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‘I have a dream…’

‘I have a dream…’

Poteva andare diversamente questa campagna elettorale. E sarebbe stato meglio. – lo speciale Elezioni 2013 –

Ho fatto un sogno. Ve lo racconto. Tra poche ore, pochi giorni, andremo (quasi) tutti a votare. Finalmente ci butteremo alle spalle quello straccio di Seconda Repubblica che speravamo migliore e non lo è stata.

I candidati leader per la prima volta saranno giovani, nulla da invidiare all’anagrafe dei governanti di Stati Uniti e Gran Bretagna. Uno dei più quotati, per dire, è un 37enne che ha riformato la sinistra. Ha vinto le primarie di un Partito democratico che può ora andare orgoglioso del suo nome, un partito liberal e cioè una “sinistra” moderna, più avanzata di quella francese guidata da una gauche demagogica. C’è dunque Matteo Renzi, il sindaco di Firenze, che ha imposto un linguaggio politico nuovo, scanzonato, lontanissimo dai marchi tradizionali (destra, sinistra, centro) che provocano l’orticaria ai giovani come al ceto medio. Archiviata, vivaddio, la fase emergenziale dell’esecutivo tecnico, con le elezioni gli italiani possono ormai guardare al futuro dei figli e alla rinascita del Paese.

La vecchia sinistra c’è ancora, ma è minoritaria, destinata a scemare ancor di più dentro il nuovo Pd. Bersani si è ritirato, buon ultimo dopo D’Alema e gli altri dinosauri, rosa o celesti, dalla Bindi a Fioroni. C’è una nuova classe dirigente che si prepara a subentrare, ad afferrare il timone della nave, un esercito di volenterosi dotati di entusiasmo, buona volontà e di (autentici) titoli accademici.

Con Renzi candidato, Silvio Berlusconi, che aveva salvato l’Italia dalla deriva comunista negli anni ’90 e l’ha tenuta a galla fino al 2011 a dispetto della crisi ma poi ha ceduto, ha compiuto il definitivo passo indietro e ha lasciato al giovane Alfano le redini di un Pdl rinnovato.

Nelle liste, una minima percentuale di candidati è formata da ex parlamentari (il 20 per cento). La rottamazione soft nel centrodestra è stata anch’essa innescata dalla vittoria di Renzi. La semplificazione del “quadro politico” (per dirla all’antica) ha portato alla scomparsa di tentativi che stavano per generare partitini sotto sigle diverse, da “Fare per fermare il declino” a “Fratelli d’Italia”.

All’estrema sinistra c’è un drappello di ex pm giustizialisti che ha voluto comunque provare a cimentarsi, ma non ha speranze: un misto di comunisti e/o Pm impenitenti che hanno fatto carriera attraverso inchieste politiche e veline mediatiche. Probabile che non riescano neppure a entrare in Parlamento. L’Italia grazie al cielo è bipolare. Udc e Fli si sono uniti in un centrino di scarso appeal che mira esclusivamente alla sopravvivenza dei suoi capi. Poco male. Il presidente del Consiglio uscente, Mario Monti, che qualcuno dava per deciso a formare una propria Lista civica e a voler succedere a se stesso promettendo di fare il contrario di tutto ciò che ha fatto (malissimo) finora, ha valutato che la vittoria di Renzi su Bersani gli avrebbe tolto l’ossigeno elettorale e si è “rassegnato” a imboccare la salita del Quirinale, non quella della politica che fino a ieri detestava. Ma non è detto che gli riesca di arrivare in cima.

Comunque vada, ci saranno una maggioranza, un governo, un’opposizione (costruttiva). Beppe Grillo, che fino alle primarie del Pd era rimasto al palo di un ottimo risultato (ma nessun boom) e ha incalzato dalle piazze i partiti a cambiare musica, non è cresciuto nelle ultime settimane perché la carica innovativa di Renzi ha canalizzato la protesta verso qualcosa di nuovo e di propositivo, a destra come a sinistra.

Senza quasi rendercene conto, siamo entrati nella Terza Repubblica e dopo anni di lotte a suon d’insulti, di contrapposizioni ideologiche e personali che hanno investito i media, i tribunali, le istituzioni, le banche, le grandi aziende e l’università, dopo colpevoli perdite di tempo e mancate riforme, gli italiani possono oggi votare con serenità e guardare avanti con fiducia, con lo spirito di chi ricomincia. Con uomini nuovi.
A quel punto, mi sono svegliato.

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