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Soldi & partiti: così gli iscritti salvano dal profondo rosso

Soldi & partiti: così gli iscritti salvano dal profondo rosso

Analizzando i bilanci delle forze parlamentari si può ricavare, con buona approssimazione, il numero di chi vi milita. E questa «consistenza» è ormai un ossigeno imprescindibile nella crisi odierna della politica. Per esserci o scomparire.


Per una tessera del Pd a Roma 60 euro. Nel 2019 l’allora segretario Nicola Zingaretti lo definì «uno sforzo straordinario» per «un partito con le mani pulite». Una giustificazione per il raddoppio del costo di iscrizione ai dem, un salasso per i militanti della capitale. «Potremo mantenere aperti i circoli e iniziare ad affrontare il debito» ammise il tesoriere romano Claudio Mancini.

Eccoci così catapultati nel favoloso mondo del tesseramento, sempre più in declino, che serve a dare un minimo di ossigeno alle casse dei partiti. Dopo quell’anno, il Pd di Roma si è ravveduto, portando il costo della tessera a 40 euro. Di sicuro molto più alto dell’iscrizione online: in questo caso il minimo fissato da Largo del Nazareno è 15 euro. Così i dem, sul territorio nazionale, hanno superato i 400.000 iscritti: l’ultimo dato parla di 412.000. Ma il leader Enrico Letta ha fissato l’asticella a 500.000. Si vedrà.

Quel che è certo, invece, è l’assenza di ricavi legati alle iscrizioni per le casse del partito nazionale. «Il tesseramento viene fatto a livello locale e gli introiti sono nei bilanci locali di regionali, federazioni e circoli. Non va nel bilancio nazionale. Questo vale anche per il tesseramento online» spiegano a Panorama dalla tesoreria del Pd. Del resto, conoscere il numero esatto degli iscritti e i benefici economici che comportano è operazione complicata. «La mancata applicazione dell’articolo 49 della Costituzione sui partiti li tiene sostanzialmente al livello di associazioni private. E di conseguenza non si può avere un elenco reale» dicono i tecnici interpellati. Si tratta di un retaggio comunista: il Pci non voleva certo consegnare gli elenchi all’allora ministro degli Interni Mario Scelba.

Dai bilanci dei partiti, tuttavia, si desume un trend comune a tutti. L’unica forza estranea a questi meccanismi è il Movimento 5 Stelle, che non ha ancora una consolidata struttura partitica: impossibile ricostruire una mappatura del bilancio. Una situazione simile a quella del Pd, invece, riguarda la «Lega per Salvini premier». Nel 2020 il calo dei ricavi per le quote associative è sensibile. La struttura del partito nazionale è passata da 563.000 del 2019 a 222.000 euro. Ma, appunto, vanno considerate le realtà territoriali, come la Liga Veneta per Salvini premier, che ha messo a bilancio 152.000 euro solo per gli iscritti, mentre in Lombardia l’incasso per le quote associative ammonta a 216.000 euro.

Di fatto, mettendo insieme le cifre delle sedi regionali, si arriva a oltre 100.000 iscritti al partito di Salvini. E, dunque, a incassi che viaggiano sul milione di euro considerando i 10 euro a tessera previsti dal Carroccio. Al di là dei casi specifici, è consolidato un aspetto: il calo dei tesseramenti in confronto ai decenni passati, come conferma il politologo Massimo Panarari, professore all’Università Mercatorum di Roma.

Che aggiunge un altro dettaglio: «Questo cambiamento conviene ai partiti che hanno modificato la propria struttura interna, spesso in nome di una leaderizzazione. Oppure, ancora, sono nati i cosiddetti “cartel party”: partiti che si muovono solo in occasione delle campagne elettorali per non far null’altro durante l’anno. È evidente che in questo modo l’elettore non ha neanche interesse a iscriversi».

Certo, c’è chi va in controtendenza. Balza agli occhi la crescita di Fratelli d’Italia alla voce quote associative annuali: nel 2020 ha raggiunto i 938.000 euro rispetto ai 285.000 dell’anno precedente. Il costo minimo della tessera è 10 euro, ma aumenta sulla base del ruolo dell’iscritto (se è dirigente o meno). Per cui è stimabile che i tesserati del partito di Giorgia Meloni siano, nel 2020, effettivamente intorno agli 80-85.000.

E gli altri? I numeri sono decisamente minori. Azione di Carlo Calenda ha messo a bilancio 129.000 euro per i tesserati (con un incremento di oltre 30.000 euro in confronto all’anno precedente). Il minimo per l’iscrizione è 10 euro, con la possibilità di donare quote maggiori, da 50 a 100 euro. La stima degli iscritti al partito è comunque intorno alle 10.000 unità. Va meglio a Italia viva di Matteo Renzi, che nel 2020 vanta introiti per 265.000 euro dagli iscritti, qualche migliaia di euro in più rispetto al 2019. Anche in questo caso il partito viaggia sui 25 mila tesserati.

Chi, invece, attraversa una fase di transizione è Forza Italia: l’incasso per le quote associative è stato 273.000 euro, in lieve calo in confronto ai 12 mesi precedenti. Considerando che ogni parlamentare versa per l’iscrizione 1.000 euro, è evidente il sensibile calo degli iscritti. «A causa dell’emergenza sanitaria non è stato possibile svolgere i congressi programmati che avrebbero consentito l’elezione di rappresentanti politici locali da parte di coloro regolarmente iscritti al nostro movimento. Di conseguenza la campagna adesioni non ha avuto i risultati inizialmente previsti» spiegano gli azzurri.

È inevitabile, comunque, che ci sia un minore ritorno economico per quasi tutti i partiti, alle prese con un calo di militanti. «Oggi le forze politiche» osserva ancora Panarari «virano su una comunicazione a volte esasperata, preferendo la forma alla sostanza: costa senz’altro meno rispetto all’organizzazione di congressi o convegni e permette di rivolgersi a un pubblico più ampio. Si entra così in un circolo vizioso da cui è difficile uscire: meno iscritti, cambio di struttura interna, più comunicazione che mobilitazione col risultato che, per chiudere il cerchio, ci sono sempre meno iscritti. E così via».

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