soliera
(Ansa)
News

La baby sitter di Modena ci mostra i misteri della mente malata e  "prevedibile"

Cosa è scattato nella testa della donna che ha lanciato il bimbo di 13 mesi dalla finestra. È possibile per una persona nascondere così bene un tale malessere?

Sono ancora gravi le condizioni del piccolo Tommaso lasciato cadere nel vuoto della sua baby sitter a Soliera nel Modenese. Un gesto inspiegabile compiuto nei confronti di un bambino di 13 mesi, trovato riverso sul cemento dai vicini dopo un volo di 3 metri dal balcone di casa. La baby sitter Monica Santi, 32enne di Carpi, é stata arrestata e dopo un silenzio iniziale ha confessato: «Sono stata io, ero in catalessi- ha detto al giudice- ma non è stato un gesto deliberato, ho avuto un malore. Vengo da un periodo difficilissimo».Monica Santi laureata in Economia e Finanza, lo scorso anno è stata licenziata da un’azienda in cui lavorava e da lì sarebbe cominciata, secondo quanto ha raccontato agli inquirenti, una profonda crisi.

Ma cosa scatta nella mente di una persona quando arriva a compiere un gesto simile?

«Il primo errore - spiega lo psicologo Fabrizio Mignacca - è pensare che possa capitare a tutti. Fatti di questo genere invece sono molto rari e accadono dove c’è una sottovalutazione di alcuni segnali che una persona può mostrare, rispetto ad un disagio molto forte che sta provando. Un malessere che non fa che crescere se ci sono fattori di stress esterni attivando meccanismi psicotici che portano a compiere gesti assurdi e drammatici».

Cosa ne pensa di questo caso e della frase pronunciata dalla donna prima di lasciar cadere il bambino?

«Non conosco la persona, però dalle frasi che ha detto sembra proprio che ci sia qualcosa di pregresso che ha proiettato sul bambino, tant’è vero che lei dice: “Tommaso ora è libero” ma in realtà è lei che si sente libera dagli aspetti patologici, di fantasie che ha formulato. La donna secondo me era cosciente di quello che stava facendo, perché ha lasciato cadere il bambino nel vuoto pronunciando quella frase, non lo ha buttato di sotto con uno scatto come fa chi è in preda ad un raptus. È come se avesse riversato il suo profondo malessere sul bimbo con cui stava 8 ore al giorno. In più leggo che da gennaio aveva perso il suo lavoro in un’azienda, era laureata in Economia, forse la frustrazione di non avere trovato un lavoro che ritenesse più attinente alla sua esperienza, può sicuramente aver inciso sul suo stato psicologico».

La difesa dice che la donna era in catalessi quando ha fatto cadere il bambino. È possibile?

«In catalessi? Lo escludo. Era probabilmente in uno stato allucinatorio psicotico, quasi schizofrenico ma è chiaro che se c'è stata una frase come quella che viene riportata la signora era cosciente. Aggiungo inoltre che questa donna a mio parere oltre ad essere consapevole di quello che stava facendo, l’ha immaginato più volte. Comunque i periti valuteranno la capacità di intendere e volere al momento dell’atto».

Secondo lei era possibile capire per chi le stava attorno che questa donna avesse dei problemi così gravi?

«Magari c’erano una serie di stranezze che nessuno ha notato o ha semplicemente minimizzato. A volte capita che in certi contesti famigliari non si è prontissimi a reagire a segni di anormalità, maniacali o compulsivi perché per molti sono scomodi. Quando invece sarebbe importante non ignorarli perché sono richieste di aiuto; ma spesso si minimizza troppo e non c’è un ascolto reale, anzi si tende a girarsi dall’altra parte. Capita anche che queste persone non si sentano ascoltate e non riescano a dirlo direttamente perché non hanno le risorse mentali necessarie per farlo, così compiono gesti assurdi comunicando così il loro profondo disagio. È difficile riuscire ad entrare nella psicologia delle persone che ci sono accanto ma quello che consiglio è di non ignorare anche i più piccoli segnali e di rivolgersi ad un medico sempre».

I più letti

avatar-icon

Linda Di Benedetto