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Virginia & Chiara, si fa presto a dire parità di genere

Virginia & Chiara, si fa presto 
a dire parità 
di genere

Le prime cittadine del Movimento sono passate dalle glorie degli esordi alla polvere di questi giorni. La Raggi, abbandonata dai vertici grillini, punta comunque a un secondo mandato. Mentre l’Appendino, pressata dai guai giudiziari, ha deciso di fare un passo indietro. Vite parallele ma esiti differenti. Con un denominatore comune: entrambe lasciano città oberate di debiti e senza piani per il futuro.


Se vuoi che qualcosa venga detto, chiedi a un uomo; se vuoi che qualcosa venga fatto, chiedi a una donna». Parola di Margaret Thatcher. Virginia Raggi e Chiara Appendino hanno parlato poco, ma fatto ancor meno. Specialmente la sindaca di Torino che ora, bersagliata anche dai processi, rischia la fine della propria parabola politica. A soli 36 anni e laddove un anno fa era data per ministro o leader nazionale del Movimento Cinque stelle. Mentre la Raggi (42 anni), uscita indenne da ogni trappola giudiziaria, a giugno correrà per un secondo mandato al Campidoglio.

Il vento è girato il 19 dicembre, in un’aula di piazzale Clodio. Quel giorno, Virginia Raggi abbraccia il marito Andrea Severini dopo la seconda assoluzione. La procura aveva chiesto una condanna a dieci mesi per falso sulla nomina di Renato Marra, fratello dell’ex capo del personale Raffaele, alla guida del dipartimento turismo. Raffaele Marra, per quella vicenda, ha subìto una condanna a un anno e quattro mesi, poi ne ha presi altri tre e mezzo per corruzione in concorso con l’immobiliarista Sergio Scarpellini.

Nel primo anno da sindaca, la «spallata» hanno provato a dargliela proprio su Marra, che quando era il braccio destro di Gianni Alemanno, evidentemente, era un sant’uomo. E un coimputato fece anche allusioni pesanti a una presunta storia tra Raggi e Marra stesso. Così, dopo l’ultima assoluzione, la sempre elegante Virginia ha messo i puntini sulle «i»: «Questa è una mia vittoria, del mio staff, delle persone che mi sono state a fianco in questi quattro lunghi anni di solitudine politica ma non umana. Credo che debbano riflettere in tanti, anche e soprattutto all’interno del Movimento Cinque stelle».

Chi invece era sempre portata in palmo di mano dai vertici M5s, a cominciare da Davide Casaleggio, è stata l’Appendino. Il 27 gennaio, il caterpillar che aveva asfaltato Fassino al grido di «basta con il sistema Torino» è stata azzoppata dal «Sistema Juventus», la società per la quale tifa e per cui aveva lavorato dopo la laurea.

Chiarabella è stata condannata in primo grado a un anno e sei mesi per la notte di pazzia del 3 giugno 2017 in piazza San Carlo, quando un’ondata di panico collettivo durante la finale di Champions League tra Real Madrid e bianconeri causò la morte di due donne e il ferimento di oltre 1.600 persone. Al di là delle responsabilità penali, se Appendino avesse saputo dire di no alla società presieduta da Andrea Agnelli e avesse fatto mettere i maxischermi allo stadio della Juve o al parco della Pellerina, forse non sarebbe successo nulla. In ogni caso, anche lei è stata rosolata con le inchieste per quasi quattro anni. Già in estate, l’esile Virginia aveva superato la ragazzona tutta sport e marketing nel ranking pentastellato. Dopo averla commissariata per quasi tre anni, alla vigilia di Ferragosto Beppe Grillo ha lanciato la Raggi verso il doppio mandato con un romanesco «Daje!». Per il comico genovese, l’assoluzione in primo grado era già sufficiente. Quella in appello ha chiuso la bocca al resto del partito. A settembre 2019, Di Maio aveva proposto all’Appendino di fare il ministro, ma lei aveva rifiutato. Poi, il 21 settembre, ha subìto una condanna a sei mesi per falso in atto pubblico nello scandalo dell’ex area Westinghouse, lo stesso per il quale solo adesso, a otto anni di distanza dai fatti, si scopre che è indagato anche Piero Fassino (avrebbe aiutato Esselunga in danno delle coop rosse!). E il 13 ottobre, Appendino ha annunciato che non si ricandiderà, pur proclamandosi innocente.

