Bruce Springsteen: "Western Stars" è un nuovo e suggestivo viaggio musicale
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Bruce Springsteen: "Western Stars" è un nuovo e suggestivo viaggio musicale

L'album del rocker del New Jersey, anticipato da "Hello Sunshine" e "There Goes My Miracle", è un omaggio al pop-rock californiano anni ’60 e ’70

Pensi a Bruce Springsteen e la prima immagine che ti viene in mente è quella di uno stadio pieno e traboccante di entusiasmo per il rocker del New Jersey, celebre per le sue trascinanti maratone musicali di quattro ore.

Impossibile non lasciarsi coinvolgere dall’energia e dal carisma di questo moderno sciamano del rock, che rappresenta, nelle sua fisicità ancora esplosiva nonostante le 69 primavere, l’eroe americano tratteggiato dalla penna di Whitman.

Il Boss, che a fine maggio era a Roma insieme alla moglie Patti Scialfa per una gara di equitazione a cui ha partecipato la figlia Jessica Rae, ha confermato al quotidiano "La Repubblica" che entrerà in studio con la E Stret Band in autunno, per poi intraprendere insieme un tour mondiale nel 2020 che farà tappa anche a Roma e, probabilmente, anche in qualche altra città italiana.

Prima, però, lo attende la pubblicazione del nuovo, sorprendente Western Stars, che uscirà il 14 giugno per la Columbia Records/Sony Music in cd e doppio vinile, a cinque anni di distanza dall’ultimo album di inediti, in cui il Boss è riuscito a stupirci ancora una volta con un genuino e malinconico soft rock d’autore, evocativo e ricco di archi.

Il diciannovesimo disco della carriera di Springsteen porta la sua musica verso nuove direzioni, prendendo in parte ispirazione dai dischi pop della California del Sud tra la fine degli anni ’60 e l’inizio dei ’70, come hanno rivelato i primi due singoli Hello Sunshine e There Goes My Miracle.

Uno stile musicale che aveva trovato nella Laurel Canyon il suo Eldorado e in Glen Campbell e Jimmy Webb due dei suoi maggiori autori.

«Questo lavoro è un ritorno alle mie registrazioni da solista con le canzoni ispirate a dei personaggi e con arrangiamenti orchestrali cinematici», racconta Springsteen, «è come uno scrigno ricco di gioielli».

Western Stars è stato registrato prevalentemente nello studio casalingo di Springsteen in New Jersey, con l’aggiunta di alcune registrazioni realizzate in California e a New York.

Nei tredici brani di “Western Stars”, tutti scritti dal rocker del New Jersey, troviamo una vasta gamma di temi tipicamente americani: dalle autostrade immense agli spazi desertici, dal sentimento di isolamento a quello opposto di comunità, dalla stabilità di casa alla speranza che non svanisce mai.

Ron Aniello ha prodotto l’album con Springsteen e ha suonato il basso, le tastiere e altri strumenti. Patti Scialfa ha contribuito alle voci e agli arrangiamenti vocali di quattro tracce.

Agli arrangiamenti musicali compresi gli archi, i fiati, la pedal steel hanno contribuito più di una ventina di musicisti tra i quali Jon Brion (che suona la celesta, il Moog e la farfisa) e sono stati ospitati artisti come David Sancious, Charlie Giordano e Soozie Tyrell.

Nessun cantautore americano, dopo Bob Dylan, ha raccontato le strade infinite, le angosce esistenziali e le contraddizioni dell’America degli ultimi quarant’anni come Springsteen.

A lui dobbiamo il merito di aver mantenuto in vita la fiamma del rock and roll, non come mera musica di intrattenimento, ma come strumento universale per prendere posizione e per risvegliare la coscienze assopite di una società ripiegata su se stessa, indifferente e iperconnessa, brandendo la sua chitarra consunta come un'arma benevola.

Il Boss è un artista che ha fatto delle verità e della forza espressiva i punti cardine della sua poetica rock a base di canzoni ricche di vita vissuta, storie di emarginati, corse notturne attraverso le infinite e polverose highways americane, voglia di riscatto, dolorose cadute e inaspettate risalite.

Hitch Hikin' mette subito in chiaro le coordinate sonore di Western Stars: arpeggio di chitarra e voce in primo piano, gli archi ariosi che subentrano prepotentemente nella terza strofa, un testo malinconico ed evocativo sul viaggio (non solo fisico) attraverso le highway americane.

The Wayfarer è un brano notturno, intimo e ricco di calore costruito attraverso il dialogo tra un energico riff di chiatarra e gli archi, con la ripetizione del malinconico verso "Where are you now?", prima che subentri la batteria e gli archi crescano di intensità.

Tucson Train, che inizia e che finisce con una ritmica secca e minimalista, è una canzone che odora di cuoio, polvere, sudore e whisky, in cui la voce piena ed espressiva di Springsteen racconta la febbrile attesa della sua amata alla stazione del treno, in una città dove ha ricostruito faticosamente una nuova vita.

La title track Western Stars ha la sua frase più emblematica nel verso "Stanotte le stelle dell'ovest brilleranno di nuovo", forse un riferimento autobiografico alla depressione appena superata, anche grazie alla catartica esperienza dello spettacolo a Broadway.

Sleepy Joe's Café è una delle canzoni più allegre e uptempo dell'album, in cui è impossibile non battere il piede grazie ai sapienti intrecci di organo elettrico, archi e fiati vagamente mariachi.

Drive fast (the Stuntman) è un emozionante racconto in presa diretta della movimentata e dolente vita di uno stuntman a fine carriera, i cui versi "Drive fast/ fall hard"("Guida veloce/cadi duramente)" portebbero diventare di culto, oltre ad essere uno dei momenti più attesi del nuovo tour.

L'album si chiude con il cortometraggio immaginario di Moonlight Motel, un non-luogo teatro di storie che prendono nuove e inaspettate direzioni, descritte in maniera quasi impressionistica.

Western Stars è un disco suonato e arrangiato in modo impeccabile, dove non sono ammessi computer e stereotipati suoni sintetici.

Nei testi si evidenzia una grande cura nel suono delle parole e la voce di Springsteen, abile narratore di storie urbane, ha acquistato nuovi colori e sfumature, amalgamandosi perfettamente con gli archi che accompagnano tutti i brani.

L'album, siamo certi, farà faville in America, dove costituirà la colonna di lunghi viaggi in macchina, con la Jeep o in camion attraverso le highway che sembrano non finire mai.

In fondo tutta la poetica di Springsteen ruota intorno ai temi dell’identità e del viaggio ed è questo uno dei segreti per capire lo straordinario senso di comunanza che il Boss è risucito a intaurare con il suo fedele pubblico nel corso di oltre quarant'anni di carriera, in cui ha vinto 20 Grammy, un Oscar e un Tony,oltre ad essere stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame, aver ricevuto un Kennedy Center Honor ed essere stato nominato “Person of the Year” da MusiCares nel 2013.

Il cantante non è vissuto come una rockstar lontana e irraggiungibile, ma un working class hero del New Jersey che ce l’ha fatta e che vuole, attraverso la celebrazione sempre nuova di un rito esaltante quanto catartico come quello del concerto dal vivo, che ce la facciamo anche noi a trovare i nostri “glory days”.

Ma non prima di aver attraversato il nostro personale deserto.

foto DANNY CLINCH/ Ufficio stampa Columbia Records/Sony Music
Bruce Springsteen in "Western Stars"

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Gabriele Antonucci