Perché Vladimir Putin ha invaso l’Ucraina? Per quale motivo si è infilato in un conflitto nel quale ha perso fino ad oggi più di 200.000 soldati? E per quale oscura motivazione si è attirato gli strali di tutta (a parte qualche eccezione) la comunità internazionale che ha disposto pesanti sanzioni economiche contro la Russia? Perché ha scelto di diventare una sorta di paria invece che restare un temuto attore a livello globale? Da più di un anno gli esperti si dividono sulle reali motivazioni che hanno scatenato l’invasione prima e la guerra poi in Ucraina. Forse le risposte si trovano sottoterra piuttosto che in superfice visto che quello dell’Ucraina, è uno dei più grandi patrimoni energetici e minerari del mondo dove molte delle risorse sono rimaste sottosviluppate e inesplorate durante l’era sovietica e per gran parte dell’era post-sovietica. L’Ucraina potrebbe avere i secondi più grandi depositi di gas naturale in Europa dopo la Russia: 1.100 miliardi di metri cubi di riserve accertate e fino a 5.400 miliardi di metri cubi se si includono i depositi probabili. L’Ucraina ha anche 151 miniere di carbone operative e fino a 41 miliardi di tonnellate di riserve di carbone: tra i più grandi depositi al mondo. L’Ucraina possiede anche circa 8.700 giacimenti censiti di 117 dei 120 minerali industriali più utilizzati. Il valore totale dei giacimenti questi giacimenti come litio, nichel, titanio, ferro, neon, e molti altri, potrebbe raggiungere un valore compreso tra 3.500 e 10.000 miliardi di dollari. Tutte risorse che fanno gola al Cremlino che si è pero’ infilato in una guerra che ormai non puo’ piu’ vincere cosi’ come non potrà sfruttare le risorse naturali ucraine. Il conflitto in corso sta modificando la cartina geografica dell’ex impero sovietico e sta mettendo a dura prova l’intera area e anche la stabilità dei cosidetti “Stan” ovvero il Kazakhstan, il Kirghizistan, il Tajikistan, il Turkmenistan e l’Uzbekistan che provano a non farsi coinvolgere direttamente nella guerra in Ucraina se non altro per paura di vedere i carri armati russi sulla porta di casa. Ma non è semplice perché paesi come il Kazakhstan quando chiesto aiuto alla Russia per sedare le rivolte interne Mosca ha sempre risposto presente non facendosi problemi a sparare sulla folla su come accade il 7 gennaio 2022 ad Almaty ( almeno 30 morti) su ordine del presidente Kassym-Zhomart Tokayev. Il presidente colse l’occasione delle proteste iniziate dopo la decisione del governo di porre gradualmente fine ai sussidi sui prezzi del carburante alla pompa di benzina, circostanza che ha fatto schizzare i prezzi, per regolare i conti con l’ex capo di Stato, Nursultan Nazarbayev81enne “padre della nazione” che ha governato il Kazakistan per 30 anni. Dopo la sua uscita di scena “ufficiale” nel giugno 2019 Nazarbayev manteneva ancora intatte le leve del potere essendo a capo del Consiglio di sicurezza dal quale poi Tokayev lo ha rimosso.
Il potenziale geologico dell’Asia centrale e le riserve accertate di rame, argento, zinco, alluminio / bauxite, minerale di ferro, piombo, stagno, cadmio, selenio, manganese, molibdeno, cromo e titanio possono rendere la regione un importante attore del mercato globale.L’Asia centrale detiene il 38,6% delle riserve mondiali di minerale di manganese, il 30,07% di cromo, il 20% di piombo, il 12,6% di zinco, l’8,7% di titanio, il 5,8% di alluminio, il 5,3% di rame, il 5,3% di cobalto e il 5,2% di molibdeno.
Il ruolo dell’Asia centrale diventerà probabilmente più visibile man mano che la domanda globale di minerali critici continuerà a crescere trainata dalla transizione energetica. Come frequentemente accade la Cina è il più grande investitore e importatore di materiali critici dalla regione. Possiede la maggior parte delle licenze di produzione e operative in Kirghizistan e Tagikistan che è in procinto di aumentare ulteriormente. La dotazione di materiali critici dell’Uzbekistan e la recente apertura agli investimenti stranieri lo rendono a sua volta un attore potenzialmente significativoinsieme al Kazakistan. La Cina intrattiene, non a caso, ottimi rapporti con l’Uzbekistan.
Tuttavia, i paesi dell’Asia centrale e presentano un grande fattore di rischio dovuto all’invecchiamento delle infrastrutture minerarie, basate su eredità infrastrutturali del periodo sovietico, obsolete e con una scarsa produttività.Questo comporta pesanti impatti ambientalisolo marginalmente compensati dai benefici economici dell’attività estrattiva per la comunità locali. Il risultato spesso è la sospensione dei progetti minerari e la perdita degli investimenti realizzati.