La sindaca è tra i grillini che vedrebbe bene, non solo a Torino, un’alleanza con il Pd per fermare Matteo Salvini e Giorgia Meloni. Eppure giocò tutta la campagna del 2016 sulla promessa di rompere con il «sistema Torino», ovvero con quell’alleanza di potere tra Pd, fondazioni bancarie, Fiat, mondo della cultura, delle professioni e magistratura.

«Pulite» sì, ma non basta Dopo di che, si è immersa nel medesimo sistema con punte di consociativismo sublimi, come la conferma di Francesco Profumo alla presidenza della Compagnia di Sanpaolo (dopo avergli annunciato lo sfratto a mezzo stampa), oppure il cambio ad personam dello statuto della Fondazione Museo Egizio per consentire un terzo mandato da presidente a Evelina Christillin, «donna Fiat» per eccellenza. Ma neppure schierare l’avvocato della Juventus, Luigi Chiappero (indagato per il caso Suarez), ha risparmiato all’Appendino l’amarezza delle condanne di primo grado.

Sicuramente, almeno all’inizio, le due giovani sindache si sono circondate di personaggi minori, se non discutibili. Hanno dovuto entrambe rinunciare a vari consiglieri e portaborse, travolti dalle inchieste, e la sindaca di Roma, che la scorsa settimana ha nominato assessore alla Cultura un’ex compagna di scuola esperta in burlesque (Lorenza Fruci), ha il record di ripensamenti.

Il conto lo ha fatto un suo sfidante, Carlo Calenda: «Raggi ha licenziato due vicesindaci, 17 assessori, un capo di gabinetto, un capo del personale, sei tra alti dirigenti e dirigenti in Acea, sette in Atac, cinque in Ama». Se Appendino si è vantata spesso di decidere da sola, la Raggi la solitudine l’ha scontata perfino nel Movimento. Ognuna può dire di aver portato a casa dei risultati. Roma ha fatto passi avanti sulla strada della legalità, con la sindaca che ha costituito il Campidoglio parte civile ai processi contro il clan Spada di Ostia e che ha fatto demolire un po’ di villette abusive, mentre le famose buche sono diminuite (il Comune sostiene di aver risistemato il 90 per cento delle strade). Torino continua a migliorare come meta turistica e a novembre ospiterà le finali Atp di tennis. Almeno per l’Italia, resta un modello di pulizia e pianificazione del trasporto pubblico (anche se in periferia il servizio è scadente).

DIMENTICARE GLI AGNELLI

Entrambe le città sono però sempre oberate di debiti e prive di un progetto chiaro per il futuro. La battaglia per l’onestà in parte è fallita e in parte è sfociata in anni di paralisi amministrativa. Nel capoluogo piemontese, che punta tanto sull’innovazione tecnologica, si fa prima ad avere il passaporto (15 giorni) che la carta d’identità elettronica (sei mesi), il che spiega anche perché i torinesi non voterebbero mai l’ex assessore ed ex ministro all’Innovazione, Paola Pisano come eventuale candidato sindaco, secondo quello che avrebbe voluto il Movimento Cinque stelle. Non solo, ma anche con la quarantena Torino resta in testa alla classifica di Legambiente per lo smog.

Se invece si prende la graduatoria sulla qualità della vita del Sole 24 Ore, con Appendino la città è salita dalla posizione numero 55 (2015) alla numero 21 (2020). Mentre Roma è scesa dal sedicesimo al trentaduesimo posto. Resta il fatto che anche di fronte alla cessione della ex Fiat ai francesi di Psa, così come alla probabile vendita di Iveco ai cinesi di Faw, nel Torinese sono a rischio migliaia di posti di lavoro. Appendino non ha neppure provato a giocare la partita con una Fca che nel frattempo era emigrata in Olanda. Ma forse, ormai, tanto varrebbe che la città rimuovesse dalla propria psiche la cattedrale vuota degli Agnelli Elkann e ripensasse se stessa senza chiedere il permesso a nessuno.

Stesso deficit progettuale per la capitale, che il 30 gennaio scorso ha celebrato i 65 anni del gemellaggio con Parigi, ma per l’anno appena iniziato punta tutto sul fatto che ospiterà il G20.

Raggi si è schierata pubblicamente anche su Mario Draghi e ha appoggiato la svolta di Grillo a favore del professore. Anche perché con 12 miliardi di vecchio debito che ha Roma ancora da gestire con il governo, c’è poco da fare gli alternativi, se vuoi restare sindaco. Ok, le due sindacature avrebbero potuto anche andar peggio. Ma se il governo ora sarà davvero dei competenti, Chiara e Virginia dove finiranno?

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