Come sopravvivere ai giorni di festa
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Come sopravvivere ai giorni di festa

Per quanto laici si possa essere, è difficile mantenere un atteggiamento neutro durante i giorni di festa. Dal 24 dicembre al 2 gennaio noi animali occidentali siamo immersi in una bambagia di falsità coatta, una specie di cinema dell’orrore …Leggi tutto

Per quanto laici si possa essere, è difficile mantenere un atteggiamento neutro durante i giorni di festa. Dal 24 dicembre al 2 gennaio noi animali occidentali siamo immersi in una bambagia di falsità coatta, una specie di cinema dell’orrore realizzato, un sonno artificiale ricoperto di bollicine di uno spumante da quattro soldi.

L’imperativo è: sii felice!, o almeno mostra di esserlo, anche se odi qualcuno, anzi: quanto più lo odi, fai finta di volerlo rendere felice. Non resta che la consolazione di riciclare i regali, pratica civile che diventa parodica nel caso, considerato massimamente infausto, di ritorno di un oggetto al suo mittente originario (rileggere Marcel Mauss sul dono per capirne la sostanziale non-innocenza).

Lo psicodramma parentale seguito dallo squallore sub-umano del Capodanno e compagno della crapula mangereccia e demente è ciò che attende chi non ha il coraggio di stare solo.

Sono giorni di tortura, una specie di Sindrome di Stoccolma collettiva. Fortuna massima avere la possibilità di chiudersi in una stanza a leggere o a dormire, rifiutare tutte le ipotesi di uscire a Capodanno con l’unica motivazione di NON VOLERE; massima forma di resistenza fare la faccia delle capre nei film cecoslovacchi e lasciarsi passare il tempo intorno. Tanto, se anche doveste trovare la felicità, non avete le batterie.

Perciò tra i punti di massimo raggiunti dalla nostra civiltà, e forse da Homo Sapiens, sono queste testimonianze che seguono. Sono qui per darci ragione; se ce l’hanno fatta loro, possiamo farcela anche noi.


 

Thomas Mann al fratello Heinrich

Monaco, 23.XII.1904
Ainmillerstraße 31 III

Caro Heinrich,

ora per Natale deve pur accadere qualcosa, ne sono convinto; comunque ho sin troppo bisogno della tua pazienza e della tua comprensione. Mi capirai: questo periodo è così poco propizio per scrivere lettere, è accompagnato da tanta eccitazione, confusione, tensione e rilassamento da non poter impedire che ti formassi l’impressione, da lontano, che io avessi definitivamente cessato di preoccuparmi del problema, non certo semplice, del nostro rapporto e che vivessi senza scrupoli solo per la mia «felicità»… Ebbene, questa è un’assurdità. La stessa «felicità», del resto, dovrebbe essere qualcosa di meno problematico per poter essere tale e la mia diffidenza, viceversa, minore. La felicità è completamente diversa da come la immaginano coloro che non la conoscono. Non è assolutamente adatta a portare nella vita tranquillità, piacere e mancanza di scrupoli e contesto in modo categorico che possa contribuire al sollievo e al diletto. L’ho capito. Non ho mai considerato la felicità come qualcosa di semplice e sereno ma sempre come qualcosa di serio, difficile e severo come la vita stessa.(…).

Mi assicurano che sono diventato molto più mondano; e col frac indosso un gilè di velluto grigio chiaro con i bottoni d’argento. Questa vuol essere un’immagine simbolica, così non dovrò dilungarmi in troppi dettagli. Altrimenti non riceverai la lettera nemmeno per il giorno di Natale

Scusa per il mio silenzio. Capirai: non potevo fare altrimenti. Anche la solitudine non serviva a nulla. Esiste una solitudine superficiale come esiste un sonno superficiale. Ma sono così esausto che comincio seriamente a pensare di sparire per otto o dieci giorni, a Capodanno, di ritirarmi a Polling e non fare niente, niente altro che lavorare e respirare aria invernale, priva di erotina (?).

Il Tuo Tommy

 

 

Franz Kafka a Max Brod

[Praga] 31. 12. 1908

Mio caro Max, no, ti ringrazio, questo no, meglio no.

(D’altro canto ho ricevuto la tua cartolina soltanto alle 4, quando già volevo venire da te, mi sono coricato, mi sono alzato ora alle sei e tre quarti e, se vogliamo, ancora un po’ assonnato). Ma voi avete ospiti, chi ti ha detto che mi vogliano vedere o soltanto sopportare? E poi già da 4 giorni quando mi sveglio mi conforta la speranza del sonno di oggi; e soprattutto arriveremmo al tè, ma certamente non al Sant’Antonio [riferimento alla comune lettura dell’opera di Flaubert, ndr], e, neanche da pensare, a I felici.

In questo momento però nulla mi sarebbe più importante dei Felici, e perciò ti auguro con particolare serietà un buon capodanno e di prego di non restare alzato a lungo a lavorare. Preferisco così.

Addio, mio caro Max, e trasmetti alla tua famiglia il mio augurio di capodanno e scrivimi quando potrò ascoltare di nuovo.

Tuo Franz

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Daniela Ranieri

Daniela Ranieri vive a  Roma, anche se si domanda perché ciò dovrebbe avere importanza in questa sede. Ha fatto reportage e documentari per la tv. Ha fatto anche la content manager, per dire. Vende una Olivetti del '79, quasi  nuova. Crede che prendere la carnitina senza allenarsi faccia bene uguale. Ha pubblicato il pamphlet satirico "Aristodem. Discorso sui nuovi radical chic" e il romanzo "Tutto cospira a tacere di noi" (entrambi Ponte alle Grazie) 

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