La pressione dei mesi di isolamento ha portato a decine di suicidi collegabili al Covid. Chi si è tolto la vita per motivi economici, chi per l’angoscia del contagio, chi per fragilità psichiche che la pandemia ha aggravato. Ma la cifra, parziale (manca in Italia un osservatorio sulle morti volontarie), nasconde un sommerso ancor più allarmante. E un’altra quarantena farebbe deflagrare il fenomeno.
Prima la salute, certo. Con le decisioni assunte «in scienza e coscienza» come ama ripetere il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Il lockdown, senza pari in Europa per durezza, è stato infatti imposto per limitare i contagi. Sulla stessa lunghezza d’onda si è sintonizzato il ministro della Salute, Roberto Speranza, che ha rivendicato la necessità della chiusura totale. E ha predicato prudenza, paventando un possibile lockdown bis. «Il nostro auspicio è che non si arrivi più a una chiusura totale, però questo non sta scritto nel cielo, dipende da noi», ha ribadito di recente.
Un avviso ai naviganti che tuttavia non può ignorare gli effetti collaterali del confinamento. Personali, con un pesante prezzo psicologico, e collettivi, con la crisi economica, che comunque ha impattato sulla salute mentale degli italiani. Lo dimostra in questi giorni il dramma di Viviana Parisi, la mamma del piccolo Gioele: su una psiche fragile e tormentata la paura del contagio e il lockdown hanno pesato in modo fatale.
Così le conseguenze psicofisiche sono sfociate spesso in lutti. A parlare sono i numeri: secondo la fondazione Brf – Istituto per la Ricerca Scientifica in Psichiatria e Neuroscienze – in due mesi e mezzo ci sono stati 62 suicidi correlati al Covid-19. Ma sono cifre parziali. Gli esperti della fondazione hanno infatti potuto ricavare le statistiche attraverso le notizie riportate dalla stampa, senza poter elaborare un quadro scientifico. La ragione? In Italia manca un osservatorio che analizzi il trend dei suicidi per prevenirli.
«I numeri e i casi raccolti, pur non essendo propriamente scientifici, sono indicativi di un fenomeno che andrebbe monitorato di più» spiega a Panorama Armando Piccinni, psichiatra presidente della Fondazione Brf e docente all’Unicamillus di Roma, che evidenzia: «Con i membri del comitato scientifico della fondazione abbiamo comunque deciso di raccogliere tutte le notizie di cronaca, locale e nazionale, comprendendo i suicidi e i tentativi di suicidio, monitorando in particolare quelli legati, o per ragioni economiche o per paura del contagio, al Covid-19».
Se da un lato manca una catalogazione accurata dei casi, dall’altra resta la ferita di chi sceglie di togliersi la vita. E i motivi del gesto estremo sono vari: dalla preoccupazione per la crisi economica in arrivo alla difficoltà di sopportare il peso dell’incertezza sanitaria. Dietro le cifre aride, ci sono meccanismi e sofferenze di tragedie umane. Come il caso dell’infermiera di Monza, di 34 anni, che quando ha scoperto di essere infettata dal Covid si è tolta la vita: in piena emergenza non ha retto al pensiero di aver contagiato altre persone in ospedale, secondo quanto hanno riferito le cronache. Un dramma simile è avvenuto a Jesolo, in provincia di Venezia: un’altra infermiera, 49 anni, è morta suicida dopo alcuni giorni di lavoro nel reparto malattie infettive. Gli «angeli», tante volte esaltati in quei giorni dalla retorica dei media e della politica, hanno urlato così il proprio dolore.
Operatori sanitari a parte, le vittime appartengono a realtà sociali diverse. Un allarme è arrivato da Acerra, nel Napoletano, dove sono avvenuti tre suicidi in poche settimane. Il vescovo Antonio Di Donna, durante l’omelia di Ferragosto, ha scandito: «Dietro questi gesti disperati ci sono motivi di povertà, di disoccupazione». Un problema, secondo il prelato, acuito «in questo tempo di pandemia che sta procurando nuove povertà e la gente non ce la fa ad andare avanti».
