La recente crisi esplosa tra Washington e Mosca pone nuovamente al centro dell’attenzione Kiev. Del resto, non è un caso che, negli ultimi mesi, si sia registrato un profondo cambio di passo da parte del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky.
Quando entrò in carica nel maggio del 2019, Zelensky era di fatto il candidato filorusso. Pur non essendosi mai schierato apertamente con il Cremlino, era chiaro che, nella campagna elettorale dell’epoca, la figura antirussa fosse quella del suo rivale, l’allora presidente uscente, Petro Poroshenko: quest’ultimo era d’altronde stato il principale protagonista dell’avvicinamento di Kiev a Washington. Zelensky si era invece mostrato più ambiguo sul tema. E la sua vittoria elettorale venne non a caso salutata con favore dall’allora presidente americano, Donald Trump, che vedeva nel nuovo omologo ucraino una pedina fondamentale per il suo tentativo (poi in gran parte fallito) di distensione con Mosca. Tuttavia, con l’arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca, la situazione è profondamente mutata. Il nuovo presidente statunitense è infatti un aspro critico di Vladimir Putin, mentre le tensioni tra Washington e Mosca si stanno sempre più acuendo su vari fronti (si pensi alla crisi politica al momento in corso, al caso Navalny e al dossier Nord Stream 2).
Un cambio di linea, quello della Casa Bianca, che ha spinto quasi subito Zelensky a un riposizionamento politico: un riposizionamento che lo ha portato ad assumere un atteggiamento di maggiore freddezza nei confronti del Cremlino. Basti per esempio pensare che, lo scorso 2 febbraio, il presidente ucraino abbia firmato delle sanzioni che hanno immediatamente bloccato tre emittenti televisive filorusse dall’operare in Ucraina: emittenti che sono state, nel dettaglio, accusate di diffondere “disinformazione”. Una mossa seguita da un tweet dello stesso Zelensky, che recitava: “L’informazione oggi è un’arma potente come carri armati o missili”. Una mossa che, per inciso, ha ottenuto il quasi immediato endorsement dell’ambasciata americana in Ucraina. D’altronde, come riportato dal Financial Times, quelle emittenti sono di proprietà di Taras Kozak, politico filorusso e socio di Viktor Medvedchuk, un oligarca che – secondo Foreign Policy – risulterebbe il punto di riferimento di Putin in Ucraina. Alcuni giorni dopo la chiusura delle emittenti, i beni dello stesso Medvechuk sono stati congelati. Ricordiamo per inciso che, il primo febbraio, il neo segretario di Stato americano, Tony Blinken, avesse avuto una conversazione con il suo omologo ucraino, Dmytro Kuleba.
Ora, secondo vari analisti sarebbe possibile ritenere che queste mosse ucraine siano solo il preludio di una più generale politica di avversione alla Russia. Una politica che Zelensky si sarebbe deciso a perseguire con il chiaro obiettivo di ingraziarsi Biden e scrollarsi di dosso l’immagine di leader fondamentalmente trumpiano. Non sarà del resto un caso che, negli stessi giorni delle sanzioni alle emittenti, il presidente ucraino abbia dichiarato in una intervista che avrebbe voluto chiedere al nuovo inquilino della Casa Bianca di accogliere l’Ucraina nella Nato. “Ho una domanda molto semplice: signor presidente, perché non siamo ancora nella Nato?”, affermò. Uno scenario, questo, che non può non irritare il Cremlino, che da sempre considera l’espansione dell’Alleanza atlantica ad Est come un pericolo per la propria sicurezza nazionale. D’altronde, il cambio di passo si sta verificando anche sul fronte vaccinale. All’inizio di marzo, il ministro della Sanità ucraino, Maxim Stepanov, ha escluso una registrazione del siero russo Sputnik V. “In nessun caso il vaccino russo Sputnik V sarà registrato in Ucraina. Non mi convincerai a farlo con nessun argomento”, ha detto. Ricordiamo che Kiev abbia al momento registrato due vaccini: AstraZeneza prodotto in India e Pfizer. Tutto questo, sebbene a fine gennaio la Reuters avesse riportato che – secondo i media locali – Mosca stesse inviando fiale di vaccino nell’area di Doneck, controllata dai ribelli filorussi.
Il nuovo presidente americano, nel mentre, sa di aver bisogno dell’Ucraina per la sua strategia di contenimento della Russia. Tuttavia è al contempo consapevole dei rischi di una linea troppo marcata, visti gli opachi collegamenti con Kiev tramite suo figlio, Hunter: collegamenti entrati nell’ultima campagna elettorale statunitense (si pensi soprattutto al caso di Burisma Holdings). La sensazione è che quindi, almeno al momento, Biden si stia muovendo in modo relativamente cauto sul fronte ucraino: tanto che, al 13 marzo scorso, il nuovo inquilino della Casa Bianca non aveva ancora avuto alcun colloquio telefonico con Zelensky. Resta comunque assolutamente plausibile che l’Ucraina giocherà un ruolo fondamentale nella strategia antirussa della nuova Casa Bianca. Il che costituirà un dilemma per la Germania che, pur avendo mantenuto una posizione critica verso Mosca per la questione della Crimea, non sembra al momento intenzionata a rinunciare al gasdotto Nord Stream 2: gasdotto a cui Washington e Kiev guardano invece come il fumo negli occhi. Berlino dovrà quindi trovare una complicata quadratura del cerchio. Un segnale, in tal senso, è arrivato dal G7 dei ministri degli Esteri di giovedì scorso, che ha condannato la politica russa in riferimento a Kiev.