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In quei rifiuti c’è un tesoro che va perduto

In quei rifiuti c’è un tesoro che va perduto

Negli scarti elettronici sono contenute piccole quantità di materie rare come platino e palladio, fondamentali per le industrie del futuro. Ma in Italia non si riescono a recuperare, come spiega in questa intervista il direttore generale del consorzio Erion Weee.


L ’Italia è a rischio approvvigionamento di materie prime critiche, come il platino o il cobalto, che sono essenziali per lo sviluppo di settori ritenuti strategici per l’economia del Paese, come l’aerospaziale, l’automotive o le energie rinnovabili. Secondo una ricerca condotta da The European House Ambrosetti, la produzione industriale italiana dipende per 564 miliardi di euro (pari a circa un terzo del Pil 2021) dall’importazione di materie prime critiche che si trovano fuori dall’Europa. Il colmo è che alcune di queste materie rare sono nelle nostre case, nascoste negli elettrodomestici, negli smartphone, nei computer. Ma questo tesoro indispensabile non possiamo perderlo, come spiega Giorgio Arienti, direttore generale di Erion Weee, il consorzio del sistema multi-consortile Erion WEEE che si occupa della gestione di rifiuti di apparecchiature elettriche ed elettroniche (Raee).

Quando e come nasce il sistema Erion WEEE? E di che cosa si occupa?

Nasce nell’ottobre 2020 su iniziativa di due consorzi pre-esistenti, Ecodom e Remedia, attivi dal 2008 nella raccolta e gestione dei rifiuti elettrici ed elettronici e delle pile e accumulatori. I due consorzi volevano offrire agli associati, cioè i produttori, una gamma di servizi più ampia ed essere più efficienti, gravando di meno in termini di costi sui soci. Quindi si sono fusi, hanno creato Erion che a sua volta si è fatto in cinque, proprio per ampliare la gamma di offerte: il nostro sistema oggi è composto infatti da cinque consorzi che si occupano rispettivamente di rifiuti elettrici ed elettronici domestici; di rifiuti elettrici ed elettronici ad uso professionale, come stampanti o apparecchi elettromedicali; pile e accumulatori esausti; imballaggi; infine un neonato consorzio, dedicato alla gestione di scarti di prodotti del tabacco, per sensibilizzare contro l’abbandono e la dispersione di rifiuti derivati dal fumo e promuoverne il corretto smaltimento.

Che percorso affrontano i rifiuti elettrici ed elettronici?

La prima fase è la raccolta. Il consumatore in Italia ha due strade per liberarsi del vecchio apparecchio e delle pile: può conferirli in un’isola ecologica o un centro di raccolta creato dal proprio comune; oppure può usufruire dei negozi specializzati consegnando qualsiasi tipo di apparecchiatura se ne compra una nuova equivalente, o ancora può conferire un rifiuto elettrico o elettronico senza acquistare nulla purché esso non superi i 25 centimetri di dimensione massima. Nella fase successiva intervengono i consorzi come Erion, che ritirano i rifiuti e devono garantirne il corretto trattamento. Ovvero portare gli apparecchi e le pile in impianti speciali che smembrano e triturano questi oggetti e poi separano i vari materiali recuperati: ferro, alluminio, plastica, rame. C’è infine un’ulteriore fase del processo molto importante che è la rimozione delle sostanze inquinanti, come il gas contenuto nei frigoriferi. Tutto deve avvenire nel modo più sicuro da un punto di vista ambientale.

Insieme ai nostri vecchi apparecchi elettronici buttiamo anche materiali critici: che fine fanno?

Ci sono tre aspetti da considerare: le materie critiche sono tali perché sono difficili da ottenere, si trovano in Paesi con cui abbiamo relazioni complesse o che hanno sistemi di governo non democratici; sono indispensabili per lo sviluppo di alcune industrie, come quella delle energie rinnovabili; infine, per estrarre questi materiali dai rifiuti elettrici ed elettronici occorrono impianti estremamente sofisticati, perché le materie rare sono presenti in quantità infinitesimali. Il problema è che in Italia raccogliamo pochi rifiuti elettronici e quindi non è economicamente conveniente realizzare degli impianti che estraggano le materie critiche dai nostri vecchi pc e telefonini. Una soluzione potrebbe essere sfruttare i fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza destinati all’economia circolare per creare qualche impianto. Ma la cosa fondamentale è raccogliere di più, i cittadini devono imparare a fare una corretta raccolta differenziata e avviare al riciclo i vecchi apparecchi e i telefonini. Altrimenti le schede dei nostri computer finiscono in impianti che stanno all’estero: così noi facciamo la fatica di raccogliere e poi le materie prime critiche vengono utilizzate da qualcun altro.

Che iniziative avete messo in campo per spingere i consumatori a conferire più rifiuti elettronici?

Da una ricerca con Ipsos su campione di cittadini dai 18 ai 75 anni emerge che un italiano su due ancora non conosce il significato della parola Raee e due su tre non sanno come comportarsi in modo corretto nello smaltire i propri rifiuti elettrici ed elettronici. Supplendo a una mancanza delle istituzioni, abbiamo quindi lanciato la campagna di comunicazione «DireFareRaee» che coinvolgerà per tutto il 2023 la carta stampata, ma anche una parallela serie di iniziative, come affissioni e coinvolgimento di altri media, per spiegare ai cittadini come poter conferire i propri Raee e garantirne così il riciclo. Non possiamo aspettare oltre, il pianeta non può.

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