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Pubblico impiego: il carrozzone dove corrono solo le spese

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Formez Pa, l’associazione della Presidenza del Consiglio, che dovrebbe supportare lo Stato per formazione e concorsi, in realtà è un ente con troppi dirigenti e impiegati, e costi fuori controllo.


L’associazione in cui Giuseppe Conte ha riciclato Alberto Bonisoli, per meno di un anno ministro per i Beni e le attività culturali, è un carrozzone aspira soldi che viene fuori da un lungo commissariamento: il Formez Pa. Organismo «in house» della Presidenza del Consiglio dei ministri, dovrebbe aiutare la pubblica amministrazione nelle fasi di modernizzazione, ma è di supporto anche nel reclutamento e offre servizi di riqualificazione del lavoro nelle Pa. Nei concorsi, infatti, spesso c’è l’intervento del Formez.

Come a Napoli, dove il concorsone della Regione Campania, fiore all’occhiello della campagna elettorale del governatore uscente Vincenzo De Luca (Pd), si è trasformato, però, in un caso mediatico: è stato denunciato uno «speciale trattamento» che sarebbe stato riservato ai già lavoratori che hanno superato le prime due prove e si sono posizionati utilmente in graduatoria. Regione Campania, Anci e Formez Pa avrebbero agevolato questi candidati ben oltre le indicazioni del bando di concorso. E ora i 500 «idonei in riserva» che rischiano l’esclusione sono sul piede di guerra dei ricorsi.

Lo scorso gennaio, invece, i partecipanti al concorso per 1.052 posti al ministero dei Beni culturali hanno denunciato che più di metà degli iscritti non ha potuto partecipare «a causa della cattiva organizzazione».

Anac, l’Autorità nazionale anticorruzione, e Consiglio di Stato hanno riconosciuto al Formez la possibilità di affidamento diretto dei contratti. A conti fatti, insomma, è un ente travestito da associazione. E come molti enti che rispondono alle amministrazioni centrali dello Stato, è impaludato e zeppo di criticità evidenziate anche dalle verifiche della Corte dei conti.

I compensi sono di tutto rispetto. Se il commissario straordinario rimasto in carica quattro anni doveva accontentarsi di 100 mila euro annui, Bonisoli ne porta a casa il doppio: 201.276 euro. Il direttore generale Mauro Willem Campo, ingegnere nucleare che si è formato al Politecnico di Torino e che vanta nel suo curriculum la realizzazione di importanti progetti di reti infrastrutturali ed è esperto di identità digitali, si è insediato il 21 aprile scorso e incassa 64 mila euro.

Un consigliere di amministrazione (nel Cda siedono Ermenegilda Siniscalchi, capo dipartimento del ministero della Funzione pubblica, Paola Adinolfi, docente dell’Università di Salerno, Roberto Lagalla, consigliere regionale siciliano e fondatore del movimento politico Idea Sicilia, e Marina Perotti, segretario generale di Mondovì, il comune del Cuneese) prende 18.554 euro, alla pari di un componente del Comitato tecnico scientifico. E se durante la fase di spending review erano stati tagliati ben 614 mila euro annui, che sono rientrati nelle casse dello Stato (pur con qualche errore commesso nella determinazione delle somme, scoperto nel corso di una ricognizione lo scorso anno), si sta tornando a una gestione molto «generosa» .

È stata immaginata una pianta organica – che al momento non è ancora stata adottata – in cui si prevedono l’assunzione di 30 unità il primo anno e ulteriori assunzioni nei successivi, «con ripristino dei livelli occupazionali registrati nel 2013», ovvero prima del commissariamento. Eppure, l’organigramma non sembra affatto in sofferenza: i dirigenti sono sei e gli impiegati 309, dei quali 270 a tempo indeterminato. I costi: 17.692.858 euro annui, oneri previdenziali inclusi.

Ma è sulle consulenze che il Formez si può appuntare una medaglia, riuscendo a superare con tale voce di bilancio anche il costo del personale. Tra incarichi di collaborazione, docenze e contratti d’opera, si è arrivati a toccare la soglia dei 20 milioni di euro. La scusa accampata dall’Associazione per motivare questa cifra a sei zeri è la «carenza numerica di professionalità interne all’istituto». I 300 e rotti dipendenti, insomma, non sarebbero in grado di portare avanti le attività. E il «board» ha ricevuto le bacchettate dei giudici contabili: «Questa Corte» scrivono i magistrati «invita l’ente ad adeguarsi al generale principio di contenimento delle spese, all’osservanza del quale sono tenuti amministrazioni, enti e organismi che si avvalgono di risorse pubbliche».

L’accordo sulle collaborazioni è stato firmato con il placet dei sindacati nel 2017. Sul bilancio pesa il costo della lussuosa sede romana di viale Marx, per la quale il Formez paga oltre un milione di euro di affitto all’anno. Ma anche il calo nel valore della produzione del 9,14 per cento, passando da 45.064.017 euro a 40.943.623 euro. Un decremento che è da ricondurre a una riduzione consistente del volume di attività. Scarsa produttività più discutibile qualità.

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