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Paola Pisano e il Ministero dell’Innovazione che stenta ad innovare

Paola Pisano e il Ministero dell’Innovazione che stenta ad innovare

Dall’app Immuni alla «banda» ultralarga al Bonus vacanze. I risultati del dicastero per l’alfabetizzazione tecnologica sono modesti, a volte oscuri. Su di esso e sull’azione di colei che lo guida, la domanda sorge così spontanea: a che cosa servono?


E’ stata presentata come una rivoluzione, ma si sta rivelando un’operazione soprattutto di immagine. In pieno stile propagandistico Cinque stelle. L’investitura di Paola Pisano a ministra dell’Innovazione e la Trasformazione digitale non ha finora segnato la storia italiana tecnologica del Paese. Tanto che lei stessa ha tirato fuori il coniglio dal cilindro: un’apposita materia, sul digitale, da studiare a scuola. In una lettera, inviata dal quotidiano la Repubblica, ha messo nero su bianco la sua idea, rivolta alla ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina: «Lo considero un progetto di valore sociale, non solo economico» ha scritto. Così è arrivato il quarto d’ora di celebrità mediatica.

In futuro si vedrà se sarà questa novità a far ricordare il nome della Pisano negli anni a venire. Sempre che la collega di governo approvi l’iniziativa. Ed è solo uno degli esempi di una ministra costretta a dipendere dagli altri, giocando un ruolo marginale. A oggi, infatti, c’è una considerazione: la sostanziale impalpabilità dell’azione politica di questo ministero, che tecnicamente è un dipartimento della presidenza del Consiglio, illustrato come un’invenzione geniale dei giallo-rossi all’insediamento del Conte bis. Con la scelta della nomina ricaduta sulla Pisano, già assessore al Comune di Torino per la stessa materia. Eppure, l’innovazione resta invisibile. Un mistero più che un ministero che peraltro, solo di consulenze, costa alla casse pubbliche oltre 100 mila euro l’anno.

L’insuccesso più eclatante è legato all’applicazione Immuni, lanciata per combattere la diffusione dell’epidemia di Covid-19. Da giugno a fine agosto ha raggiunto appena i 5 milioni di download. Un dato che vanifica lo scopo di segnalare eventuali contatti con persone contagiate. I ritardi nel rilascio dell’app hanno giocato un ruolo importante nella crescita dello scetticismo degli italiani. Alla fine pure il viceministro della Salute, Pierpaolo Sileri, ha ammesso il fallimento del progetto: «L’app Immuni, purtroppo, è stato un flop tra i giovani». Così, per correre ai ripari, è stata promossa una massiccia campagna di comunicazione, tra social e tv. Gli effetti, in ogni caso, tardano ad arrivare.

Anche in materia di connessione veloce, il ministero dell’Innovazione non brilla. Sul contrasto al «digital divide» e sullo sviluppo della banda larga, il ritmo è molto compassato. Certo, la partita vera, soldi compresi, è gran parte in mano al ministro dello Sviluppo economico, Stefano Patuanelli. Tuttavia, Pisano è stata nominata, nel novembre 2019, presidente del Comitato banda ultralarga (Cobul), l’organismo che coordina la strategia nazionale per la banda ultralarga. Un ruolo che non ha cambiato lo scenario: alle lentezze croniche degli anni scorsi si sono sommate quelle attuali. Dopo un anno di governo non può essere sempre colpa dei predecessori.

Il contesto imporrebbe concretezza. Invece il ministero dell’Innovazione ha redatto uno dei tanti libri dei sogni, da realizzare entro il 2025, tra cui l’interessante capitolo sui «borghi del futuro». Il quadro reale, però, resta tutt’altro che visionario. L’Unione nazionale comuni comunità enti montani (Uncem), che rappresenta il 54 per cento dei bacini territoriali, ha messo in evidenza carenze pesanti nelle aree montane. «In alcuni territori manca anche l’Adsl, altro che banda ultralarga», dice a Panorama Marco Bussone, presidente dell’Uncem.I problemi del digital divide, affiorati ancora di più durante il lockdown, sono stati denunciati alla Camera da un’interrogazione del deputato di Fratelli d’Italia Tommaso Foti. In particolare, l’esponente di FdI si è soffermato sulla questione della «tv che non si vede». «Sono circa 5 milioni gli italiani che non riescono a captare i canali del servizio pubblico e l’intero bouquet televisivo» si legge nell’atto rivolto ai ministri Pisano e Patuanelli.

