I segnali di ripresa delle scorse settimane sono effimeri tra una occupazione che resta incerta, gli aumenti dei prezzi che erodono le misure d’aiuto del governo, gli annunci sui blocchi dell’energia. Si apre così la stagione più difficile.
La festa appena cominciata è già finita» cantava Sergio Endrigo vincendo il Festival di Sanremo. Era il 3 febbraio 1968, un mese dopo ci furono gli scontri di Valle Giulia a Roma. Pier Paolo Pasolini ammoniva i giovani borghesi che lui stava dalla parte dei poliziotti proletari. Seguirono i morti di Avola, tra i braccianti in rivolta, e poi arrivò l’autunno caldo. Il miracolo economico non aveva diffuso benessere e i Cub, i Comitati di base, chiedevano «salari eguali perché gli stomaci sono tutti eguali»… Si sono lette la scorsa settimana cifre entusiastiche: il Pil italiano vola. L’Istat stima che «nel secondo trimestre del 2022 il prodotto interno lordo sia aumentato dell’1 per cento rispetto al trimestre precedente e del 4,6 se paragonato al secondo trimestre del 2021». Anche l’inflazione scende di un decimale (al 7,9) e c’è il boom dell’occupazione: a giugno 2022 – sempre dati Istat – il tasso sale a 60,1 per cento (valore record dal 1977), quello di disoccupazione è stabile all’8,1 e il tasso di inattività scende al 34,5. E la pandemia? E la guerra? E la siccità? E soprattutto le previsioni del Fondo monetario, di Standard & Poor’s, di Moody’s, dell’Ocse, perfino della stessa Commissione europea che danno i volumi economici in contrazione soprattutto in prospettiva 2023, allora sono tutte sballate?
Chi tiene il punto è Ignazio Visco, governatore della Banca d’Italia, che non si fida delle turbolenze a ha confermato: il 2,6 per cento di crescita quest’anno. Almeno mezzo punto sotto le stime ultime del ministro dell’Economia Daniele Franco che era partito lancia in resta con un 4,7 poi ha fatto retromarcia e lascia la previsione del Def al 3,1 e invariata. Ma ha già fatto sapere che la finanziaria d’ottobre neppure comincia a studiarla, compito di chi verrà. Mario Draghi ottiene più successi con gli affari correnti che nel pieno delle funzioni, perfino lo spread se ne sta abbastanza calmo.
Eppure il debito pubblico sfiora i 2.770 miliardi: è record. C’è la campagna elettorale e guai a disturbare con le previsioni fosche il potenziale elettore. La festa appena cominciata però è già finita. L’autunno sarà presumibilmente al freddo perché manca il gas, ma caldissimo sul fronte del disagio economico e sociale sotto i colpi dell’inflazione. Per molti la recessione sarà anche (re)cessione del quinto se l’inflazione alimentare resta sopra il 9,1 per cento e, causa siccità, la doppia cifra di aumento è già acquisita. L’Abi – l’unione delle banche – è in allerta sul debito delle famiglie. Il Sessantotto non è poi così lontano, come 53 anni fa «gli stomaci sono tutti uguali».
Il primo avvertimento, nonostante il ministro Franco abbia diffuso a luglio rosee previsioni sul fabbisogno statale diminuito di 45 miliardi, arriva dal Fondo monetario. Al termine della sua ricognizione semestrale ha stilato per l’Italia un rapporto «stile Grecia», quasi ad avvertire il governo che verrà che non saranno fatti sconti. Crescita forse al 3 per cento quest’anno e uno striminzito 0,7 il prossimo, ma l’Italia ha bisogno di «notevoli e determinanti miglioramenti nel bilancio». Tradotto, vuol dire più imposte per «razionalizzare le spese correnti, rafforzare l’adesione dei contribuenti agli obblighi fiscali e mettere in atto le riforme per rafforzare la crescita necessarie per raggiungere e mantenere un notevole surplus primario per tenere il debito pubblico su un percorso saldamente di ribasso». L’Istat stesso, anche se enfatizza il mini-boom del primi sei mesi, avverte: è andata male l’agricoltura, meglio l’industria, bene i servizi. Dunque è una crescita dai piedi di argilla perché molto è affidato alla ripresa del turismo, del tutto effimera.
Confcommercio stima che in agosto ci sarà una contrazione della spesa turistica degli italiani (27 milioni in viaggio come nel pre-pandemia, ma con in media tre giorni di vacanze e 200 euro a testa in meno) e minori arrivi dall’estero. Anche sull’occupazione conviene frenare gli entusiasmi. L’Istat per ordine dell’Europa ha cambiato le rilevazioni. Se un dipendente è in Cig, dopo tre mesi passa tra gli inoccupati, ma se la cassa integrazione s’interrompe torna a essere un occupato. Non vuol dire però che ci sia un posto in più. Una spia? Sono diminuiti i contratti a tempo determinato: c’è meno lavoro. Guardando oltre i titoli da campagna elettorale si vede un orizzonte molto perturbato. Lo ammette tra le righe lo stesso Draghi che col decreto Aiuti prova ad attutire l’impatto delle bollette e a limare il cuneo fiscale. Una miseria: l’1 per cento di minori imposte. Nulla di fronte all’inflazione alimentare, allo shock dell’Arera (l’Autorità per l’energia) che annuncia un nuovo raddoppio delle bollette in autunno.
