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Attrazioni marziane

Attrazioni marziane

Il Pianeta rosso è, da sempre, il regno dell’utopia. E l’invio, quest’estate, di una serie di sonde di vari Paesi per esplorarlo, riflette sì un obiettivo scientifico. Ma, ancora di più, lo slancio per trovare un nuovo universo dove ricominciare a vivere.


Trenta giorni, nella migliore delle ipotesi. Tanto dura la cosiddetta «finestra di lancio», cioè il lasso di tempo utile per inviare un mezzo spaziale verso Marte, approfittando della vicinanza del pianeta alla Terra. Il viaggio dura mediamente tra gli 8 e i 9 mesi, e se si perde l’occasione giusta si rischia di renderlo molto più lungo e, di conseguenza, estremamente più oneroso. La «finestra», quest’anno, si è aperta all’inizio di luglio, e i nuovi conquistatori dello spazio si sono fatti trovare pronti.

Quasi tutti almeno. La missione ExoMars 2020 dell’Unione europea è stata rimandata al 2022: l’ennesimo effetto negativo del Covid-19. All’inizio del mese, comunque, altre tre sonde erano pronte al decollo: una cinese, una americana e una degli Emirati Arabi. L’idea era quella di farle partire ora in modo che giungessero a destinazione tra la primavera e l’inizio dell’estate del 2021. Di nuovo, non tutto è andato come previsto, però. La sonda araba, chiamata Hope Mars, avrebbe dovuto essere lanciata il 14 luglio dal centro spaziale Tanegashima, in Giappone, ma a causa delle avverse condizioni meteo tutto è stato rinviato.

Gli Emirati ci tengono parecchio alla spedizione, che loro chiamano Al Amal (Speranza, appunto). A capo del progetto c’è una donna, Sarah Al-Amiri, a cui gli sceicchi hanno affidato un compito parecchio importante: studiare l’atmosfera del Pianeta rosso e capire se possa fornire qualche indicazione su come costruire un mondo senza petrolio.

Quando si parla di Marte, tuttavia, le motivazioni scientifiche sono senz’altro rilevanti, ma probabilmente secondarie rispetto ad altre. La prima Space age si aprì nel 1957, quando l’Urss lanciò lo Sputnik-1. La New space, invece, è nata a metà del primo decennio degli anni 2000, e i suoi protagonisti sono molto diversi rispetto al passato. Non più Stati che combattono una guerra a varie sfumature di freddo, ma privati che – pur collaborando con i governi – si sfidano sul terreno di un improbabile «capitalismo spaziale».

Come spiega Daniele Porretta in un bel libro intitolato L’altra Terra (Luiss), «fra i tanti imprenditori coinvolti spiccano tre nomi: Elon Musk, fondatore di SpaceX, Jeff Bezos, a capo di Blue Origin e Richard Branson, proprietario della Virgin Galactic, specializzata nel turismo spaziale». Approfittando delle innovazioni che hanno abbassato i costi dei viaggi, e delle aperture ai privati (fatte soprattutto da Barack Obama) i milionari sembrano cercare una seconda Terra su cui dare vita alle loro utopie tecnologiche. Ed è proprio questo il punto. Marte, come sostiene Porretta, ha sempre concretizzato «un desiderio di fuga dal pianeta Terra […], una realtà che sembra definitivamente diretta verso la distruzione e l’apocalisse».

Più di tutti gli altri pianeti, Marte è sempre stato il regno dell’utopia, il mondo altro in cui edificare un nuovo mondo e una nuova società. Giovanni Virginio Schiaparelli – l’astronomo italiano che nel 1877, approfittando della «opposizione» (la vicinanza fra la Terra e Marte che si trovavano allineati sullo stesso lato rispetto al Sole), osservò il Pianeta rosso e contribuì a crearne il mito – non a caso nei suoi scritti amava citare i grandi protagonisti del Rinascimento e Giordano Bruno: i primi utopisti e il celebre «mago» che immaginava «infiniti mondi» oltre il nostro.

