che per motivi diversi assumevano ruoli di comando". Ecco alcuni esempi.

Quando nel 480 a.C Serse I, re di Persia, invase la Grecia, Artemisia I di Caria, regina di Alicarnasso e alleata dei Persiani, guidò cinque triremi nella battaglia di Capo Artemisio con il grado maggiore tra i comandanti della flotta.

Nelle sue StorieErodoto scrisse che durante la battaglia, conclusasi senza né vincitori né vinti, Artemisia non fu da meno a nessuno dei persiani. Di lei scrisse anche che vedeva sempre con chiarezza la situazione delle forze in campo in guerra. Tanto che fu lei, l’unica tra i comandanti convocati da Mardonio, il capo supremo della flotta persiana, a sconsigliare uno scontro in mare con i Greci. Secondo lei questi ultimi erano più forti in mare, nonostante l’inferiorità numerica. Serse diede retta ai suoi comandanti e fu sconfitto a Salamina, la battaglia navale più importante dell’antichità che decise le sorti del Mediterraneo.

Plutarco racconta che nel 510 avanti Cristo, Cleomene, re di Sparta, mosse verso Argo dopo aver sconfitto i suoi opliti nella battaglia di Sepeia. Fu una donna, la poetessa Telesilla di Argo a risolvere la situazione. Radunò tutti gli schiavi, gli uomini esenti dal servizio militare e le donne, li armò con le spade e gli scudi che trovò nelle case e nei santuari, e li mise in posizione di battaglia. Quando gli spartani arrivarono, lanciarono urli di battaglia per spaventare Telesilla e il suo esercito senza sortire alcun effetto. Indomiti, donne e anziani rimasero in posizione. Gli spartani allora pensarono bene di ritirarsi perché sia una vittoria sia una sconfitta sarebbero state motivo di infamia. Nelle epoche in cui le battaglie si combattevano corpo a corpo non solo le donne non partecipavano in massa alle battaglie ma i guerrieri stessi loro nemici si rifiutavano di affrontarle.

Alla morte di Odenato, re di Palmira, nell’odierna Siria, sua moglie Zenobia Settimia divenne regina reggente per conto del figlio. Mostrando un coraggio senza pari, si ribellò all’impero romano al quale il suo regno era subordinato. Prima conquistò l’Egitto e poi dichiarò il suo regno indipendente da Roma suscitando la reazione terribile dell’imperatore Aureliano. L’esercito romano si scontrò con quello di Zenobia in Egitto e Siria finché Palmira non fu assediata. Zenobia fu catturata, portata a Roma e, secondo alcuni storici, decapitata.

Coraggio, desiderio di vendetta e resistenza hanno contraddistinto la figura di Boadicea, la regina degli Iceni, una tribù che abitava l’odierna contea del Norfolk in Gran Bretagna. Tacito racconta che questa donna era in origine una nobile che aveva sposato il re Prasutago. Quando questi morì i romani pretesero il regno: era pratica che i territori conquistati venissero governati dai re sconfitti solo fino alla loro morte. Quando Boadicea si ribellò, i romani le tolsero gli abiti e la frustarono in pubblico dopo aver violentato le figlie. La vendetta arrivò più tardi quando, alla guida degli Iceni e dei Trinovanti, Boadicea  attaccò e conquistò la colonia romana di Camulodunum e bruciò Londinium, l’odierna Londra. I romani non tardarono ad avere di nuovo la meglio e Boadicea dovette avvelenarsi per non essere catturata viva.

Fra le donne guerriero non si può non citare Giovanna d’Arco, in origine una contadina animata da visioni religiose che guidò la Francia alla riscossa contro gli inglesi nella guerra dei Cento Anni (1333-1453). La sua vita ha suscitato l’attenzione di un vasto numero di scrittori, come Shakespeare, Voltaire e Schiller. Non aveva molto da invidiare ai guerrieri uomini perché cavalcava e combatteva in modo eccellente; e nemmeno ai grandi condottieri dato che la sua presenza alzava a dismisura il morale dell’esercito.

Infine, Caterina Sforza, figlia del duca di Milano Galeazzo Maria Sforza, signora di Imola e Forlì, difese strenuamente quest’ultima dall’attacco di Cesare Borgia, figlio illegittimo di Alessandro VI, alleato con i francesi. Addestrò soldati, raccolse armi e viveri e si batté fino a quando non fu fatta prigioniera. I suoi nemici le tolsero il regno ma non l’onore.

Nel suo libro Virtù delle donne, una sorta di appendice alle Vite Parallele,Plutarco scrive che «virtù degli uomini e virtù delle donne sono la una sola e medesima cosa». La parola virtù sta per areté, che i greci usavano anche nel senso di coraggio, valore, resistenza e forza. Le qualità dei guerrieri, appunto. Quando le donne hanno avuto accesso ai ruoli di comando in battaglia li hanno onorati non meno degli uomini. Anche se talvolta la storia ricorda più questi ultimi.

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Luca Sciortino