Home » Attualità » Cronaca » Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato

Hanno piccole attività o sono lavoratori autonomi. Per loro l’Italia in quarantena è più dura che per altri: non incassano, eppure devono onorare pagamenti e impegni finanziari. I 600 euro del decreto governativo? «Non a tutti arriveranno» lamentano. Mentre incertezza, paura e rabbia crescono.


Attenzione alla rabbia. Sabato 21 marzo, alla vigilia dell’ultimo decreto con cui il governo decideva quali attività lasciare aperte e quali chiudere, Maurizio Landini l’ha detto chiaro a Giuseppe Conte: «Evitiamo che la paura della gente si trasformi in rabbia». Quella del segretario della Cgil, favorevole alla serrata totale, è sembrata una mezza minaccia. Ma la parola chiave era «paura». Perché la paura c’è, davvero. Solo che non è tra i tutelati di Landini, ma tra i cinque milioni di autonomi e tra i 3,3 milioni (fonte Istat) di «irregolari» che non lavorano nell’alimentare e rischiano di non tirare avanti anche con i famosi 600 euro del governo. Senza contare i doppiolavoristi, e chiudendo non uno, ma due occhi su questa equiparazione di fatto tra lavoratori regolari e in nero, tocca ammettere che ci sono otto milioni abbondanti di italiani che nel giro di poche settimane potrebbero restare letteralmente senza liquidità. La confusione dei decreti del governo e delle ordinanze degli enti locali, unita all’assenza di controlli, sta peggiorando la situazione. I negozi di estetista o parrucchiere sono costretti a tirare giù la serranda, ma impazza la concorrenza sleale degli abusivi a domicilio. E lo stesso vale per elettricisti, idraulici e manutentori in generale, come ha subito segnalato la Cgia di Mestre. Esercenti di bar e ristoranti, albergatori e artigiani, sono costretti a lasciare a casa i dipendenti. Ma non tutti riescono a fare lo slalom tra ultimo stipendio e primo assegno di disoccupazione. E intanto mutui e affitti sono da pagare, anche se l’attività è chiusa. Panorama ha provato a chiedere a questi concittadini diventati quasi trasparenti che cosa vuol dire affacciarsi sulla soglia di povertà ai tempi di Covid-19.

FRANCESCO NAPOLI Titolare di pizzeria (Pavia)

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato
FRANCESCO NAPOLI Titolare di pizzeria (Pavia)

«Ogni giorno in più che lavoro perdo dei soldi, ma io non lascio i miei clienti da soli in una situazione del genere». Francesco, Napoli di cognome ma calabrese nella realtà, è il titolare del bar pizzeria «Giusto gusto» a Pavia, in pieno centro. In una città che ha perso gli studenti, e con i decreti Conte, può giusto fare pizze per consegne a domicilio. «Sembra agosto, sono sotto la metà del giro d’affari solito ma continuiamo a lavorare in due, io e un altro pizzaiolo» dice tutto d’un fiato «e mi sono salvato perché per pura fortuna avevo un altro punto vendita che ho ceduto pochi mesi fa e quindi posso lavorare in perdita per un po’». Che cosa chiede al governo? «Innanzitutto vorrei norme chiare e non dover scoprire da Just Eat che posso fare le pizze, e poi lo Stato dovrebbe posticipare, garantire e spalmare su almeno cinque anni i miei costi fissi, dalle imposte agli affitti».

DALILA ANASTASIO Proprietaria di centro estetico (Torino)

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato
DALILA ANASTASIO Proprietaria di centro estetico (Torino)

Non solo ha dovuto chiudere per decreto, ma deve anche guardarsi le spalle dal dilagare della concorrenza in nero. Dalila Anastasio (al centro nella foto), 34 anni, ha un centro estetico a Torino, dietro Piazza Vittorio. Non sta lavorando, ma si tiene in forma. Come? «Faccio i tutorial per le mie clienti migliori, su come arrangiarsi a casa per i trattamenti non rinviabili, e li spedisco via WhatsApp» spiega a Panorama. Ma il problema è la concorrenza sleale. Racconta che «il “nero” sta dilagando, con trattamenti a domicilio che non sono né professionali né sicuri igienicamente, perché portare una semplice mascherina non basta». Dalila ha messo in cassa integrazione le due dipendenti, ha chiesto una dilazione di pagamento al proprietario dei muri del negozio, ma ammette: «Non so che cosa augurarmi, perché tanto alla fine, come per le tasse, devi pagare tutto e i versamenti si accavallano». Morale, sta attingendo ai risparmi personali.

