Il 20 aprile la Ue si pronuncerà su direttiva Bolkestein e spiagge. ma per Fabrizio Licordari, alla guida della categoria, è un tema con troppe «stranezze».
Descrive una categoria di lavoratori attaccata come mai nessun’altra, parla di una serie di coincidenze sospette, evoca un vero e proprio «beach-gate» internazionale ai danni dei gestori degli stabilimenti balneari italiani: Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari-Confindustria è un fiume in piena, anzi, ha l’impeto di una mareggiata nel difendere i suoi associati sui cui pende minacciosa la sentenza della Corte di giustizia europea attesa per il 20 aprile.
Intanto racconti qual è la sua attività.
Oltre a essere presidente di Assobalneari Italia, che conta settemila associati, ho due stabilimenti balneari, in Liguria e in Emilia-Romagna.
Quanto paga di concessioni demaniali?
In Liguria quasi 5 mila euro l’anno e in Emilia-Romagna circa 12 mila. Tengo subito a sottolineare che verso questi soldi allo Stato per ricevere una superficie vuota. Su questa sabbia ho costruito negli anni, nel rispetto delle leggi, un’attività che è cresciuta e che ha contribuito a conservare un territorio colpito dall’erosione delle coste.
La concessione l’ha ereditata?
No, l’ho acquistata da un imprenditore che iniziò l’attività nel dopoguerra.
Entriamo nel vivo: perché secondo voi la direttiva Bolkestein che aumenta la concorrenza nei servizi non si dovrebbe applicare agli stabilimenti balneari?
Perché siamo concessionari di un bene e non di un servizio. Come dice il Codice della navigazione, riceviamo in concessione un’area identificata da un certo numero di metri quadrati per usarla come stabilimento balneare. Si tratta di un bene.
Chi è invece concessionario di un servizio?
Per esempio un tassista, che ha in concessione il trasporto delle persone mentre l’auto è sua. Oppure la società di navigazione: le imbarcazioni sono sue mentre in concessione ha il servizio del trasporto dei passeggeri. Al contrario, la Rai ha in concessione il bene delle frequenze e non mi sembra che vengano messe a gara dopo un certo numero di anni.
Però la Commissione sostiene che la Bolkestein si applica anche agli stabilimenti balneari…
Vero. Però senta che stranezza: nel 2018 abbiamo invitato lo stesso Frits Bolkestein a parlare davanti ai parlamentari italiani. E proprio l’ex commissario europeo estensore della direttiva ha detto che noi con quella non c’entriamo nulla. Meglio di così… In effetti durante il convegno l’ex commissario per il mercato interno ha dichiarato che «per quanto mi riguarda le concessioni balneari non sono servizi ma beni, quindi la direttiva sulla libera circolazione dei servizi non va applicata alle concessioni delle spiagge». Ma la Commissione non la pensa come lui. Perché circolano molte fake news. Pensi anche al caso del Pnrr: ormai dappertutto si sente dire che l’Italia rischia di non prendere i soldi del Piano per colpa dei balneari. Ma nel Pnrr non si fa cenno alle concessioni degli stabilimenti balneari.
Sì, ma se bisogna fare delle riforme per aumentare la concorrenza, come prevede il Pnrr, le gare per gli stabilimenti balneari in qualche modo c’entrano, no?
Intanto nel nostro settore la concorrenza c’è, perché lei può scegliere tra diversi stabilimenti che offrono servizi e prezzi differenti. E comunque le ho dimostrato che le gare non vanno fatte. Poi c’è il tema del legittimo affidamento: nel documento che il governo italiano ha inviato alla Commissione per spiegare come mai non facciamo le gare per il rinnovo delle concessioni, viene chiarito che tra i gestori degli stabilimenti e lo Stato c’è un contratto e non si possono cambiare le regole in corsa. Si possono applicare le nuove norme solo per chi ha aperto l’attività dal 2010, da quando la Bolkestein è in vigore.
Quindi mettiamo pure a gara le nuove concessioni, non quelle vecchie.
Terzo elemento da considerare: la mappatura. L’articolo 12 della direttiva dice che se la risorsa è scarsa vanno fatte le gare, ma se non lo è gli Stati non hanno l’obbligo di fare le gare. Noi sosteniamo che a livello nazionale, considerando anche le coste dei laghi e dei fiumi, la risorsa delle spiagge non è scarsa.
Non le sembra un po’ eccessivo considerare anche fiumi e laghi?
No, tanto è vero che si parla di concessioni marittime, lacuali e fluviali. Quindi noi diciamo che si possono fare le gare per nuove concessioni, aperte anche agli stranieri, in aree non ancora occupate.
Ma alla fine che problema sarebbe accettare il principio, come in Francia, che dopo 12 anni si devono mettere a gare le concessioni?
Io sono anche coordinatore della Federazione europea delle imprese di spiaggia e conosco la situazione francese: da loro funziona così da sempre, e l’imprenditore regola i suoi investimenti in base a quelle regole. Da noi invece all’inizio ci hanno detto di giocare con i piedi e poi l’arbitro ha deciso che si gioca con le mani.
Anche Flavio Briatore dice che i canoni che pagate sono bassi.
Briatore è un caso a sé, con una clientela particolare. E fa confusione tra quanto guadagna e il costo della concessione, sono due cose che non c’entrano nulla. Se guadagna tanto pagherà più tasse, mentre il suo vicino magari incasserà di meno. Ma il valore dell’area su cui hanno gli stabilimenti è lo stesso. Vorrei aggiungere che noi paghiamo l’Imu anche se non siamo proprietari, e l’Iva al 22 per cento.
Chi non vuole le gare evoca il pericolo delle multinazionali: ma questi gruppi internazionali che si prendono le spiagge non si vedono.
Non ci sono ora. Ma in Grecia le grandi catene alberghiere si stanno impossessando delle spiagge. E in Friuli la Redbull ha acquisito un tratto di costa per creare un centro sportivo. Questo vuol dire che l’Italia suscita degli appetiti nelle multinazionali.
Non vi sentirete vittima di un complotto…
Ci sono molte cose che non tornano. Le racconto questa: la mazzata contro di noi l’ha data il Consiglio di Stato il quale ha stabilito che la risorsa spiaggia è scarsa e dobbiamo fare le gare punto e basta. La sentenza fu emessa su richiesta del governo Draghi.
Chi presiedeva il Consiglio di Stato?
Filippo Patroni Griffi, già ministro del governo Monti, che come membro dell’esecutivo approvò una proroga del concessioni al 2020. Ma poi, da giudice del Consiglio di Stato, ha cambiato idea e ha stabilito che la proroga delle concessioni va contro le norme europee. Strano. E poi Patroni Griffi è salito alla Corte costituzionale. Non solo: il Quirinale ha scritto al governo che la sentenza del Consiglio di Stato è definitiva, invece non lo è, si può fare ricorso. Tutti questi elementi mi fanno sospettare che questa campagna contro di noi è stata fatta per accontentare l’Europa con una regia ben precisa.
A favore di chi, scusi?
Di chi vuole entrare in Italia a costo zero.
Che succede se la Corte di giustizia europea dirà no alla proroga delle concessioni?
Saremo nelle mani della presidente del Consiglio Giorgia Meloni, che ci ha sempre difeso.
