Sono bastati 5 giorni per farci capire bene come stanno le cose. 5 giorni, anzi, 5 tappe che hanno regalato agli appassionati di ciclismo (e magari a coloro che lo sono diventati semplicemente guardando quanto successo in questa settimana) emozioni, ed il livello agonistico sportivo lontano anni luce da quanto tristemente viene offerto da noi al Giro d’Italia.
Il Tour de France è un altro mondo. E questo tour forse ancor più dei precedenti. Soprattutto un altro mondo rispetto alla corsa a tappe che si snoda sulle nostre strade.
Certo, già alla vigilia, soltanto leggendo la lista dei partecipanti (tra cui, tristemente solo 7 italiani, con ruoli di secondo piano) era chiara la differenza: un conto è avere al nastro di partenza Tadej Pogacar e Jonas Vingegaard, un altro è avere Primo Roglic (seconda scelta della super squadra Jumbo Visma rispetto a Vingegaard per le corse a tappe) e Geraint Thomas, ottimo corridore ormai lontano parente di quello che vinse proprio a Parigi in maglia gialla 5 anni fa.
I grandi campioni quindi hanno già una loro classifica personale delle tre principali corse a tappe dell’anno. Il Tour sopra tutto, poi la Vuelta Espana ed il Giro, quasi solo stesso piano. Quasi…
Da questo punto di vista gli organizzatori nostrani possono farci poco. Inutile anche provare a coprire d’oro questo o quel fenomeno del ciclismo; il fascino del Tour su certi fuoriclasse non ha prezzo.
C’è però un’altra lezione che arriva in questi giorni dalle strade francesi.
Il percorso conta, parecchio, ma noi facciamo finta di non capirlo. Siamo ormai troppo abituati in Italia alla seguente divisione delle 3 settimane. Si parte con una cronometro (nella poco nascosta speranza di regalare la maglia Rosa a Filippo Ganna, l’unico grande corridore che abbiamo oggi e che proprio nella corsa contro il tempo è stato per anni imbattibile), si prosegue con delle tappe per velocisti o con qualche «strappo» nel finale per corridori da corse di un giorno con i big a riposare a centro gruppo. C’è poi una tappa di salita, spesso unica salita e si va avanti così fino all’ultima settimana dove ci si gioca tutto tra Alpi e Dolomiti. E, anche qui. Persino nel tapponi di montagna si lascia partire una grande fuga che spesso arriva al traguardo mentre chi si contende la maglia rosa si sfida solo negli ultimi 3 km…
A Parigi invece hanno un’altra idea. Fin dalla prima tappa i due grandi favorite se le sono date si santa ragione e nella tappa di ieri, la quinta, eccoti un percorso con una salita durissima seguita da altre montagne che hanno fatto la differenza e regalato una classifica importante e significativa.
Certo, le corse alla fine le fanno i corridori. Ma se non gli offriamo nemmeno il terreno per farci emozionare, beh, abbiamo perso in partenza continuando a guardare i francesi con molta invidia.