Così a Portici, area metropolitana di Napoli, a fine luglio c’è stato un caso di omicidio-suicidio: un uomo di 65 anni, ossessionato dal virus come riferito da alcuni testimoni, ha ucciso la moglie dopo averla accusata di sottovalutare il pericolo del contagio. Si è quindi lanciato nel vuoto dal quarto piano. Talvolta, per fortuna, c’è anche un lieto fine, come a Catanzaro, ad aprile in pieno lockdown. Un uomo di 40 anni ha minacciato il suicidio per le difficoltà economiche aggravate dall’epidemia. A salvarlo è stato l’intervento della Polizia.
«Il rischio è che ci possa essere un incremento dei suicidi direttamente o indirettamente legati all’emergenza Covid-19» osserva ancora Piccinni «e che, parallelamente, ci sia un aumento dei disturbi psichici. Questo ci deve far riflettere su quanto sia importante conoscere la condizione della salute mentale in Italia».
Come affrontare il problema? «Con l’istituzione di un organismo che si muova sotto l’egida del ministero della Salute – che a riguardo ha già dimostrato ampia sensibilità al tema – e che monitori con precisione e in tempi pressoché immediati il fenomeno dei suicidi. A maggior ragione in un periodo di profonda emergenza». La prevenzione, quindi, fatta non solo con mascherine, distanziamento e igiene delle mani.
Di fatto, sul tema suicidi nulla si ritrova nei database dell’Istituto superiore di Sanità, guidato da Silvio Brusaferro. Mentre gli ultimi dati Istat a disposizione risalgono al 2017: in Italia, ben prima che arrivasse il coronavirus, oltre 3.800 si sono tolte la vita. «Purtroppo non sono state diffuse statistiche più aggiornate» hanno riferito dall’Istituto.
Ma non è tutto. «Il dato, già nell’ordinario e quindi al di là dell’epidemia, è molto sottostimato. C’è un sommerso rilevante. Secondo alcune stime, i suicidi sono il doppio rispetto al dato ufficiale», osserva il deputato del Movimento 5 Stelle, psicologo di formazione, Cristian Romaniello, che ha presentato una proposta di legge per fronteggiare il fenomeno. Con il Covid-19 la situazione è destinata a peggiorare. Proprio il parlamentare dei Cinque stelle sottolinea un indicatore: «Durante i mesi di emergenza più grave, una delle ricerche in “trending topic” su Google era “suicidio senza dolore”. Le persone cercavano modi di togliersi la vita senza soffrire». Almeno un centinaio di ricerche al giorno.
Un dossier della fondazione Brf ha raccolto vari studi e ha individuato le correlazioni tra il disturbo da stress post traumatico (Ptsd), la diffusione di epidemie e le crisi economiche. Durante l’epidemia di Sars (virus simile all’attuale coronavirus) del 2002, fu effettuata a Toronto una ricerca su 15 mila individui esposti al virus e finiti in quarantena. «I risultati hanno riscontrato in una parte sostanziale delle persone in quarantena Ptsd e depressione. In particolare i sintomi di stress post traumatico e depressione sono stati osservati rispettivamente nel 28,9 per cento e nel 31,2 per cento degli intervistati» si legge nel documento.
Non è diverso l’esito della ricerca svolta sulla Mers, altro virus respiratorio che ha colpito l’Arabia Saudita nel 2012. «Il 77 per cento del campione ha riportato sintomi di ansia minima, il 18,4 per cento un’ansia lieve e il 4,6 ha riportato sintomi di ansia moderata» riferisce l’indagine.
Ci sono poi i risvolti legati a un’epidemia: le difficoltà finanziarie. Una stima, anche in questo caso fatta in maniera «artigianale», evidenzia che soltanto in Italia la crisi economica del 2008 sia stata la causa di qualcosa come quattromila suicidi. E si torna al punto di partenza: è un calcolo privo di una raccolta dati specifica.
Una considerazione resiste comunque all’incertezza dei numeri: in un contesto del genere, un altro lockdown farebbe deflagrare un sistema pieno di falle. «Un secondo periodo di confinamento, simile a quello precedente, non ha le caratteristiche dell’evento improvviso» nota ancora Piccinni. «Ma per alcuni, e in maniera forse peggiore, si configura come l’evento negativo atteso, la spada di Damocle, la minaccia incombente, che può o non può verificarsi. Con tutti i mezzi bisogna evitare, per quanto nelle nostre possibilità, una nuova clausura. Ci eviteremo in questo modo sofferenze e problemi economici maggiori di quelli che già abbiamo».