Bussone aggiunge altri elementi: «Ci sono vari fronti del digital divide, penso per esempio al fatto che in 1.200 Comuni italiani non si riesce nemmeno a telefonare o inviare un messaggio dal telefonino. E c’è un fatto poco noto: in molte aree montane è possibile vedere la Rai solo grazie ai ripetitori installati e manutenuti dagli enti locali. Tutto questo mentre la tabella di marcia sul piano della banda ultralarga è in ritardo di tre anni». Per risolvere i problemi aperti, conclude il numero uno dell’Uncem, «serve un’Agenda digitale per le aree montane».

I dati ufficiali indicano che molte regioni sono messe male sulla fibra: in Sardegna, Calabria e Puglia, che hanno siglato il contratto ad aprile 2019, l’avanzamento del progetto non va oltre il 3 per cento. Anche altre regioni sono sotto il 50 per cento del completamento dei lavori, come dimostrano i casi di Trentino Alto-Adige (33 per cento), Piemonte (35 per cento), Lombardia (36 per cento), Campania (41 per cento) e Liguria (47 per cento). Nessuna distinzione tra Nord e Sud, in questo caso. E nel Centro Italia, nel dettaglio Toscana e Lazio, l’avanzamento dei lavori è poco sopra la metà dell’obiettivo, al 53 per cento.

Come se non bastasse, il governo è fuori tempo massimo sui voucher digitali, gli incentivi progettati nella scorsa legislatura per sostenere l’acquisto di servizi legati alla connessione veloce. Si tratta di 1 miliardo e 300 milioni, da suddividere tra cittadini con reddito basso, scuole e piccole e medie imprese. Il Mise ha predisposto il decreto attuativo, atteso da mesi. Già a inizio anno la deputata del Pd Enza Bruno Bossio aveva sollecitato l’esecutivo, in particolare Patuanelli, a velocizzare l’operazione. «L’unica certezza» osserva il deputato della Lega Massimiliano Capitanio «è che le scuole a cui erano destinati 400 milioni ne riceveranno la metà. E soprattutto non saranno connesse per l’inizio dell’anno scolastico». Un ulteriore caso in cui la Pisano è stata spettatrice, nonostante la materia fosse di interesse del ministero dell’Innovazione. A muovere i fili è sempre il Mise.

Altro capitolo non proprio luccicante per la ministra è quello dell’app Io, lanciata per unire in un’unica applicazione i servizi della Pubblica amministrazione. A fine agosto solo 3 milioni e 100 mila persone l’hanno scaricata. E dire che il servizio ha beneficiato del volano del Bonus vacanze, fortemente voluto dal ministro dei Beni culturali e del Turismo, Dario Franceschini. Per ricevere il finanziamento bisognava aver scaricato l’app Io. Non a caso tra giugno e luglio c’è stato un boom di download. Il picco è stato registrato proprio il 1° luglio con quasi 196 mila utenti che l’hanno installata sullo smartphone. Da allora, tra alti e bassi, è terminato l’effetto del Bonus vacanze e la curva è scesa, fino alla decina di migliaia di download registrati a fine agosto.

Magari, come spiega la Pisano, è colpa delle amministrazioni locali. «È molto importante in questa fase che sempre più amministratori rendano disponibili i loro servizi digitali anche sull’app Io» ha dichiarato di recente. Ma è anche vero che sembra esserci una scarsa attenzione da parte di chi gestisce il servizio e la comunicazione. Ad aprile era stato annunciato un «diario di bordo», su un apposito blog, per raccontare le tappe di «un’idea ambiziosa (e forse folle)», come era stata definita nel post di presentazione l’app Io. Peccato che da cinque mesi sia l’unico post consultabile. Un diario povero di contenuti.

Del resto non c’è molto da meravigliarsi: la creazione del ministero dell’Innovazione non ha prodotto accelerazioni significative neppure sulla carta d’identità elettronica (Cie). Le cifre ufficiali indicano che solo il 26,53 per cento della popolazione è in possesso del nuovo tipo di documento, ritenuto fondamentale per l’accesso ai servizi digitali. Certo, le responsabilità vanno suddivise con il Viminale, che gestisce in realtà la pratica. Un po’ il leitmotiv del ministero dell’Innovazione: fare da controfigura, dall’app Immuni alla Cie, mentre le decisioni concrete spettano ad altri ministri. Un quadro che alimenta una riflessione sull’utilità di un’apposita poltrona governativa. Senza portafoglio, vero. Ma anche con scarsa incidenza.

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