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Europa «combat»

Europa «combat»

I Paesi dell’Unione si preparano a una escalation bellica senza precedenti, aumentando i budget per la Difesa. Una corsa militare che coinvolge anche l’Italia. Ma rischia di indebolire le forze della Nato.


«La guerra in Europa è di nuovo una realtà» recita un documento riservato del Bundeswehr, le forze armate tedesche, che prevede un fosco scenario di scontro fra la Nato e la Russia sul fianco orientale. Secondo le 68 pagine, che dovevano restare segrete, la Germania si prepara ad affrontare una «minaccia esistenziale», ovvero il potenziale conflitto con Mosca. Non a caso il cancelliere tedesco Olaf Scholz, tre giorni dopo l’invasione dell’Ucraina del 24 febbraio, ha deciso di stanziare 100 miliardi di euro per la Difesa, che già aveva un budget di 46 miliardi. L’Europa è impegnata in una accelerazione bellica senza precedenti a cominciare dai polacchi, che vogliono raddoppiare l’esercito. E per questo rievocano comandanti leggendari, come il generale Wladyslaw Anders, sepolto nel cimitero militare polacco di Monte Cassino assieme ai suoi uomini caduti nel 1944 per espugnare l’abbazia. L’Europa si è riscoperta «combat» ancora prima dell’invasione. L’8 dicembre scorso, l’Agenzia di Difesa ha reso noto che già nel 2021 la Ue ha registrato la spesa record di 214 miliardi di euro, un incremento del 6 per cento rispetto al 2020. E il 2022 è stato l’anno del riarmo. Germania, Francia, Danimarca, Romania, Italia, Svezia, Austria, Polonia e Paesi Bassi hanno annunciato a chiare lettere aumenti del budget della Difesa.

«La storia alle spalle di polacchi, baltici e altri Stati dell’Est nei confronti dei russi è pesante. Nessuno li frenerà in questa escalation, ma non si tratta solo di corsa agli armamenti» spiega l’ex generale Fabio Mini, che ha appena dato alle stampe il libro L’Europa in guerra. «Il punto cruciale è che continuando a fornire armi all’Ucraina attingiamo agli arsenali nazionali diminuendo la deterrenza della Nato» osserva Mini. «Perquanto riguarda carri armati e sistemi d’arma complessi, come le batterie missilistiche anti-aeree, ci vogliono anni per tornare a regime». Il 23 dicembre il presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha annunciato davanti agli ambasciatori italiani la necessità di «rafforzare gli investimenti sulla sicurezza». Giovanni Martinelli, esperto del bilancio della Difesa, conferma che «sul 2023 c’è un aumento sensibile di 1.460 milioni di euro. Va detto, però, che dal 2019 si registra un trend costante con aumenti medi di oltre un miliardo all’anno». Il bilancio per la funzione Difesa è di 19,5 miliardi, ma il traguardo del 2 per cento del Pil chiesto dalla Nato, ben prima dell’invasione dell’Ucraina, è lontano.

«Al momento potremmo raggiungere questa soglia nel 2028» pronostica Martinelli. La Difesa ha in corso decine di programmi di ammodernamento e rinnovamento di mezzi e sistemi d’arma. Il più importante e sofisticato rimane quello dei caccia bombardieri F 35. Altri partono già obsoleti, come l’ammodernamento del carro armato Ariete. L’Italia possiede 150 tank, ma poche decine operativi. Il programma per gli Ariete costerà 980 milioni di euro, ripartito su 12 anni. Nel frattempo decollerà il carro armato europeo Mgcs (Main ground combat system) destinato a sostituire entro il 2035 i Leclerc francesi e i Leopard 2 tedeschi. Al consorzio franco-tedesco potrebbe partecipare l’Italia. Il nostro Paese punta pure sull’accordo con Gran Bretagna e Giappone per i caccia Tempest di sesta generazione.