GIULIA SANTILLI  Attrice e doppiatrice (Roma)

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato
GIULIA SANTILLI  Attrice e doppiatrice (Roma)

Fa un mestiere bellissimo e lo fa con amore, ma come tutte le partite Iva, se non lavora non guadagna. Romana, 31 anni, diplomata all’Accademia nazionale d’arte drammatica Silvio D’Amico, è attrice di teatro e doppiatrice. È la voce di Mary Wiseman in Star Trek: Discovery e del Tenente Connix in Star Wars. Da quando l’Italia «resta a casa», ha dovuto sospendere le prove del suo spettacolo teatrale e neppure va negli studi di registrazione. «I turni di doppiaggio sono stati spostati a dopo il 7 aprile, ma speriamo che non slittino ancora», racconta Giulia. Ma non si può doppiare da casa, in remoto? Il no è tassativo: «Un lavoro di livello richiede uno studio, un direttore di doppiaggio, un fonico e un assistente. La mia paura è che se il lockdown continua, alcuni produttori si accontentino dei sottotitoli». Per non impazzire, in casa fa ginnastica, legge e con le colleghe del suo ultimo spettacolo, Sorellastre, sta realizzando una serie di fotografie legate alla quarantena e a come la vivrebbero i personaggi che interpreta.

MARCO BELFROND  Albergatore (Courmayeur – AO)

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato
MARCO BELFROND  Albergatore (Courmayeur – AO)

«Voglio solo poter lavorare, non chiedo altro a chi ci governa». Marco Belfrond, 56 anni, manda avanti con passione l’hotel-ristorante Miravalle in Val Ferret, a Courmayeur, tre stelle e 11 camere con vista sulla catena del Bianco. «Non incasso un euro dal 10 marzo, ma ovviamente pago gli stipendi, i fornitori, le bollette e l’Iva» dice a Panorama. Ha dovuto lasciare a casa 10 persone, per fortuna tutti stagionali che, quando non lavorano, percepiscono la Naspi. Belfrond racconta che alcuni dipendenti si sono fermati a dormire da lui perché non possono raggiungere casa, ma non chiede soldi pubblici e non si lamenta: «Vorrei sapere al più presto se a metà giugno potrò aprire e spero che gli italiani, che forse quest’estate avranno poche ferie, scelgano di fare le vacanze nel loro Paese».

SABRINA ANDRIACCIO SPA manager (Roma)

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato
SABRINA ANDRIACCIO SPA manager (Roma)

«Leggo che lo Stato sta per buttare altri soldi in Alitalia, ma chi lavora in aziende come la mia rischia di restare a casa per sempre senza che il governo se ne preoccupi». Sabrina Andriaccio, 34 anni, lucana, è la SPA manager di uno degli alberghi più famosi di Roma e lavora per la BF Wellness, che ne gestisce diverse in tutta Italia. Gli alberghi hanno chiuso i centri benessere dal 9 marzo e poi hanno chiuso anche loro. Andriaccio non sa cosa aspettarsi per il futuro: «Credo che un po’ di paura nel farsi mettere le mani addosso resterà, mentre dal punto di vista economico non penso che si rinuncerà ai servizi alla persona». In attesa di tornare alla normalità, però, c’è il problema di andare avanti. «Il nostro titolare, Bruno Ferrera, si è comportato benissimo e anticiperà di tasca propria ai dipendenti i soldi della cassa integrazione o della Naspi, ma sento di tanti altri che rischiano di stare senza alcun reddito per qualche mese». Morale? Per Sabrina, «lo Stato deve aiutare le aziende, punto».

