Nella prevenzione del cancro il futuro è nei cosiddetti test Mced che, da un semplice prelievo, permettono di scoprire in modo estremamente precoce la presenza di un tumore e la sua precisa localizzazione nel corpo. Già oggi queste indagini risultano affidabili nel 75 per cento dei casi, e miglioreranno sempre più.
Nella diagnosi dei tumori siamo alla vigilia di una svolta che promette di dimezzare i decessi nei prossimi anni. Questo è il potenziale, unanimemente riconosciuto nel mondo medico-scientifico, dei cosiddetti test Mced, acronimo che sta per Multi-cancer early detection: una classe di esami diagnostici che permettono di capire, con una singola analisi del sangue, se una persona è ammalata. E questo vale per una cinquantina di diversi tipi di tumore. In un test Mced, un campione di sangue prelevato dal paziente viene esaminato per valutare la presenza di frammenti di Dna (CtDna) o proteine provenienti da cellule tumorali. Da queste informazioni, i medici possono concludere se il paziente ha una neoplasia, in caso affermativo, anche dedurne la localizzazione. Esami più specifici dovranno poi confermare la diagnosi.
Negli Stati Uniti decine di compagnie farmaceutiche stanno sviluppando test Mced. Questi ultimi non hanno ancora l’approvazione della Fda, l’Agenzia del farmaco statunitense ì(Food and Drug Administration), ma fanno parte di una lista di test inclusi nella regolamentazione del Clinical Laboratory Improvement Act; dunque possono essere usati se prescritti da un dottore. Dei vari Mced ce n’è uno, chiamato test Galleri, già pronto, acquistabile negli Stati Uniti, se prescritto, al prezzo di 949 dollari, sebbene sia ancora allo studio per miglioramenti. Comprenderne l’efficacia e il funzionamento dà la misura delle sue potenzialità. In uno studio denominato Simplify e volto ad assicurarne l’uso nel Sistema nazionale sanitario inglese (Nhs), il test Galleri ha correttamente rivelato, su un campione di cinquemila volontari, la presenza di un tumore in due su tre casi sospetti. Nell’85 per cento dei risultati positivi, l’analisi rivelava anche il punto preciso del tumore permettendo una diagnosi precoce.
Una parte delle persone reclutate nell’indagine, a un certo punto della loro vita manifestava sintomi come perdita di peso, dolori o stanchezza. In questi casi, di norma sarebbero stati necessari complessi esami diagnostici per arrivare a una diagnosi. Invece il Galleri indicava subito, con un singolo prelievo di sangue, la presenza e la localizzazione della malattia. Successive Tac e biopsie permettevano di acquisire maggiori informazioni utili per la cura. L’efficienza del test risultava del 75 per cento: significa che di tutti quelli risultati positivi al test, il 75 per cento vedeva confermata la presenza del tumore con successivi esami più specifici. Solo il 2,5 per cento di quelli negativi all’esame risultava invece avere un tumore dopo esami più accurati.
Qualcuno potrebbe notare che il test Galleri non è sufficientemente accurato nelle sue predizioni sull’effettiva presenza di un tumore per l’incidenza di tanti falsi positivi. Tuttavia bisogna notare, oltre al fatto che il test è ancora suscettibile di miglioramenti, che indicare nell’85 per cento dei casi dove si trova un tumore significa suggerire al medico quale specifico esame effettuare subito. Insomma, nel complesso il test permette una rapida diagnosi e consente azioni tempestive. «Io condivido tutto l’ottimismo per i test Mced dal punto di vista delle loro enormi potenzialità nelle diagnosi di tumo-re» dice Giancarlo Pruneri, professore al Dipartimento di Oncologia ed Ematologia all’università di Milano e direttore del Dipartimento di Diagnostica Avanzata dell’Istituto Nazionale Tumori (IRCCS). «Ma affinché possano davvero aiutare i pazienti, e raggiungere un’ampia fascia della popolazione, senza essere di aiuto solo a un’élite, bisogna integrarli nel Sistema sanitario nazionale attraverso regole e procedure ben precise, che vanno discusse e messe a punto. Mi spiego: non è questione di costi, dal momento che quelli di un accertamento Mced sono equiparabili a una Tac. Questi test devono però essere usati all’interno di protocolli di sperimentazione e di cura su pazienti selezionati dagli esperti, anche e soprattutto per integrare le tecniche diagnostiche e di screening già esistenti. In altri termini, il loro utilizzo non dovrebbe essere lasciato alla discrezione di chiunque abbia disponibilità economiche, ma può completare e migliorare le attività di diagnostica precoce già presenti o in via di sperimentazione, quali la mammografia».
La ricerca di analisi non invasive basate sul sangue (biopsie liquide) per la diagnosi contemporanea di molteplici tumori, effettuabili da parte della popolazione generale in buona salute, ha avuto inizio una ventina di anni fa con diversi lavori del John Hopkins Kimmel Cancer Center negli Stati Uniti. Tali studi hanno segnato il loro primo importante risultato nel 2020 con il cosiddetto CancerSeek test, una sorta di test padre di tutti gli altri Mced che valutava simultaneamente la presenza di proteine e mutazioni genetiche di otto tipi di neoplasie. I ricercatori avevano concentrato la loro attenzione sui tumori a ovaie, fegato, stomaco, pancreas, esofago, colon retto, polmone e mammella per coprire la massima percentuale possibile delle morti da cancro e anche per sopperire alla mancanza di test per queste specifiche malattie. Una vasta mole di studi che ha costituito la base per le ricerche successive, con un raffinamento di questi strumenti, una percentuale minore di falsi positivi, una maggiore sensibilità e un numero quintuplicato di tipi di tumore potenzialmente diagnosticabili. In futuro queste ricerche si intensificheranno sempre più, anche perché gli Stati Uniti hanno lanciato un vasto programma di sperimentazione, chiamato Cancer Moon-shot, gestito dall’Istituto nazionale dei tumori statunitense.
Come ha sottolineato lo stesso presidente statunitense Joe Biden in un discorso ufficiale, l’obiettivo è dimezzare le morti per tumore nei prossimi 25 anni. In particolare, test Mced di diverse compagnie verranno valutati per quattro anni, a partire dal 2024, su 24 mila pazienti per poi decuplicare il campione. A quel punto sarà possibile immaginare un’approvazione della Fda e la loro entrata massiccia nel mercato. «Mi aspetto che questi esami saranno presto disponibili in Italia, e direi che dovremmo cominciare a discutere le regole del loro utilizzo nel Sistema sanitario nazionale» conclude Pruneri. «Aggiungo che diverse varianti dei Mced sono attualmente allo studio, con un numero totale di pazienti sottoposti a sperimentazione che supera le 335 mila unità. All’Istituto Tumori di Milano abbiamo un esame in grado di identificare, nel sangue dei malati oncologici, le lesioni molecolari di oltre 500 geni, allo scopo di calibrare con precisione la terapia personalizzata». I test Mced non rimpiazzeranno del tutto mammografie, Pap test, HPV test, Tac e altre indagini. Ma rappresenteranno un esame cruciale per i tumori di cui non possediamo altri accertamenti diagnostichi, e saranno un fondamentale aiuto in tutti gli altri casi.