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Ansa
Calcio

Il capolavoro di Pioli e la rinascita del Milan

Nel momento della crisi peggiore degli ultimi anni, il tecnico rossonero ha avuto coraggio e ha cambiato pelle al Diavolo. Anche a costo di farsi seppellire dalle critiche. Ora meriterebbe le scuse da tanti...

Nel momento della crisi peggiore del suo Milan dall'autunno del 2019, Stefano Pioli ha fatto quello che da sempre è abituato a fare: si è messo a studiare le contromosse e, invece di discutere di motivazioni e approcci, ha avuto il coraggio di cambiare pelle alla squadra che lo aveva portato sul tetto d'Italia. Ha avuto coraggio, perché il passaggio alla difesa a tre gli è costata l'accusa di alto tradimento verso il Dna rossonero e di abiura delle sue idee tattiche. Un processo che si è celebrato sui social, da parte dei tifosi immemori di quanto lo stesso Pioli avesse regalato loro solo pochi mesi fa, e sui giornali con firme celebri a corredo.

Oggi, trascorso un mese da quella decisione, Pioli ne raccoglie i frutti perché il suo Milan è uscito dal tunnel nel quale ha lasciato la volata scudetto, ammesso che il Napoli fosse disposto a concedere qualcosa, e poco più sotto forma della sconfitta nella Supercoppa Italiana e di eliminazione dalla Coppa Italia. Quella, però, arrivata in coda all'unica notte di gennaio senza sbandamenti difensivi.

E' giusto ricordare le critiche che lo hanno inseguito adesso che il peggio è alle spalle. Non per sterile polemica, ma per affermare due concetti che sono evidenti. Il primo è che Stefano Pioli è un allenatore attento e preparato, umile nel sapersi rimettere in discussione e non fermo su rendite di posizione come poteva essere l'inseguimento del suo 'vecchio' Milan addossando ad altri le colpe del passaggio a vuoto. Con in tasca un rinnovo di contratto appena firmato sarebbe stata la scorciatoia perfetta per presentarsi agli occhi dei tifosi e invece lui ha preferito rischiare di suo.

La seconda considerazione va estesa anche agli altri tecnici che ogni settimana vengono esaltati o messi nel mirino a seconda dell'altalena dei risultati. Penso ad Allegri che ha rimesso in linea di galleggiamento la Juventus o a Inzaghi, che passa dall'esaltazione alla tentazione di sostituirlo tra il mercoledì sera e la domenica pomeriggio. Se avesse dovuto seguire gli istinti della massa il Milan avrebbe dovuto cominciare a discutere il suo tecnico, a lasciar trasparire dubbi, lanciare ultimatum più o meno nascosti seguiti da finte dichiarazioni pubbliche di fiducia. Il solito teatrino che per tradizione comincia a minare dalle fondamenta il rapporto tra una società e il suo allenatore.

Pioli, invece, è stato fatto lavorare in santa pace. Non senza pressioni, perché il Milan di gennaio ha rischiato di giocarsi l'osso del collo (sportivo) uscendo dalla zona Champions League con tutte le conseguenze del caso, ma comprendendo che non sarebbe servito a nulla continuare a dirlo ad alta voce. Merito di chi ha tenuto la barra dritta ed enorme merito di Pioli stesso. Cui qualcuno dovrebbe oggi delle scuse, magari dalle stesse colonne di giornale dalle quali l'ha accusato di essersi rimangiato tutto il percorso fatto in precedenza.

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Giovanni Capuano