Mentre impone ai suoi «sudditi» di guidare auto a emissioni zero e abitare case rigorosamente green, la Ue non ha, nelle sue tre sedi (Bruxelles, Strasburgo, Lussemburgo) nulla di ecologico. E nelle tante – spesso eccessive – spese, i consumi energetici sono da record: 42 milioni di euro.
L’Europa è molto bella, ma non ci vivrei». La battuta dell’ex senatore Antonio Razzi, nella datata imitazione di Crozza, sembra più folgorante che mai. Il Parlamento europeo ha ratificato i più dolorosi sganassoni mai rifilati ai sudditi continentali: tappe serrate per le case green e vendita di sole auto elettriche dal 2035. Sono le ecopatrimoniali. Costringeranno ogni cittadino a sborsare decine di migliaia di euro, con un doppiopesismo da italico Marchese del Grillo, quello dell’«io so’ io e voi nun siete un cazzo». Mentre impongono nuovi balzelli sulla casa, i nostri prodi restano abbarbicati in pletoriche e inquinanti sedi. Mentre chiedono di rottamare i motori a scoppio, continuano a usare quasi esclusivamente diesel e benzina. Eppure, una risoluzione del Parlamento europeo del 15 gennaio 2020, proprio sul «Green deal», esortava a fare l’esatto contrario. Al punto 10, chiede «di adottare proprie misure volte a ridurre le emissioni, inclusa la sostituzione del suo parco veicoli con veicoli a emissioni zero, e invita con urgenza tutti gli Stati membri a trovare un accordo su una sede unica per il Parlamento europeo». Letto, riletto, sottoscritto.
È il vessillo dell’incongruenza. Ma dietro cieca ostinatezza si cela pure pelosa ipocrisia. Vedi la classe energetica dei palazzi del potere dell’Ue. La sede di Bruxelles, come recita uno dei «certificat de performance énergétique» pubblicati da Panorama, rimane nella desolante classe E: quella che sarà bandita dal 2030. A un passo dal precipizio: l’inaccettabile F o, peggio, la ripugnante G. Il documento, oltre alla classe quasi fuorilegge, certifica le mancanze dell’edificio. Niente pannelli solari, pompe di calore o di impianti cogenerazione: tutto quello che i comuni mortali saranno costretti a istallare in casa, pena deprezzamento dell’immobile. Nel palazzo Paul-Henri Spaak di rue Wiertz perfino i pannelli fotovoltaici non bastano, tanto che la società di certificazione suggerisce di «aumentarne il numero».
E la sede di Strasburgo? Anche quella è confinata nell’ormai intollerabile classe E. Nata in ossequio alla grandeur transalpina, viene usata appena 48 giorni all’anno. Insomma, una volta al mese, oltre 5 mila persone si sciroppano un viaggio di 440 chilometri: funzionari, deputati, interpreti, assistenti. Con ammorbanti tir al seguito, che trasportano documenti e audiovisivi. Come spiega il bilancio per il 2023 dell’Unione europea, redatto dalla Commissione, le spese per «missioni e spostamenti del personale tra i tre luoghi di lavoro» ammontano quest’anno 23,4 milioni. Parte dello stanziamento, ovvero briciole, «è destinato a coprire anche eventuali compensazioni di emissioni di carbonio per le missioni e le trasferte del personale».
Eventuali, un corno. La transumanza istituzionale fa consumare 19 mila tonnellate di CO2, che l’Unione impone di ridurre del 55 per cento entro il 2030. Inoltre, per la Corte dei conti europea, che ha sede invece in Lussemburgo, la «dispersione geografica» costa 114 milioni di euro. La stima, già conservativa, risale però al 2014. Oggi quella cifra, secondo alcuni studi, sarebbe raddoppiata. Del resto, anche la gestione del Parlamento è sempre più onerosa: 2,3 miliardi di euro quest’anno. Sostanziosa cifretta in perenne crescita: nel 2017 era di 1,9 miliardi. Non si bada agli spiccioli, comunque: 73 milioni per la manutenzione degli immobili, 19 di affitti, oltre 17 in sorveglianza, 7 nel mobilio. Ma sono soprattutto i «consumi energetici» a sbalordire: ammontano a oltre 42 milioni, il triplo dell’anno scorso. Sono le bollette, insomma: «Acqua, gas, elettricità e riscaldamento». Proprio mentre viene chiesto ai cittadini di evitare sprechi, vista la perdurante crisi energetica.
Niente paura, l’europarlamento non dimentica la nobile ossessione green: destinerà alla sua politica ambientale, tenetevi forte, «un importo addizionale di 2,93 milioni di euro». Più o meno quello che un condominio dovrà investire per guadagnare due classi energetiche. E la duplice sede? Basterebbe chiudere Strasburgo per realizzare sostanziosi risparmi. Facile, no? Mica tanto: sull’annosa questione decide il Consiglio europeo, formato dai capi di Stato. Con voto unanime, pure. E dunque: l’ipernazionalista Francia rinuncerà alla sua inutile bandierina? Giammai. Servirebbe allora una modifica dei trattati. Che però il veto di Parigi, disposta a tutto pur di salvare Strasburgo, rende impossibile.
