Inutile sacrificare uomini sul territorio afghano. La Casa Bianca deve puntare solo su un’opera di intelligence a tutto campo.
Articolo pubblicato il 4/10/2001
Il grande dispiegamento della potenza militare statunitense ora in corso, inclusi non meno di quattro gruppi di portaerei nell’Oceano Indiano Nord-occidentale, indica che è imminente un’invasione dell’Afghanistan, o forse un’offensiva aerea su vasta scala contro l’Iraq, come nel 1991, ma con le migliori bombe di oggi. Ma nessuna opzione viene presa minimamente in considerazione.
È vero che se vi fossero le prove che Saddam Hussein sta finanziando Osama Bin Laden, il quale non è un miliardario, contrariamente alla leggenda, seguirebbe una massiccia rappresaglia. Ma ciò potrebbe accadere soltanto dopo un’estesa attività preparatoria a livello diplomatico per convincere l’opinione pubblica mondiale con prove certe, che finora non sono state ancora rivelate.
Quanto a un’invasione di terra dell’Afghanistan, non è né possibile né tantomeno necessaria. Non è possibile perché richiederebbe mesi di preparazione e il richiamo di circa 300.000 riservisti. E non è neppure necessaria perché i talebani possono venire sconfitti tagliando i loro approvvigionamenti militari dal Pakistan e, al contempo, rifornendo debitamente i loro nemici dell’Alleanza del Nord, cioè il governo afghano riconosciuto da quasi tutti i Paesi.
La risposta degli Stati Uniti agli attacchi dell’11 settembre deve pertanto rimanere per il 95% diplomatica. Questa è la conseguenza inevitabile della mancanza di obiettivi significativi per gli attacchi aerei o le operazioni di commando. La Al Qaeda di Osama Bin Laden, piuttosto una rete sparsa che un’organizzazione convenzionale, non presenta bersagli importanti. Il quartier generale è rappresentato dallo stesso Osama con i suoi assistenti, ovunque si trovino, poiché si spostano in continuazione. I suoi depositi di rifornimenti sono costituiti dalle case dei villaggi. I suoi campi di addestramento sono l’aperta campagna o Paesi stranieri lontani, come nel caso delle scuole di volo statunitensi che abbiamo scoperto.
Bombardare bersagli di Al Qaeda sarebbe pertanto inutile in termini concreti, nonché controproducente dal punto di vista politico, poiché i danni insignificanti causati in Afghanistan verrebbero immediatamente equiparati alle distruzioni catastrofiche prodotte a New York e Washington. I talebani, un raggruppamento eterogeneo di bande armate piuttosto che un esercito vero e proprio, stanno combattendo contro i tagichi e gli uzbechi dell’Alleanza del Nord. Devono pertanto avere un deposito di munizioni per la loro artiglieria, che può essere identificato e distrutto facilmente con i bombardamenti. Usano anche carri armati dell’ex Unione Sovietica e altri veicoli blindati, che possono pure essere attaccati dalle forze aeree, ma con risultati meno certi. Vi sono diverse basi a Kabul, Kandahar, Jalalabad e altrove, ma nessuno di questi edifici rappresenta un obiettivo primario.
A parte i singoli veicoli blindati, è quindi difficile trovare anche solo 25 obiettivi che valga la pena di bombardare in Afghanistan, diversamente dai 2.700 importanti bersagli in Iraq durante la guerra del 1991 o i 900 in Serbia nel 1999. Naturalmente, i bersagli «a basso contrasto», troppo elusivi per gli attacchi aerei, come i caccia arabi di Al Qaeda nelle case del gruppo di Kabul, potrebbero venire attaccati da commando, o da truppe per le operazioni speciali, per usare la terminologia Usa.
Sia il 75 reggimento Rangers di fanteria scelta sia gli specialisti della Delta Force (distaccamento aviotrasportato di nuclei speciali) sono stati inviati nel Golfo, pronti per entrare in azione. Sebbene in Afghanistan vi siano molti cannoni antiaereo, non esiste un perimetro di difesa radar, né un reparto di caccia per intercettare gli intrusi. L’ Afghanistan può pertanto essere penetrato a piacere persino da velivoli da trasporto normali, per non parlare dei Combat Talon C-130 dei nuclei statunitensi per le operazioni speciali, attrezzati per volare a quota estremamente bassa di notte e in grado di atterrare su una qualunque striscia di terra, purché solida e pianeggiante. Ma i capi di stato maggiore congiunti statunitensi, diversamente dalla loro controparte britannica e israeliana, sono molto riluttanti ad autorizzare operazioni di commando.
Tendono a insistere su un’intelligence più globale di quanto si possa ragionevolmente realizzare, e quando sono stati posti sotto pressione da ufficiali civili, hanno proposto studi di fattibilità anziché un’ azione immediata. Ora, dopo la morte di migliaia di civili a New York, forse le cose cambieranno, forse i capi permetteranno che la vita dei loro uomini venga messa a rischio nei combattimenti. Ma, anche così, la mancanza di obiettivi significativi rende molto difficile il conseguimento di risultati apprezzabili, a meno che gli agenti locali o pachistani non riescano davvero a guidare i commando statunitensi a uccidere o catturare Osama Bin Laden in persona.