Joe Biden si recherà in Medio Oriente domani. Il presidente americano visiterà innanzitutto Israele, per incontrare Benjamin Netanyahu. Successivamente si sposterà ad Amman, in Giordania, dove avrà un faccia a faccia con re Abd Allah II, il presidente egiziano Abdel Fattah al-Sisi e il presidente dell’Anp Mahmoud Abbas. “Sarà un viaggio veloce nel corso di un solo giorno ma arriva in un momento molto critico e c’è moltissimo all’ordine del giorno”, ha dichiarato il portavoce del Consiglio per la sicurezza nazionale americano, John Kirby. Riferendosi alla situazione nella Striscia di Gaza, Kirby ha anche detto che Biden “chiarirà che vogliamo continuare a lavorare con tutti i nostri partner nella regione, compreso Israele, per ottenere assistenza umanitaria e ancora una volta per fornire un passaggio sicuro affinché i civili possano uscire”.
Si tratta di un viaggio molto delicato per l’inquilino della Casa Bianca. Il presidente americano punta innanzitutto a ribadire il sostegno di Washington allo Stato ebraico in seguito al brutale attacco perpetrato da Hamas lo scorso 7 ottobre. Tuttavia, Biden sta cercando anche di convincere il premier israeliano ad adottare una reazione “proporzionata”: nelle scorse ore ha non a caso definito un “grande errore” l’eventuale occupazione militare di Gaza, esortando Israele a concentrarsi esclusivamente sul contrasto ad Hamas. E’ quindi assai probabile che, nel suo imminente faccia a faccia con Netanyahu, Biden cercherà di spingere in questa direzione. E’ anche in quest’ottica che vanno probabilmente letti i suoi incontri in programma con Abd Allah e al-Sisi: il presidente americano spera di evitare un allargamento del conflitto e sta quindi cercando di salvaguardare i rapporti tra Israele e una parte del mondo arabo.
Il problema è che, con questo viaggio, Biden va incontro ad alcune difficoltà. Innanzitutto, l’attuale presidente americano ha perso notevolmente influenza sul Medio Oriente nel corso di questi anni: nell’area è invece cresciuto il peso politico di Russia e Cina. In secondo luogo, si pone il nodo iraniano. Nelle scorse ore, Teheran ha pronunciato parole molto minacciose nei confronti di Israele e non ha affatto escluso un allargamento del conflitto. Se vuole che la visita di domani sia efficace, Biden deve quindi prendere di petto la questione iraniana, senza far finta di nulla. L’inquilino della Casa Bianca dovrebbe, in altre parole, ripristinare la politica trumpiana della “massima pressione” sul regime khomeinista: in questo modo, indebolirebbe gli ayatollah e, conseguentemente, i gruppi paramilitari che essi storicamente spalleggiano, da Hamas a Hezbollah. Solo così Biden può inviare un segnale forte e conseguire alcuni obiettivi significativi: aiutare Israele a ripristinare la deterrenza, spingendolo contemporaneamente a una reazione proporzionata, e fornire ai Paesi arabi un senso di maggiore protezione rispetto alle mire iraniane. E’ da questi fattori che passerà il successo o l’insuccesso dell’imminente viaggio mediorientale di Biden.