Procede intanto il rifacimento dell’edificio Paul-Henri Spaak. Esborso previsto: mezzo miliardo, al netto di galoppante inflazione e impedimenti vari. Nel 2019 erano stati investiti altri 430 milioni per rimodernare il palazzo con piante, alberi ed edere rampicanti. Più scenografico che ecologico, insomma. L’ultima ristrutturazione permetterà invece un vero miglioramento energetico? Ci sarà quel salto di classe richiesto a tutti i cittadini? Mistero.
All’elenco delle insensatezze si potrebbe presto aggiungere una controversa operazione immobiliare a Strasburgo. Già: i francesi, piuttosto che lasciare, puntano a raddoppiare. Sempre a spese degli eurocontribuenti. Visti gli strepitosi costi dell’esodo mensile, invece che chiudere l’inutile duplicato chiedono un maxi albergo per deputati e dipendenti, costretti ogni mese a raggiungere la sede in Alsazia per la sessione plenaria. La brillante idea, ovviamente, è di politico transalpino: l’ex premier Jean Castex. Prevede di trasformare l’edificio Salvador de Madariaga, che ospita parte degli uffici, in una foresteria. Di conseguenza, servirebbe l’attiguo edificio per i dipendenti sfrattati, alla modica cifra di 30 milioni.
L’Europa, quindi, pianifica nuove intrepide imprese. Nel frattempo, la presidente della commissione, Ursula von der Leyen, decide che gli incolpevoli sudditi dovranno pagare di tasca propria la transizione green delle loro case. Se i palazzi di Bruxelles e Strasburgo possono accontentarsi dell’infima classe E, i poveri mortali dovranno spuntare almeno una celestiale D nei prossimi anni. Piccolo dettaglio: in Italia, il 60 per cento degli edifici è tra l’inaccettabile F e la ripugnante G già citate. Urge dunque ridurre i consumi almeno del 25 per cento con onerosi interventi: cappotto termico, infissi, caldaia a condensazione. Insomma: bisognerà erodere risparmi o accendere un ulteriore mutuo.
Il Parlamento, invece, manterrà il suo dispendioso e poco ecologico circo itinerante? Domanda retorica. Basta un aneddoto: vista la pandemia e il lockdown, nel 2020 David Sassoli decise di sospendere le sedute nella città francese. Emmanuel Macron scrisse all’allora presidente dell’Europarlamento per «deplorare» la scelta, visto che Strasburgo era «una garanzia essenziale della diversità». Ossia? Durante un incontro pubblico, il primo ministro francese fu meno ermetico, spiegando di voler lottare con le «unghie e i denti» per mantenere la sede nella città alsaziana: «Se accettiamo che il Parlamento si riunisca solo a Bruxelles, siamo fregati, perché tra dieci anni prenderanno tutte le decisioni lì». Ecco, appunto. Altro che «diversità». Capito come si decide in Europa? Risparmi energetici ed emissioni ridotte? Valgono solo per gli stremati cittadini.
La risoluzione sul Green deal, approvata tre anni fa, chiedeva però anche «la sostituzione del suo parco veicoli con veicoli a emissioni zero». Quelli che, su indicazione dal commissario europeo per il Clima, l’olandese Frans Timmermans, soppianteranno i motori tradizionali. Il parlamento Ue ha votato a favore: o meglio una maggioranza composta da socialisti, verdi e macroniani, che in Italia corrisponde più o meno all’opposizione. (A)morale della favola: dal 2035 si potranno vendere solo auto elettriche. A dispetto del loro costo esorbitante, i posti di lavori persi, la mancanza di ricariche e i dubbi vantaggi ambientali.
Frans l’olandese, che s’è fatto crescere pure una barba da guru green, non demorde: «Oltre 300 mila europei muoiono prematuramente ogni anno a causa dell’inquinamento atmosferico». Strage di cui le istituzioni, che anche lui rappresenta, sarebbero però corresponsabili. A dispetto della risoluzione approvata già a gennaio 2020, la flotta dell’europarlamento trabocca di esecrati veicoli diesel e benzina. Quelli, tra l’altro, usati anche per la migrazione mensile a Strasburgo. Le auto di servizio possono essere prenotate, a rotazione, da tutti gli europarlamentari.
Il leghista Angelo Ciocca, che da anni si batte sullo spreco della doppia sede, racconta: «In questi quattro anni, spesso con altri colleghi, ho preso l’auto di servizio centinaia di volte». In quante occasioni gli è stata assegnata un’elettrica? «Una». Le solite imposture: «Mentre si chiede agli italiani di indebitarsi per cambiare macchina o rifare casa, noi paghiamo bollette stratosferiche per riscaldare palazzi inutili, inquinanti ed energivori. Nei corridoi di Strasburgo non ci sono nemmeno le lampadine a led…».