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Il figlio di El Chapo Guzman si arrende alla giustizia USA

Il figlio di El Chapo Guzman si arrende alla giustizia USA

La confessione del figlio di El Chapo segna un nuovo colpo all’impero dei Chapitos, eredi del cartello di Sinaloa, mentre gli Stati Uniti intensificano la campagna per smantellare la più potente organizzazione di narcotraffico del mondo.

La dichiarazione di colpevolezza di Joaquin Guzman Lopez, erede diretto di Joaquin El Chapo Guzman Loera e figura di primo piano del cartello di Sinaloa, segna una fase cruciale nella lenta demolizione dell’impero criminale costruito dallo storico boss. Arrestato negli Stati Uniti nel luglio 2024, il 39enne ha ammesso la propria responsabilità per traffico internazionale di droga e per attività criminali continuative, reati che potrebbero condurlo a una condanna compresa tra dieci anni di carcere e l’ergastolo.

Per il Dipartimento di Giustizia, questa confessione non è soltanto la caduta di un singolo narcotrafficante, ma un ulteriore smottamento di quell’apparato mafioso transnazionale che El Chapo aveva trasformato in una macchina da guerra e da denaro. La procuratrice generale Pamela Bondi lo ha definito «un’organizzazione terroristica che per decenni ha distrutto famiglie americane», sottolineando come la resa del figlio rappresenti «una vittoria storica» nella campagna per smantellare i cartelli definiti ormai apertamente organizzazioni terroristiche straniere.

L’impero di El Chapo, infatti, non è crollato con l’arresto del suo fondatore nel 2016. Al contrario, i figli – Iván Archivaldo, Jesús Alfredo, Ovidio e Joaquin – ne hanno raccolto le strutture, le reti di corrieri, le rotte intercontinentali e soprattutto l’approccio brutale alla gestione del potere. Sono i Chapitos ad aver adattato l’organizzazione ai nuovi tempi, trasformandola nel principale motore della crisi del fentanyl negli Stati Uniti, una crisi che la DEA ha definito «la più mortale della storia americana». Terrance Cole, alla guida dell’agenzia, ha ricordato come il cartello sotto la loro direzione abbia prodotto «veleno» e tratto profitto dalla distruzione di centinaia di migliaia di vite.

Nel suo accordo con i magistrati statunitensi, Joaquin Guzman Lopez ha ammesso di aver gestito il trasporto di tonnellate di stupefacenti — dal fentanyl all’eroina, dalla cocaina alla marijuana — utilizzando la stessa infrastruttura criminale costruita dal padre: tunnel transfrontalieri, reti di corrieri, veicoli modificati, aerei, vagoni ferroviari e persino sommergibili artigianali. Una logistica che dimostra come il cartello non sia mai stato un sistema dipendente da un solo capo, ma un conglomerato di uomini, mezzi, rotte e alleanze che i figli hanno saputo ereditare e modernizzare.

Accanto a questo, Guzman Lopez ha ammesso riciclaggio internazionale, corruzione di funzionari pubblici, violenze contro forze dell’ordine e rivali e persino un sequestro di persona, realizzato nel tentativo — fallito — di ottenere vantaggi giudiziari. Nell’ambito del patteggiamento accetterà di consegnare 80 milioni di dollari, considerati proventi diretti dei suoi traffici. Le autorità federali considerano la sua confessione un passaggio strategico non solo sul piano giudiziario ma anche simbolico. Il procuratore generale aggiunto Matthew Galeotti ha ricordato che Joaquin aveva “raccolto il testimone del padre” nella guida della fazione più aggressiva del cartello, mentre l’FBI ha parlato di un’attività criminale «diventata un affare di famiglia». Per Adam Gordon, procuratore federale in California, «due sono giù, due restano da prendere», riferimento diretto alla latitanza di Iván Archivaldo e Jesús Alfredo.

L’arresto e la resa di Joaquin si inseriscono nella più ampia operazione Take Back America, l’iniziativa che riunisce tutte le risorse del Dipartimento di Giustizia con l’obiettivo dichiarato di smantellare definitivamente i cartelli e colpire le loro reti transnazionali. Un’operazione che gli Stati Uniti rivendicano come sempre più efficace, soprattutto dopo la designazione formale dei cartelli messicani come organizzazioni terroristiche straniere. Resta un dato fondamentale: l’impero di El Chapo non è mai davvero scomparso, è stato semplicemente riorganizzato nelle mani dei suoi eredi. Joaquin Guzman Lopez è il primo dei fratelli a infrangere il muro di omertà costruito attorno alla dinastia. La sua confessione è un segnale che — lentamente, ma inesorabilmente — quel sistema criminale costruito in decenni di violenze sta cedendo. Non tutto è ancora crollato, ma ogni nuovo arresto apre una crepa più profonda nell’edificio che per anni ha dominato il narcotraffico globale.

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