‘Condominio R39’ di Fabio Deotto, le prime pagine del romanzo
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‘Condominio R39’ di Fabio Deotto, le prime pagine del romanzo

Un estratto dal libro d’esordio del giovane scrittore, da oggi in libreria per Einaudi

Un lieto fine che è anche un incoraggiante inizio per Fabio Deotto, giornalista freelance classe 1982, che esce oggi in libreria con il romanzo Condominio R39 , edito per Einaudi nella collana Stile Libero.

Una fine perché la pubblicazione di Condominio R39 è il frutto di anni di lavoro, pazienza, sacrificio e numerosi bocconi amari da ingoiare: dai precedenti due vani tentativi romanzeschi alle velate critiche di chi non credeva nel sogno di Fabio. “Persone”, dice lo scrittore in una recente intervista, “che ogni tanto mi chiedevano come andava con il mio 'progetto', e lo facevano come se fosse implicito che la mia fosse una scelta folle, o quanto meno un ridicolo rigurgito adolescenziale senza senso. All’inizio me la prendevo, poi ho cominciato a rendermi conto che quelle stesse persone erano, tra quelle che conosco, quelle più insoddisfatte della propria vita. Molti di loro erano tremendamente in gamba, ma si erano barricati nelle loro piccole certezze e vivevano nel terrore di perderle. Credo che la cosa che più mi ha influenzato nella stesura di questo romanzo siano proprio quelle persone. Non a caso, il titolo di lavorazione era 'Chi si accontenta muore'”.

Un inizio incoraggiante, invece, perché Condominio R39 è un esordio nato sotto l’ala protettrice di una collana prestigiosa, attenta alle nuove proposte letterarie, che ha contribuito al successo di personaggi come, per esempio, Carlo Lucarelli o Niccolò Ammaniti.

Il libro gioca sul meccanismo del giallo (anche se in realtà non si tratta di un romanzo crime) e parte da un dilemma: cosa è successo venerdì 22 marzo nel condominio R39 alla periferia di Milano? Perché cinque persone sono state trovate in coma e un ragazzo è in stato confusionale?

A seguire, ecco le prime pagine di Condominio R39.

1.
VIA ESPOSTI 12
CASA MORSELLI-SANNA
VENERDÌ 22 MARZO

Il segreto è tenere la punta di metallo tra il pollice e l’indice, e sfregare. Solo un paio di strofinate, non devi esagerare. Il segreto è controllare che il mercurio salga appena sopra la riga dei trentotto e poi rimettere il termometro sotto l’ascella. Il segreto è chiudere quasi gli occhi, aggrottare un po’ la fronte e aspettare che mamma torni. Nicolò è sdraiato nel lettone, i capelli troppo lunghi gli si appiccicano sulle guance sudate. Appena sente le ciabatte di mamma, si arrotola per bene nel piumone, come faceva quando era ancora abbastanza piccolo da essere tenuto in braccio, quando ogni giorno era domenica e «scuola» era solo una parola che si sentiva in tv.
– Vediamo quanta febbre ha il mio guerriero oggi.
Mamma prende la testa di Nicolò tra le mani, gli bacia la fronte e gli sfila il termometro dall’ascella.
– Trentotto e quattro! Cavolo, Nic, non vuole proprio scendere.
Mamma frusta il termometro a mezz’aria e gli scompiglia i capelli.
– È tutta la settimana che stai a casa da scuola.
Il segreto è fare la faccia seria, dispiaciuta.
– È l’influenza, per lunedí guarisco.
Mamma sorride e si alza dal letto. È vestita a metà: maglione girocollo giallo e mutandine bianche. Torna dalla cucina con un bicchierone di acqua frizzante e una pillola rosa fragola.
– Prendi, bevila tutta. Bravo, giú.
Mamma posa il bicchiere e gli passa una mano tra i capelli.
– Tutto okay, Ninín? Cosa c’è che non va a scuola?
Nicolò deglutisce e affonda il collo nelle spalle. La pillola ha un sapore dolce e amaro insieme. Gli occhi di mamma sono lucidi, ha i capelli raccolti.
– Tornerò tardi stasera, ti ho lasciato gli affettati in frigo. Puoi farti qualche panino, dei formaggini, o la frutta con lo yogurt.
– O tutti e tre.
Mamma ride. – L’appetito almeno ce l’hai. Dopo cena sparecchia e lasciami le stoviglie nel lavandino. Poi a letto, intesi?
– Posso guardare la tele?
– Sai che non mi va.
– Ma stasera dànno Mad Max, a scuola ne parlano tutti!
– Che roba è?
– Un film americano, inseguimenti coi gipponi nel deserto. Il mondo è stato distrutto da una guerra atomica e…
– Chi è l’attore?
– Mel Gibson.
– Allora registralo, ce lo guardiamo insieme domani. Ora devo scappare.
Mamma si infila una gonna pantalone e fa sparire il triangolo bianco delle mutandine dentro il raso blu scuro. Il segreto è aspettare di sentire mamma che esce, le chiavi che girano nella toppa, il rumore dei tacchi sulle scale, il motore della macchina che si accende e borbotta fino in fondo all’isolato. A quel punto Nicolò appallottola le coperte
e le scalcia via dal materasso. Nell’armadio dei vestiti, dietro la pila dei pantaloni, ha nascosto un libro. Ha la copertina rigida e verde, sopra ci sono impresse bianche le parole Post Office, l’autore è Charles Bukowski. Lo ha trovato dentro una scatola che mamma tiene su una mensola nello sgabuzzino. Mamma dice che quella è roba sua e non va toccata.
Il libro ha le pagine ondulate, coi margini ingialliti. Alcune sono appiccicate, Nicolò deve fare attenzione a quando le separa perché si strappano. Henry Chinaski, il protagonista, è un ubriacone che passa le giornate alle corse dei cavalli. La mattina lavora come postino, il pomeriggio spende i soldi all’ippodromo, la sera beve birra mentre batte a macchina nel suo appartamento. Nicolò ha lasciato a metà una scena interessante: Chinaski ha appena suonato il campanello di una signora che, senza motivo, ha cominciato a urlare e a insultarlo. Lui la ascolta per un po’, poi, invece di montare di nuovo in sella alla bici, entra in casa della signora, la sbatte sul divano e la scopa.
Nicolò prova a immaginare la scena e sente pizzicare la punta del pisello. Don Meroni ha detto che guardare le donne nude è un peccato che vale dieci padrenostro. Non ha detto però quanto costa immaginarsele. Quando lo ha raccontato a mamma, lei ha detto che don Meroni è un represso e che l’anno prossimo chiederà di esonerarlo dalle lezioni di religione.
Le bambine a scuola invece ridono. Quando Daniele Genna e i suoi amici, durante l’intervallo, nel giardinetto, lo hanno immobilizzato e gli hanno tirato giù i pantaloni alle caviglie, Nicolò ha sentito un gran freddo là sotto. Ha provato a coprirsi, ma quelli gli tenevano le braccia e le gambe. Allora è rimasto immobile, a fissare le piste delle biglie disegnate nel terriccio, mentre le sue compagne di classe stavano in fila e ridevano. Lo indicavano, e ridevano. Tra loro, c’era Alice Magni.
Alice era quella che rideva più di tutti. A fine capitolo Chinaski si riabbottona la patta e torna sul vialetto dove ha lasciato la bici, non saluta la donna, né le chiede scusa. Lei non ride.
Nicolò volta pagina.
Lo fa come farebbe Henry Chinaski, velocemente, come per sbattere una finestra.

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Andrea Bressa