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In questa spazzatura c’è una miniera

In questa spazzatura c’è una miniera

Che fine fa la frazione umida dei nostri rifiuti? Per scoprirlo panorama ha visitato uno degli impianti più avanzati al mondo. La Sesa, Che si trova in Italia.


Manca qualcosa. Dovrebbe esserci e invece non c’è: l’odore. Si passeggia in un posto che tratta migliaia di tonnellate di spazzatura e l’aria che respiriamo è normale, non puzza. Ma non è l’unica sorpresa che ci riserva Sesa, l’azienda partecipata dal comune di Este (Padova), che dal 1995 si occupa della raccolta e della trasformazione dei rifiuti nella zona della Bassa padovana. Perché qui, in uno degli impianti più avanzati d’Italia e d’Europa, si scopre come i nostri rifiuti e in particolare l’umido diventano delle vere e proprie risorse, molto al di là di quanto ci si potrebbe aspettare.

Questo è il regno di Angelo Mandato, imprenditore e socio di minoranza di Sesa. Nato a Mirano (Venezia) 58 anni fa, laureato in Ingegneria gestionale, Mandato viene considerato da alcuni un vero genio del settore. E, in effetti, se oggi la Sesa è un’azienda tecnologicamente avanzata da 120 milioni di ricavi con 550 dipendenti che occupa 60 ettari e serve circa 52 comuni, il merito è suo, l’alfiere della differenziata. Così come si deve alla sua intraprendenza l’espansione delle attività nel Trevigiano e nel Friuli-Venezia Giulia. Per Mandato non conta quanto si è grandi, ma quanto si recupera. E risultati sembrano straordinari, se oggi Sesa viene visitata da tante delegazioni straniere per studiarne il modello, considerato estremamente sofisticato: le ultime due, in queste settimane, dal Canada e dagli Stati Uniti.

La bestia nera di Mandato è la discarica. «Entrai appena 28enne come socio privato di Sesa» racconta. «Era il 1995 e il comune di Este con lungimiranza chiese alla società di realizzare un impianto per il recupero dei rifiuti e di avviare la raccolta differenziata porta a porta. La discarica era diventata un problema e bisognava iniziare a recuperare parte dei rifiuti, smetterla di buttarli là dentro».

Sesa è stata una delle prime società in Italia ad avere un impianto per trattare la frazione umida domestica. Dopo un tentativo bocciato perché si producevano cattivi odori, l’azienda si affidò nel 1998 ad una tecnologia più avanzata, olandese, importata insieme con uno dei migliori tecnici in circolazione in Europa, ancora adesso in forza, Wilbert Smeets. E grazie al nuovo impianto, il primo di questo genere nel Vecchio continente, la raccolta differenziata è decollata in tutto il Veneto. Non solo. L’impianto è cresciuto e sempre più spesso un ruolo si è reso disponibile a tamponare le emergenze che si sono create in altre zone del Paese: «Abbiamo svolto un’azione di mutuo soccorso per altri comuni del Veneto, poi della Lombardia, del Piemonte, della Toscana, del Lazio e della Campania».

La frazione umida di Roma arriva qui, mentre da Salerno camion carichi di rifiuti organici, scarti di cucina insomma, conferiscono in media ogni anno 30-40 mila tonnellate. Nel grande impianto di Este si trattano la frazione secca, la plastica, la carta, la frazione umida. E qui viene il bello: dal 2000 Sesa, ancora una volta pioniera, ha introdotto la digestione anaerobica dell’umido dopo aver acquistato un’azienda specializzata. Con questo tipo di digestione, da un metro cubo di frazione organica dei rifiuti solidi urbani si ricavano 180 metri cubi di biogas. Il biogas è composto per il 60 per cento da metano e per il 40 per cento da CO². Un altro impianto divide poi metano e anidride carbonica, e con il il primo così ottenuto la società produce energia elettrica che in parte serve per gli usi interni e in parte viene immessa nella rete Enel locale, coprendo i consumi di cui usufruiscono circa 80 mila cittadini. Ma il metano viene usato anche per alimentare i mezzi della raccolta dei rifiuti e pure i camion che li trasportano fin dalla Campania.Neppure la CO² va sprecata: Sesa ha costruito un impianto di liquefazione dell’anidride carbonica che viene venduta sul mercato. Non è finita: perché l’impianto di cogenerazione a biogas genera calore, e quindi la società ha progettato e realizzato una rete di teleriscaldamento urbano a servizio dei comuni di Este e Ospedaletto Euganeo. «La sede della società giapponese Komatsu di Este è la più green del gruppo nel mondo grazie al nostro teleriscaldamento» sottolinea Mandato.

Nel frattempo la parte organica dei rifiuti umidi si è trasformata in un materiale solido che diventa compost, cioè il terriccio che compriamo nei vivai, e in una parte liquida. Anche questa viene recuperata e depurata per rinascere sotto forma di acqua potabile: viene usata per il lavaggio delle strade dei comuni e per la pulizia degli impianti dell’azienda. Mandato ha dimostrato, tra i primi in Italia, che la raccolta differenziata può essere più economica di quella tradizionale. Ha creato un impianto modello che riesce a ricavare dalla frazione umida compost, metano, CO², elettricità, calore, perfino acqua potabile. Però non trova ancora in pace. Vorrebbe che nella frazione umida ci fosse meno plastica, che sfortunatamente continua a finirci, e si batte perché si diffonda sempre di più la bioplastica, che il suo impianto è in grado di digerire senza problemi, e che renderebbe redditizia la lavorazione dell’umido. E guarda alla nuova frontiera: recuperare la frazione legnosa dai resti delle potature, per farla rinascere come pellet, per esempio.

La visita è quasi finita. Ma in fondo alla lunga selva di serbatoi, macchine, tubi, enormi tettoie che costellano l’impianto, c’è un’ulteriore sorpresa: la vista un po’ inaspettata di una serra piena di piantine e di fiori. È in effetti una serra di un ettaro, che produce piante ornamentali ed è gestita da una cooperativa sociale formata da donne e ragazze. È visitata da scolaresche che così vedono e toccano con mano come i loro rifiuti si sono «magicamente» trasformati in terriccio, acqua, riscaldamento, illuminazione elettrica. E fiori. Tornati a casa, saranno più attenti a quello che finisce nei bidoncini della spazzatura.

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