Il Kazakistan che è sospettato di fornire la Russia di materiali utili alla guerra attraverso triangolazioni con la Cina, con la Kazatomprom è il primo produttore al mondo di uranio di cui disponedelle maggiori riserve mondiali. É anche il secondo produttore di cromo con riserve stimate in 230 milioni di tonnellate: quasi la metà delle riserve globali stimate in 570 milioni di tonnellate. Il Kazakistan ha la quinta più grande riserva di zinco del mondo e l’ottava più grande riserva di minerali presenti nella lista europea dei minerali critici, ed è uno dei primi 20 paesi in termini di riserve comprovate di rame, cadmio e bauxite. Le riserve di alcuni elementi, come il litio, richiedono ulteriori esplorazioni geologiche in Kazakistan, poiché i dati esistenti sono stati raccolti durante il periodo sovietico e rimangono incompleti.
L’Uzbekistan ha importanti riserve di rame comprovate, nonché depositi di argento, molibdeno, selenio, cadmio e litio adatti per l’estrazione mineraria su larga scala. Mentre Il Tagikistan è uno dei primi 20 paesi in termini di riserve accertate di zinco e ha anche vaste riserve di alluminio, argento, rame, zinco e piombo. Sebbene le risorse minerarie del Kirghizistan siano modeste rispetto a quelle dei suoi vicini, ha ancora un potenziale geologico da moderato ad alto per l’estrazione su larga scala di nove minerali critici per le tecnologie energetiche a basse emissioni di carbonio.
Per quanto attiene ai combustibili fossili il Turkmenistan dispone di almeno 600 milioni di barili di riserve petrolifere accertate e riserve di gas naturale per 7.500 miliardi di metri cubi. Il Kazakistan dispone di riserve provate pari a 30 miliardi di barili petrolio, la seconda più grande dotazione nel continente asiatico dopo la Russia e riserve accertate di gas naturale per 2.400 miliardi di metri cubi. L’Uzbekistan dispone di almeno 594 milioni di barili di riserve petrolifere e riserve di gas naturale per 1.800 miliardi di metri cubi.
Da mesi sono riesplose le tensioni in Kosovo e a dividere serbi ( sostenuti dalla Russia) e i kosovari ci sono ragioni che affondano nella notte dei tempi ma sotto la superficie terrestre si trovano circa 25 miliardi di risorse naturali delle quali si parla poco ma che non sono certo estranee alla rivalità tra i due Paesi con la Russia che osserva molto da vicino quanto accade. Il settore minerario del Kosovo ha un potenziale economico significativo che va oltre le riserve di carbone dei tre bacini, Kosovo, Dukagjini e Drenica, e di piombo e zinco della cosiddetta “fascia metallogenica di Trepça”: una fascia di territorio lunga 80 km e larga 30 km che si estende nella parte nord-orientale del Kosovo da Albanik (Leposavic) a Gllame (Gjilan). Argento, nichel, ferro, bauxite, cromo, cobalto, oro, rame, cadmio, bismuto ed altri minerali industriali sono alcune delle risorse presenti nel sottosuolo del Kosovo. Il 2022 è stato un degli anni più redditizi per le compagnie minerarie del settore del carbone ed il Kosovo ed era ritenuto in grado di diventare nel giro di una generazione il fornitore di energia per l’intera Europa sudorientale, con un settore in grado di occupare circa 35.000 addetti ed una produzione annua di 17 milioni di tonnellate. Il settore del piombo e zinco è oggi sottosviluppato se si considera che il distretto minerario di Trepça occupava oltre 22 mila addetti rispetto agli odierni 2.500 con la vicina Europa che dipende dalle importazioni per il suo fabbisogno di piombo e zinco per il 17% e 71% rispettivamente. Anche il settore del nichel con la NewCo Ferronikeli, attualmente il più importante esportatore di metalli in Kosovo, è in grado di produrre 6.800 tonnellate all’anno. In passato sono state condotte numerose prospezioni geologiche ma, ad oggi, non si dispongono di dati certi, per cui, pur essendoci evidenze geologiche che suggeriscono la presenza di potenziali depositi di minerali economicamente redditizi, non si è in grado di determinarne l’effettiva consistenza. Depositi di uranio e torio, sono stati scoperti da campagne di prospezione realizzate durante l’era iugoslava cosi come la presenza di riserve d’oro, fa intuire la potenzialità di depositi di rame. E’ stata rilevata la presenza di terre rare ma al livello attuale delle conoscenze è impossibile fare una stima. Significativi depositi di magnesite, sono presenti nella zona montuosa di Golesh dove si stima una risorsa di 4,1 milioni di tonnellate che, con un mercato europeo che produce meno dell’1% del magnesio che utilizza, assume crescente importanza. Secondo stime conservative dell’Economic Initiative for Kosovo il valore delle risorse naturali si attesta tra i 13,5 e i 25 miliardi di euro. Una stima che va rivalutata poiché risale al 2013, periodo in cui il settore dei metalli era in stato di crisi, mentre oggi la crescente domanda dovuta alla transizione energetica, fa prevedere che i metalli presenti nel sottosuolo del Kosovo come magnesio, rame, cadmio, argento e cobalto diventeranno ancora più preziosi, costosi e ambiti. Se è vero che le guerre del futuro si combatteranno per l’acqua oggi lo sfruttamento delle risorse naturali destabilizza e fa scoppiare guerre ovunque con la Cina spettatore non certo disinteressato.