È una rincorsa senza fine con una preoccupazione che sta facendosi strada tra gli operatori della distribuzione: la domanda è ferma, i prezzi continuano a salire, siamo alla stagflazione e alla mensa dei poveri. Ai punti di assistenza del Pane quotidiano si allungano, anche d’estate, le file per il pane. Il Governo sta pensando di azzerare l‘Iva sui beni di prima necessità. La domanda di cibo ed energia è «anelastica» (non cambia in quantità anche se il prezzo sale) e l’inflazione la pagano soprattutto i più deboli. La ricetta contro quest’ultima è una sola: far circolare meno il denaro. Ma così si strozza l’economia. È il rischio che ha deciso di correre in America la Federal Reserve alzando i tassi d’interesse. La Bce, con la sua presidente Christine Lagarde, deve adeguarsi, per noi significa pagare di più l’enorme debito pubblico. Altrimenti importiamo ulteriore inflazione: con l’euro che è alla parità col dollaro, energia e materie prime rincarano sempre più.
In Italia c’è chi suggerisce rimedi fantasiosi. Francesco Giavazzi, primo consigliere economico di Draghi, sostiene che la manovra anti-inflazione della Bce non sia adeguata. Bisognerebbe lasciar correre i prezzi per evitare di comprimere lo slancio produttivo. Avremo un boom di poveri: già quelli in condizione di povertà assoluta sono 5,7 milioni, più altri 2,9 milioni di famiglie in povertà relativa. Oltre il 14 per cento degli italiani non ce la fa. Il segretario della Cisl Luigi Sbarra, dal canto suo, immagina tagli dell’Iva selettivi secondo l’indice Isee. Un «carpiato» con doppio avviamento per trasformare un’imposta indiretta in imposta diretta. Gli fa eco il segretario della Cgil Maurizio Landini, che vuole un aumento netto in busta paga per tutti di 200 euro. Il governo ha scelto la strada dei bonus e questa limatura del cuneo fiscale per i dipendenti con un stipendi annui sotto i 35 mila euro (il netto è circa 1.850 euro mensili). Vuol dire mettere in tasca a secondo delle fasce di reddito da un minimo di 15 euro a un massimo di 35 euro al mese. L’inflazione si sta mangiando 1.900 euro all’anno, se si aggiunge il caro energia si va oltre i 3.200 euro a famiglia!
Carlo Cottarelli, uno degli economisti più ascoltati, sostiene che per effetto dell’inflazione si stia verificando un forte cambiamento nella distribuzione dei redditi. Bisogna avere il coraggio di far crescere i salari e detassare gli aumenti. Ma non c’è lo spazio economico per questa scelta. Per la prima volta da due anni crolla l’indice Pmi manifatturiero (sostanzialmente, il termometro delle aspettative) che torna sotto quota 50 (il livello che indica recessione) a 48,5, perdendo in un solo mese oltre un punto. Parlando con Il Sole 24 Ore Lewis Cooper, economista di Standard & Poor’s, sostiene che «le aziende italiane hanno dovuto sopportare nuove sfide con un calo della produzione e degli ordini».Hanno diminuito gli acquisti e gonfiato i magazzini per non bloccare la produzione. Succede perché l’economia si sta fermando.
In più ci sono prospettive fosche sul fronte energetico. L’Italia rischia stop produttivi e la stessa Banca centrale ha ammesso che il perdurare del caro energia significa un ulteriore 0,8 per cento in meno di crescita. Spazzando via anche l’illusione che i risparmi accumulati in pandemia servano a sostenere la domanda. Non sono una ciambella anti-stagflazione i 2 mila miliardi depositati in banca e i 1.300 miliardi degli italiani in mano al risparmio gestito. La dimostrazione più evidente che è così la dà il mercato dell’auto. Anche a luglio si è verificata una contrazione dello 0,8 per cento nelle immatricolazioni, da inizio anno la flessione è del 20,3.
Un ulteriore allarme arriva dal commercio estero: già nel 2021 sono stati persi oltre 19 miliardi di saldo della bilancia commerciale. Il deficit energetico non è compensato dalle nostre esportazioni. Come se non bastasse, il mondo è in frenata. La Germania che è il primo cliente dell’Italia ha crescita zero, gli Stati Uniti sono tecnicamente in recessione, anche in Francia l’indice Pmi è sceso a livello recessione. Il debito privato del Dragone – tenendo conto anche di quello delle aziende – è pari a 48 mila miliardi di dollari, il 287 per cento del Pil. Questo ha determinato il crollo dei consumi con i supermercati deserti… In questa situazione il nostro Paese va incontro alla stagione forse più difficile. Mario Maiocchi, centro studi Confimprese, sostiene: «L’aumento dei consumi è debole, solo ristoranti e il settore turistico che resta sotto al 2019 hanno una certa ripresa: inflazione, bollette, guerra e crisi politica hanno sfiduciato le famiglie e frenato i consumi». In attesa di una finanziaria difficilissima, dell’Europa e del nuovo patto di stabilità e di sapere se Gazprom ci darà ancora gas, per dirla col verso che vince il tempo di Giuseppe Ungaretti: «Si sta come d’autunno sugli alberi le foglie».