Questo per dire che i sogni di esplorazione e conquista del Pianeta rosso sono sempre stati alimentati, fin dal diciannovesimo secolo, da passioni sotterranee, esoteriche, e non soltanto dalla brama di conoscenza. Per capire che cosa – oltre al desiderio di fare soldi – muova oggi i Musk e i Branson dobbiamo tornare indietro, alle radici magiche della fascinazione spaziale.

A tal proposito val la pena di fare un salto in Russia, all’inizio del Novecento, nel periodo tumultuoso in cui si gettavano le basi per l’esplosione della rivoluzione del 1917. A partire dal regno di Pietro il Grande, i movimenti esoterici ebbero un’incredibile fioritura. Fu in quel periodo che nacque il cosmismo. Secondo lo studioso Michael Hagemeister, «il cosmismo ritiene che il mondo si trovi in una fase di transizione da biosfera (sfera della materia vivente) a noosfera (sfera della ragione)». Durante tale transizione, la specie umana dovrebbe unificarsi in un «unico organismo che possa condurre a una più elevata coscienza planetaria, capace di guidare, razionalmente ed eticamente, un ulteriore sviluppo». A partire dal fondatore riconosciuto del movimento, il bibliotecario Nikolaj Fëdorov (1829-1903), scopo del movimento cosmista è stato vincere la morte, potenziare le capacità dell’uomo e renderlo signore non solo della Terra, ma dell’intero universo.

Nell’ambito di questo movimento con influssi gnostici, dunque, origina l’interesse per lo spazio che darà forza alla cosmonautica sovietica negli anni successivi. Marte, in quanto «Pianeta rosso» è ovviamente al centro dell’interesse dei cosmisti. In particolare di quel personaggio sfaccettato e inquietante che porta il nome di Aleksandr Bogdanov, noto in Italia come autore di fantascienza. L’editore Alcatraz ha stampato il suo Stella rossa, uscito in origine nel 1908, in cui egli immagina – guarda un po’ – il comunismo realizzato su Marte. In realtà, si tratta più di un cosmismo realizzato. Bogdanov fu tra i bolscevichi della prima ora, ideò il Proletkul’t (programma di alfabetizzazione rivoluzionaria) e fondò l’Istituto di trasfusione sanguigna. Era infatti fissato con il sangue: lo considerava la suprema fonte di vita, l’arma per vincere la morte. Però morì a causa di una trasfusione di sangue infetto nel 1928.

Bogdanov era solito glorificare Satana in quanto «dio del proletariato», forse – come ha notato Aleksandr Dugin – scelse Marte per il legame del pianeta con l’angelo Samael, spesso associato proprio a Satana.Egli immaginava una società marziana fatta di individui assolutamente eguali, senza distinzioni di genere, in cui i bambini sono educati dalla collettività. In fondo, le sue fantasticherie non erano molto diverse dalle utopie tecno-anarchiche dei ricconi della Silicon Valley.

In effetti, tra gli esoteristi russi e i nuovi guru digitali un legame c’è. Negli anni Ottanta, vari scienziati e pensatori sovietici furono invitati in California per tenere conferenze al celebre Esalen institute, uno dei templi della controcultura americana, anch’esso imbevuto di esoterismo e utopismo. Fu in quel momento che le idee cosmiste – sopravvissute al crollo dell’Urss – vennero in contatto con i «visionari» californiani statunitensi, tra cui molti di quelli che negli anni a venire avrebbero posto le fondamenta della Silicon Valley.

Entusiasmo scientifico ai limiti del positivismo unito a più sotterranee pulsioni spirituali ed esoteriche: ecco che cosa ha spinto e continua a dare impulso alle spedizioni verso Marte. Elon Musk, come Bodganov, propone di creare una colonia umana sul Pianeta rosso, e proprio come i cosmisti russi teorizza la creazione di una umanità potenziata tramite l’ibridazione con le macchine. Egli sostiene che, entro pochi anni, l’uomo metterà piede sul pianeta rosso, per farlo suo.

I nostri tecnoutopisti, fatto Marte, vorrebbero poi fare anche i marziani, cioè creare un nuovo mondo. Ma se hanno intenzione di costruirlo sulla base di idee come quelle di Musk o dei santoni che l’hanno preceduto, tanto vale restare ben ancorati sulla Terra.

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