Il dato significativo del bilancio della Difesa è che gli aumenti sono concentrati negli investimenti. Circa 8 miliardi, l’85 per cento in più negli ultimi 4 anni. «È molto importante il potenziamento dei sistemi di difesa aerea» sottolinea Martinelli. Soprattutto in vista della consegna all’Ucraina di una batteria anti-missile. «Abbiamo cinque batterie Samp/T in dotazione all’esercito, se ne prevedono altre cinque per l’Aeronautica e il completamento di quella usata per l’addestramento. In tutto sono 11 per tre miliardi di euro». Il 25 gennaio scorso il ministro della Difesa, Guido Crosetto, davanti alle commissioni riunite di Camera e Senato confermava che «l’aiuto dato in questi mesi all’Ucraina ci impone di ripristinare le scorte». L’Italia vorrebbe tenere fuori dal patto di stabilità le spese militari. Nel frattempo Leonardo, colosso dell’industria della Difesa nazionale, è oggi il primo produttore nella Ue, al 12esimo posto nella classifica mondiale con vendite record di 14 miliardi di euro nel 2021.

La Polonia si sta trasformando nella nuova Prussia d’Europa. Il governo di Varsavia vuole portare la spesa per la Difesa al 4 per cento del Pil raddoppiando le forze armate da 150 mila a 300 mila uomini. I polacchi hanno ordinato 546 tank di ultima generazione tra M1 Abrams americani e K2 Black Panther sud coreani, 200 cannoni semoventi e 500 lanciarazzi multipli. Oltre a 48 intercettori F 16, l’aviazione sta ricevendo 32 caccia F 35, e sono stati ordinati altri 48 aerei d’attacco FA-50 coreani. Varsavia ha comprato anche il sistema anti-missile americano Patriot e i lanciarazzi a guida satellitare Himars, risultati micidiali contro i russi in Ucraina. Entro la fine del decennio si vuole mettere in linea 1.500 carri armati trasformando la Polonia in potenza militare. L’investimento in sistemi bellici nel 2023 dovrebbe sfiorare i 32 miliardi di euro.

«I polacchi temono che se l’Ucraina fosse sconfitta i russi punteranno dritti su di loro» riflette Vincenzo Camporini, ex capo di stato maggiore della Difesa. «E si fidano fino a un certo punto di un intervento della Nato». La Germania si propone come «corazzata» d’Europa dopo l’annuncio dei 100 miliardi di euro in più per la Difesa: 41 dovrebbero andare alle forze aeree per comprare gli elicotteri Chinook CH-47F, gli F 35 e i caccia Eurofighter Typhoon. La Marina deve ammodernare sommergibili e navi da guerra. Altri 17 miliardi vanno all’esercito. Camporini è scettico: «I 100 miliardi annunciati saranno meno e poi i tedeschi hanno un’idea chiara di cosa fare? L’efficienza della linea Eurofighter, per esempio, è la metà di quella italiana».

Più concreto il programma di riarmo francese che prevede 400 miliardi di euro in sette anni. Romania e Paesi baltici puntano ad accrescere la spesa per la Difesa al 2,5 per cento del Pil. Bucarest ha approvato l’acquisto di 32 F16 di seconda mano dalla Norvegia per 454 milioni di euro. Il capo di stato maggiore della Repubblica ceca, generale Karel Rehka, ha dichiarato che «il più grande riarmo delle nostre forze armate è un’assoluta necessità». La Slovacchia, che confina con l’Ucraina per 100 chilometri, riceverà 15 Leopard 2 dalla Germania e manterrà i vetusti T 72 russi. I vecchi blindati Bmp vengono riammodernati con cannoni e missili anti carro Spike.

Bruxelles ha varato un piano Ue per rimpinguare gli arsenali svuotati con gli invii a Kiev tramite nuovi acquisti, ma fatti presso industrie della Difesa europee. «Comprima il 60 per cento delle capacità militari all’esterno. Dobbiamo ridurre tale dipendenza» ha detto Josep Borrell, responsabile per politica estera e sicurezza della Commissione europea. I problemi non mancano, come i 12 tipi di carri armati della Ue con pezzi per sostituzioni spesso non intercambiabili. E le risorse stanziate per il riarmo sono inadeguate: 500 milioni di euro di due anni.

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