L’instabilità politica tunisina con le proteste ormai senza fine ed il governo destituito costituisce un grande rischio per il Nord Africa e per il nostro Paese (soprattutto sul fronte migratorio).
Non si placa la situazione in Tunisia. Nelle scorse ore, il presidente Kais Saied ha annunciato un coprifuoco della durata di un mese, che sarà in vigore dalle 19 alle 6: tutto questo, mentre è stato imposto un divieto di assembramenti superiore alle tre persone. Una mossa arrivata dopo che, nella giornata di ieri, si erano verificati degli scontri nei pressi del palazzo del parlamento. Ricordiamo che, domenica scorsa, il capo dello Stato avesse avocato a sé il potere esecutivo, licenziando il premier Hichem Mechichi, sospendendo il parlamento e privando i deputati dell’immunità. Proprio Mechichi, nella tarda serata di ieri, ha reso noto che si farà da parte. “Al fine di preservare la sicurezza di tutti i tunisini, dichiaro che mi schiero, come ho sempre fatto, dalla parte del nostro popolo, e dichiaro che non assumerò alcuna posizione o responsabilità nello Stato”, ha scritto su Facebook. Nel frattempo, il parlamento ha respinto le azioni di Saied, dichiarandole “nulle”. A voler dare battaglia contro il presidente è in particolare il partito islamista (ispirato ai Fratelli Musulmani) Ennahda, che ha accusato il capo dello Stato di golpismo.
Ora, non è esattamente chiaro quali saranno gli sviluppi dei prossimi giorni. Una possibilità è che il presidente consolidi il proprio potere e, in quel caso, bisognerebbe allora capire come sceglierà di muoversi non solo in politica interna ma anche in politica estera. Una seconda possibilità è invece che l’instabilità aumenti in modo significativo. Uno scenario preoccupante sotto svariati punti di vista. Non solo perché rischierebbe di destabilizzare l’intero Nord Africa con delle ripercussioni sulla stessa Libia. Ma anche perché una Tunisia sempre più instabile potrebbe rafforzare i flussi migratori diretti verso il nostro Paese. Secondo i dati diffusi dal Viminale, la quota maggiore di migranti che sbarcano sulle coste italiane è infatti costituita proprio da tunisini (il 21%, per un totale di 5.805 persone da inizio 2021). Un ulteriore incremento degli sbarchi rischierebbe di avere delle conseguenze molto serie, anche in considerazione del fatto che – soprattutto negli ultimi giorni – Lampedusa è tornata ad essere sottoposta a un’ingente pressione migratoria.
In questo senso, una situazione politica fortemente instabile metterebbe a repentaglio gli sforzi che l’Italia ha compiuto negli scorsi mesi per cercare di collaborare con Tunisi nell’arginare i flussi. A fine maggio, il ministro dell’Interno, Luciana Lamorgese, aveva compiuto una visita nel Paese, insieme al commissario europeo per gli Affari Interni Ylva Johansson. In quell’occasione, era stata raggiunta un’intesa con le istituzioni locali che, oltre all’assistenza italiana per la manutenzione e la riparazione delle motovedette, prevedeva maggiore flessibilità sui rimpatri e un più solido coordinamento tra Roma e Tunisi in materia migratoria. In un tale quadro, a metà dello scorso giugno, lo stesso Saied si era recato in visita ufficiale in Italia, dove aveva discusso con il premier, Mario Draghi, delle relazioni italo-tunisine e della questione migranti. Per quanto avessero dato in concreto dei frutti altalenanti, tutti questi tentativi rischiano di essere spazzati via, se il Paese dovesse sprofondare nel caos.
E intanto le incognite restano numerose. Non sarà del resto un caso che, almeno per il momento, le reazioni internazionali all’atto di Saied (dalla Germania agli Stati Uniti, passando per l’ONU) siano state relativamente caute (e spesso attendiste). “L’Italia segue con grande attenzione l’evolvere della situazione in Tunisia”, recita una nota della Farnesina. “La portata e la natura delle decisioni assunte nelle scorse ore”, prosegue il comunicato, “dovrà essere attentamente valutata. L’Italia esprime altresì preoccupazione per la situazione e per le sue potenziali implicazioni e rivolge un appello alle istituzioni tunisine affinché venga garantito il rispetto della costituzione e dello stato di diritto”. Preoccupazioni sono state evidenziate anche dalla Lega. “La Tunisia è nel caos e l’Italia e la Sicilia non possono ritrovarsi sulle proprie spalle le conseguenze di questa crisi”, ha dichiarato l’europarlamentare del Carroccio, Annalisa Tardino.
Pur nell’oggettiva difficoltà della situazione, Roma dovrebbe forse giocare d’anticipo e cercare di ritagliarsi un ruolo di primo piano nella crisi tunisina. Lasciare che gli eventi facciano da soli il proprio corso può infatti rivelarsi ancora più rischioso. Anche perché il caos politico in quell’area non giova a nessuno.
