Quarant’anni fa scriveva la storia più bella della sua carriera da ciclista, con un colpo di mano nell’ultimo chilometro della tappa numero 7 del Tour de France, da Nantes a Ile d’Oléron. Ricordo indelebile nella mente e nel cuore degli appassionati italiani di ciclismo e di Riccardo Magrini, che oggi è la voce che il giro di Francia lo racconta per Eurosport e, dunque, è l’osservatore giusto per cercare di fare le carte alla corsa più importante della stagione. Quella che regala gloria eterna a chi la fa sua e tiene incollati milioni di tifosi agli schermi di tutto il mondo.
Una maratona lunga 3.408 chilometri e 900 metri, 21 tappe, tre settimane di adrenalina pura. Pochi italiani in partenza (solo 7, quasi record storico negativo) e ancor meno favoriti nel senso che i pronostici della vigilia dicono che sarà la riedizione del duello tra Jonas Vingegaard, il trionfatore del 2022, e Tadej Pogacar che sul podio all’Arc de Triomphe l’anno scorso si è dovuto accontentare del secondo posto. Gli altri? Contorno. Forse. Perché il Tour de France ci ha abituati storicamente a vivere di colpi di scena.
Riccardo, narrare il Tour de France – non solo correrlo – rimane un’emozione unica?
“Non c’è dubbio e in particolare per me in questa edizione, visto che festeggerò il quarantennale della vittoria a Ile d’Oléron. Il Tour è il Tour e non so nemmeno spiegare perché, è sempre stato così. Ha una forza mediatica fuori discussione, io ho vinto anche una tappa al Giro d’Italia ma tutti si ricordano solo quella in Francia”.
Che Tour ci aspetta? Si iscrive al partito di chi dice che sarà un duello tra Vingegaard e Pogacar?
“Me lo auguro perché ci hanno fatto molto divertire l’anno scorso, uno dei più bei Tour degli ultimi dieci anni anche se per noi italiani rimane epico quello del 1998. Ci hanno fatto godere e spero si ripetano anche se il ciclismo non è matematica, loro però hanno caratteristiche sopra la media e finiscono col far sembrare tutti gli altri quasi di un livello inferiore anche se non è cos”.
A quali miti del passato si possono accostare?
“Domanda impegnativa. Hanno qualcosa di unico entrambi, se proprio devo cercare nella memoria dico che Vingegaard ricorda Anquetil ma non dal punto di vista tecnico, è una questione di fisiologia col suo viso fine. Pogacar per me è il nuovo Merckx, con le dovute differenze: è uno che vince all’inizio della stagione, vince le corse in linea e quelle a tappe. E’ un cannibale e quindi lo accosto al Cannibale per antonomasia, con le dovute proporzioni perché il belga era un fenomeno assoluto. Tadej ha le potenzialità per arrivarci, considerando età e qualità”.
Un peccato che non lo sia visto al Giro d’Italia. Dovrebbe farlo?
“Sì, anche perché lui è curioso e ha mentalità e ambizione particolari. Non è arrogante, però gli piace esplorare. Faccio un esempio: quest’anno non ha corso le Strade Bianche che gli si addicevano molto perché voleva provare e vincere la Parigi-Nizza che non aveva mai fatto. E l’ha vinta”.
Fa bene al ciclismo che ci sia una concentrazione simile di talento in pochi corridori?
“E’ ciclico, già accaduto nel passato. Pensa a Indurain e al suo periodo. Noi oggi abbiamo la fortuna di avere sei o sette ciclisti che entusiasmano, sarebbe bello averli tutti insieme in lotta per la stessa vittoria. Al Tour li abbiamo. Parto da meno forte, si fa per dire, che è Alaphilippe a sua volta corridore attaccante straordinario. Poi Van Aert e Van der Poel, Pogacar, Vingegaard, manca Evenepoel e manca Roglic”.
Peccato che non ci sia un italiano dentro questo mazzo
“Vero, ma sono molto fiducioso per Giulio Ciccone. E’ stato sfortunato a non poter prendere parte al Giro d’Italia a causa del Covid, ma quando ha vinto lo ha fatto sempre imponendosi su corridori veri”.
Solo sette italiani alla partenza è un segnale allarmante?
“Nel 1983 eravamo in sei”.
E’ come riportare indietro le lancette del tempo
“Non c’è neanche una squadra italiana nel World Tour e questo è il motivo. E in più dobbiamo cercare un nostro che sia adatto alle corse a tappe dopo aver esaurito il periodo di Nibali e Aru. Siamo rimasti a secco e ci siamo accorti che con non è facile avere atleti con queste caratteristiche, come dimostra anche il Tour che va ad iniziare e che possono conquistare quei due che abbiamo indicato e poco più”.
Chi può essere il terzo incomodo?
“Penso a Carapaz che è uno scalatore e che è capace di approfittare delle occasioni che si presentano. E’ già capitato, potrebbe succedere ancora anche se la vedo difficile perché Vingegaard ha dalla sua una squadra che è un’autentica corazzata”.
Dove si decide questo Tour de France?
“Il percorso di quest’anno non mi fa impazzire. Ci sono solo 22 chilometri a cronometro che non dovrebbero incidere e quindi le tappe che scriveranno la classifica finale sono un po’ sparse a macchia di leopardo. Se devo indicarne una, dico quella del Ballon d’Alsace perché far caldo, è una salita non durissima ma che non tutti conoscono. E’ la salita e la condizione in cui si può fare la differenza anche se credo che dovranno essere sempre pronti ad affrontare difficoltà distribuite per invogliare i corridori a non tenere tutto solo per l’ultima settimana, come accaduto al Giro d’Italia”.
Obiettivo realistico per gli italiani?
“Vincere due tappe. Una con Ciccone, che può puntare alla maglia a pois, e l’altra con Trentin oppure Bettiol”.
Riccardo Magrini è la spalla tecnica nelle telecronache di ciclismo di Eurosport che trasmetterà in diretta la 110° edizione del Tour de France su Eurosport 1 e in live-streaming senza interruzioni pubblicitarie su discovery+ con il commento di Luca Gregorio. Quest’anno Magrini sarà anche protagonista, oltre che in telecronaca, del dopo-tappa di discovery+ Giro 360° presentato da Giulia Cicchinè e in compagnia dei loro ospiti: Michele Bartoli, Roberto Conti, Sonny Colbrelli, Giacomo Nizzolo, Gianni Bugno, Damiano Caruso, Maurizio Fondriest, Davide Ballerini e Andrea Tafi. Sua anche la lunga intervista realizzata nelle scorse settimane con Maurizio Sarri in cui il tecnico della Lazio ha svelato la sua passione per la bicicletta unendosi a una lunga schiera di allenatore di calcio appassionati di ciclismo.
