I rischi di scalata ad aziende strategiche e le mosse cinesi sulla tecnologia 5G. Parla Raffaele Volpi, presidente del Copasir, che mette in guardia sugli interessi stranieri soprattutto durante l’emergenza Covid-19. E lancia un appello: «È indispensabile una figura che si confronti ogni giorno con l’intelligence».
«L’Italia ha bisogno di un ministro della Sicurezza nazionale. Il mondo è cambiato, le tensioni internazionali sono quotidiane e occorre un’autorità politica che dialoghi a tempo pieno con l’intelligence». Il leghista Raffaele Volpi, 60 anni, presiede il Copasir dopo essere stato sottosegretario alla Difesa nel Conte I. Il Comitato parlamentare, che verifica l’attività dei Servizi, con l’emergenza coronavirus ha accentuato l’attenzione sui settori strategici che fanno gola all’estero. In questa intervista a Panorama, Volpi spiega quali sono i rischi principali e come l’Italia deve difendersi: non solo dalla Cina, ma anche da Stati europei. E che la ricostruzione dopo l’emergenza partirà dalle materie prime.
La pandemia ha posto l’Italia al centro di interessi internazionali. Qual è il rischio principale: gli interessi per le grandi aziende, le campagne di disinformazione, gli attacchi informatici?
«La preoccupazione maggiore, anche da prima dell’emergenza virus, riguarda le aziende strategiche che abbiamo suddiviso in tre settori: l’assicurativo-bancario, le industrie della difesa e quelle dell’energia. Com’è noto, ci sono attenzioni sul gruppo Generali.
Come Comitato non entriamo nelle dinamiche del mercato, ma Generali e altri grandi istituti hanno «in pancia» la maggior parte dei nostri Buoni del Tesoro, il debito sovrano, bisogna garantire che non ci siano eventuali possibilità che le scelte siano eterodirette».
È per questo che avete avviato un altro ciclo di audizioni?
«Nei settori bancario, della difesa e dell’energia ci interessa che non ci siano condizionamenti diversi da quelli che possono essere a vantaggio degli azionisti. Non ci va bene un condizionamento che arrivi dal singolo consigliere di amministrazione: attraverso le audizioni il Copasir vuole capire se ci sono elementi distorsivi non del mercato, ma di come si può agire all’interno dei sistemi delle scelte strategiche».
Lei ha parlato di campagna infodemica di «entità statuali esterne» in danno dell’Unione europea e in particolare di Italia e Spagna. A chi si riferisce?
«L’infodemia presenta diversi aspetti: per esempio l’auto-accreditamento fatto dal Pechino per dimostrare quanto sono bravi. Dietro la Cina, è bene ricordarlo, c’è sempre la questione della tecnologia di comunicazione 5G. Inoltre, non è un caso che alcuni quotidiani europei ci abbiano indicato come gli untori d’Europa. Forse non si erano resi conto che sarebbero diventati anch’essi vittime del virus, ma trasferire flussi turistici dall’Italia verso altre destinazioni significa ragionare di miliardi di euro».
C’è anche una disinformazione russa: EUvsDisinfo, la task force del Servizio europeo per l’azione esterna, dal 22 gennaio al 27 marzo ha censito oltre 150 fake news di fonte russa.
«Qualche volta il Servizio dell’Ue dovrebbe guardare anche dentro l’Unione e non solo fuori. Il quadro è molto più complicato di quanto sembri».
Il Consiglio dei ministri ha ampliato il cosiddetto Golden power, che consente al governo di difendere i settori strategici, anche per operazioni all’interno dell’Unione europea. È la conferma, per esempio, di possibili interessi francesi verso la Borsa italiana?
«È la conferma che bisogna essere preparati a tutto, altrimenti non ci saremmo preoccupati del settore bancario: non c’è dubbio che la maggior parte dei tentativi di scalata delle banche arrivi dall’interno dell’Europa. Ben venga che l’allarme del Copasir sia stato accolto, ma quello che chiamiamo Golden power va messo in pratica».