Mara Casasola Truccatrice teatrale (Milano) 

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato
Mara Casasola Truccatrice teatrale (Milano) 

Di trucchi se ne intende, ma che cosa abbia pensato il governo per lei e per quelli che lavorano come lei, non l’ha ancora capito. Mara Casasola, 40 anni, è nata e cresciuta alla Scala di Milano. Da bambina faceva la comparsa poi, da ben 15 anni, fa la truccatrice dei solisti e insegna anche (ora online) all’Accademia del teatro. È rimasta a casa dal 23 febbraio, quando il sindaco Giuseppe Sala ha chiuso i teatri, e non vede più un soldo perché ha sempre avuto contratti intermittenti. «I sindacati stanno cercando di capire come tutelarci» dice a Panorama. «E neppure è chiaro se avremo diritto ai famosi 600 euro una tantum». Che cosa si aspetta per il futuro? «Temo che per la lirica non sarà più come prima sia perché ci sarà gente che avrà ancora paura dei virus sia perché ci saranno ancora meno soldi da spendere».

Fabiana Acacia Proprietaria di «pinseria» (Roma) 

Storie vere dei «dimenticati» dallo Stato
Fabiana Acacia Proprietaria di «pinseria» (Roma) 

Tra qualche giorno vorrebbe festeggiare i cinquant’anni sapendo che fine farà la sua pinseria «Scialla» di Borgo Pio, a un passo dal Vaticano (la pinsa è la pizza romana). Racconta che «il 12 marzo, quando ho dovuto tirare giù la serranda, stavo già lavorando al 20 per cento». Anche lei vorrebbe prendere i famosi 600 euro, ma è tagliata fuori perché è socio accomandatario. Potrebbe arrangiarsi con le consegne? «No, fantascienza, perché sono in un’isola pedonale che lavora con i turisti». È arrabbiata con il governo che ha lasciato soli i piccoli imprenditori come lei e allora si è sfogata con i social, dove ha creato un’associazione di esercenti romani. Anche per non pensare ai 4 mila euro di affitto che deve pagare ogni mese per quei 40 metri quadri all’ombra del Cupolone. E ha una domanda per Giuseppe Conte: «Perché non lo abbiamo visto a Milano? Perché non è venuto a fare una passeggiata tra noi esercenti romani?».

PIERCIRO MARANGIA Titolare di gelateria (Pulsano – TA)

A parlare con una persona come Pierciro Marangia ci si riconcilia con l’Italia. È il titolare del «37 metri sul livello del mare», bar gelateria a Pulsano, in provincia di Taranto. Ha chiuso i battenti come tutti con il decreto dell’8 marzo, ma i suoi quattro dipendenti li ha solo messi in ferie. Ha 28 anni, è stato cameriere fino a pochi anni fa e si ricorda bene cosa vuol dire: «Dobbiamo starci tutti accanto, tenere duro, sperare di riaprire almeno

prima dell’estate e che la gente non abbia paura di tornare a farsi l’aperitivo». Per sua fortuna è proprietario dei muri, ma deve comunque pagare alcuni finanziamenti, le utenze e le tasse. «Lo Stato dovrebbe almeno trovare il modo di aiutarci sui costi fissi, perché può posticipare l’incasso delle tasse, ma io gli incassi di questi giorni non li posso posticipare». E Marangia è preoccupato per chi sta perdendo il lavoro nel commercio: «Vivono con le pensioni dei genitori e credo proprio che i famosi 600 euro non bastino». Il nostro nemico più grande? «La paura dei cittadini».

MATTEO R. Videomaker (Milano) 

Ventitré anni, un mago con la videocamera, ma adesso non sa come pagare l’affitto. Matteo lavora come videomaker per le migliori etichette musicali su Milano, nel mondo dell’hip hop italiano. «Il mio lavoro si è completamente fermato» racconta. «Sto finendo qualche montaggio, ma ovviamente non posso girare perché sarebbe “assembramento” e ci arresterebbero», dice ridendo. Lui è un caso da manuale perché lavora per il 70 per cento in chiaro, ma per il restante 30 in nero, «quando la casa non ha possibilità di scaricare o emettere fattura». E il «nero» è il primo incasso che salta. Vive in un seminterrato con un amico che gestisce una piccola radio, ma ora non sanno più come pagare l’affitto da 750 euro. E chiedere uno sconto? «Il padrone di casa ci ha abbuonato 120 euro, ma a sua volta è un disoccupato che con quei soldi ci vive».

© Riproduzione Riservata