Le scelte di Simone Inzaghi per la gara d’andata della semifinale di Coppa Italia non devono sorprendere, anche se si tratta del terzultimo passo verso un possibile titolo ed è un confronto con la Juventus, rivale di sempre. Non deve sorprendere che la trasferta a Torino sia stata derubricata come la meno importante del ciclo fondamentale di aprile, sacrificabile sull’altare di una volata Champions League che, sconfitta dopo sconfitta, si è fatta drammaticamente complicata per l’Inter.
Sintetizzando al massimo, in questo momento per proprietà e dirigenza nerazzurri vale molto di più la partita di venerdì pomeriggio contro la Salernitana, sempre in trasferta, di quella di Coppa Italia con la Juventus. Quei tre punti sono imprescindibili per non allungare la serie nera in campionato (3 sconfitte di fila e 4 nelle ultime 5) e non scivolare fuori dalla zona Champions senza la certezza di rientrarvi più avanti. Anche perché il calendario, che oggi offre sfide sulla carta abbordabili, da fine aprile presenterà il conto con tutti gli scontri diretti rimanenti.
Dunque, Inzaghi non ha molte scelte. E’ chiaro che una brutta sconfitta al cospetto della Juventus rischia di essere l’ennesimo detonatore di una crisi che ormai è nei fatti, ma le priorità societarie sono chiare. Zhang non si può permettere un’Inter fuori dall’Europa che conta (e che sostiene i fatturati) nel 2024, proprio l’anno in cui scade il prestito di Oaktree e il futuro del club arriva al bivio atteso da tempo. Significherebbe dover ridimensionare ma anche, per la proprietà cinese, rischiare di nn trovarsi più nelle condizioni di rilanciare la propria scommessa, seppure chiedendo l’autofinanziamento. Anche perché la Champions League garantisce non meno di 60-70 milioni di euro, non replicabili altrimenti.
Ecco perché Salerno conta più di Torino, con buona pace di storia e albo d’oro. Handanovic, Asslani, Bellanova, D’Ambrosio e tutti gli altri che saranno chiamati nella contesa sono il punto di caduta di questo ragionamento, anche immaginando che sia sufficiente restare in partita in vista del ritorno a fine mese a San Siro. Piace? Ai tifosi forse no, però è inevitabile essendo l’Inter in un aprile che non lascia tempo di respirare e in una crisi che ha minato tutte le certezze, presenti e future. Poi ci sarà Lisbona, che sembra lontana ma dista solo sette giorni: lì sarà un’altra storia, ma è impossibile capire adesso con quale trama e contesto.