La parte più importante è sempre quella dei decreti attuativi.
«Certo, gli interessi nazionali non sono più quelli del secolo scorso perché non sono più raccolti nei nostri confini: dalle piattaforme dell’Eni all’azienda che produce tecnologia in Asia. È l’approccio alla difesa dell’interesse nazionale che va cambiato: dal petrolio e dall’acciaio siamo passati ai dati, qualcosa di immateriale che riguarda la sicurezza nazionale. L’ampliamento del Golden power significherà prevenire eventuali problemi, agire come deterrente ed evitare di portare il cervello delle aziende strategiche fuori dall’Italia».
L’emergenza virus sta avendo effetti anche sul prezzo del petrolio, in calo vertiginoso. Può aumentare l’insicurezza se crollano Paesi, come la Libia, che basano la propria economia su questa materia prima?
«Amplierei il ragionamento. Non so come usciremo da questa crisi, ma si tornerà all’importanza essenziale
delle materie prime e quindi il sistema energetico dovrà sostenere un dopoguerra senza le macerie, ma con una ricostruzione economica e sociale da affrontare. Si dovrà tornare a un’economia sociale a dimostrazione che le ideologie del Novecento, dal socialismo reale al liberismo, avevano un assioma sbagliato: partivano non da teorie sociali, ma da teorie economiche tradotte in architetture politiche. Ora dovremo partire dalla politica per arrivare alle architetture economiche».
Resta un aumento del rischio in certe aree già molto instabili.
«Siamo tutti inevitabilmente concentrati sul coronavirus e sulle sue vittime, ma non c’è dubbio che sia indispensabile la stabilizzazione di alcune aree vicine per motivi umanitari e di reti economiche. Non possiamo dimenticare la Libia, ma nemmeno il Corno d’Africa e lo Stretto di Hormuz, uno dei passaggi più importanti del traffico marittimo mondiale».
Da tempo si ragiona sull’opportunità che il presidente del Consiglio Giuseppe Conte ceda la delega all’intelligence che ha tenuto per sé. Qual è la sua opinione?
«Stiamo lavorando con un’ottima legge, la 124 del 2007, che ha riformato l’intelligence, e va ribadito l’eccellente lavoro delle agenzie Aise e Aisi coordinate dal Dis, ma nel frattempo è cambiato il mondo. A quella legge serve una manutenzione: personalmente credo, ma il parere è abbastanza condiviso, che serva un’autorità politica non opzionale che segua la sicurezza nazionale. Il presidente Conte, come aveva fatto per esempio Paolo Gentiloni, ha ritenuto di tenere per sé la delega ai Servizi anziché nominare un sottosegretario. Tra l’altro, la legge prevede che possa essere anche un ministro senza portafoglio. In una realtà così complessa, penso che l’Italia debba dotarsi di un’autorità politica responsabile, un ministro della Sicurezza nazionale. L’evoluzione delle tensioni internazionali è velocissima e il presidente del Consiglio, che per legge è detentore politico dei Servizi segreti, ha tempo tutti i giorni di occuparsi di questi temi? Occorre una persona che quotidianamente si confronti con l’intelligence, a prescindere dal tipo di governo».
Tornando alle false notizie, il 15 marzo su Twitter la portavoce del ministero degli Esteri cinese, Hua Chuniyng, ha postato il video di un flash mob fatto sui balconi di Roma con l’audio sostituito da musica cinese e da un «grazie Cina», ripetuto nel testo in inglese del tweet.
«Una disinformazione ad alto livello governativo. Parlando come atlantista convinto, e credo il mio parere sia condiviso dalla quasi totalità del mondo politico, mi limito a dire che questo è il momento di grandi decisioni. Dobbiamo stabilire quali sono i nostri ancoraggi: occidentali ed euro-atlantici. Non vuol dire non avere rapporti con gli altri Paesi, ma certo, se dobbiamo trovare soluzioni comuni, è meglio farlo tra quelli che hanno i nostri stessi valori».
