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Il tempo si è fermato all’Hotel delle spie

Il tempo si è fermato all’Hotel delle spie

Quando c’era l’Unione sovietica, in un piano del principale albergo di Tallinn si controllavano e si ascoltavano gli stranieri arrivati nella capitale dell’Estonia. Un luogo segreto che una ristrutturazione ha svelato e ora è diventato un museo di memorie…

Gli archeologi, quasi sempre, devono scavare. Per una ricerca storica, invece, a volte basta salire una rampa di scale. È quanto è accaduto ai nuovi proprietari di quello che fino al 19 agosto 1991 fu l’Intertourist hotel di Tallinn. Dal maggio 1972, quando l’albergo era stato conficcato dall’omonima società alberghiera russa come un piolo di cemento nel cuore della capitale dell’Estonia, il suo ultimo piano aveva occultato una centrale del Kgb, il servizio segreto dell’Unione sovietica.

L’hanno scoperto gli addetti della società finlandese Sokos, che ha acquistato l’edificio dopo lunghi decenni d’abbandono per trasformarlo nel nuovo hotel Viru. In uno dei primi sopralluoghi, pochi anni fa, si sono trovati di fronte un cancelletto di ferro seminascosto, che impediva l’accesso al ventitreesimo piano. Sulle sue sbarre, ormai arrugginite, campeggiava ancora il beffardo cartello nero piazzato tanti anni prima dagli agenti sovietici, con una scritta bianca: «Siin ei ole midagi», che in estone significa «Qui dietro non c’è nulla».

È bastato forzare il cancello, salire qualche gradino e aprire una porta. Davanti agli occhi increduli degli uomini della Sokos si è spalancato un dedalo di uffici. Coperto dalla polvere, tutto era nelle esatte condizioni in cui era stato lasciato la notte tra il 19 e il 20 agosto 1991, quando l’improvviso golpe scatenato a Mosca contro l’ultimo presidente Mikhail Gorbaciov aveva accelerato il crollo dell’Urss e spinto gli estoni a proclamare l’indipendenza. Quella mossa, a sua volta, aveva provocato la veloce ritirata di tutti gli apparati sovietici, militari e d’intelligence, presenti nei Paesi baltici. E nella fuga erano spariti anche gli agenti del Kgb che per un ventennio, in silenzio, avevano lavorato in cima all’hotel Intertourist.

Le stanze del ventitreesimo piano, lasciate in fretta e furia, erano proprio come si trovavano quella notte: qui scrivanie da lavoro e là lettini per il riposo degli agenti fuori servizio. I pavimenti di linoleum, ingialliti dal tempo, erano coperte di carte. Sui tavoli qualche goffa macchina da scrivere arancione, con i tasti in cirillico. Appese ai muri, alcune uniformi militari, misteriose maschere antigas e poche armi. In alcuni casi, i cavi strappati facevano capire che certe apparecchiature erano state portate via nella fuga. Ma sui tavoli, tra i posacenere ancora ricolmi di cicche, restavano faldoni zeppi di documenti e archivi con le schede dei soggetti più «interessanti» su cui indagare. Nell’ufficio di quello che doveva essere il capo-sezione c’era perfino un «telefono rosso». Non aveva né disco combinatore, né tasti da schiacciare, perché non serviva comporre alcun numero: dall’altra parte del filo, 24 ore su 24, rispondeva direttamente un funzionario della Lubjanka. Nell’ultima stanza, la sala d’ascolto vera e propria, tanti vecchi registratori a bobina.

Dal 1972 all’agosto 1991, senza un minuto di tregua, gli occupanti del piano segreto dell’hotel Intertourist hanno tenuto sotto controllo chi passava o sostava nei 22 sottostanti. Il Kgb era allora governato da quel vecchio volpone di Juri Andropov, che nel 1982 sarebbe divenuto presidente dell’Urss. I servizi sovietici sapevano bene che l’albergo, il migliore di Tallin (ospitava anche l’unico night club della città cui fosse permesso di restare aperto fino alle 3 di notte), era l’inevitabile destinazione di ogni turista occidentale, quindi anche di ogni giornalista e di ogni eventuale spia, europea o americana.

Per questo, già durante la costruzione dell’hotel, i sovietici ne avevano disseminato muri e soffitti di microspie e telecamere. Le cimici erano nascoste ovunque: affogate nei telefoni delle camere, nelle pareti e nei soffitti di corridoi e ascensori, dietro ai quadri e nei vasi da fiori, nei tavoli del ristorante e nella sauna. Perfino nei pesanti posaceneri del night. Sul tetto dell’albergo, poi, erano state alzate antenne capaci di captare i segnali radio di Helsinki, 87 chilometri a nord oltre il Golfo di Finlandia, e di trasmettere verso una centrale d’ascolto piazzata su territorio russo. La maggior parte dei camerieri e degli inservienti estoni dell’Intertourist hotel, com’è ovvio, era stata reclutata dal Kgb con la consegna del più assoluto silenzio; gli altri venivano minacciosamente sconsigliati dal fare la minima domanda su quanto dovessero percepire accadeva sopra le loro teste.

Oggi alcuni di loro lavorano ancora in quel ventitreesimo piano, che la municipalità di Tallinn e i proprietari del nuovo hotel Viru, di comune accordo, hanno deciso di trasformare in museo. Le guide raccontano che alcuni degli ospiti stranieri, negli anni Settanta e Ottanta, sospettavano di essere spiati al punto da lanciarsi in improbabili annunci ad alta voce: «1, 2, 3, prova microfono per gli amici del Kgb…». I più consapevoli, invece, alzavano il volume della radio per disturbare le registrazioni. In mansarda, intanto, annotavano tutto.


Così L’Urss sorvegliava L’Italia 

La sigla Kgb significa «Comitato per la sicurezza dello Stato». Dal marzo 1954, cioè un anno esatto dopo la morte di Iosif Stalin, e fino al dicembre 1991 fu il principale servizio segreto del blocco comunista. Se ne scoprì l’effettiva potenza solo dopo il crollo dell’Unione sovietica, perché per quasi 40 anni il Kgb aveva assommato i compiti e i poteri di un servizio d’intelligence (in parte anche militare), di sicurezza e di polizia.

Famigerato per i suoi metodi brutali, il Kgb era temuto dalle stesse alte sfere del Partito comunista sovietico, tant’è che Juri Andropov, che ne fu il direttore dal 1967 al 1982, sfruttò le leve di potere del Comitato per diventare segretario generale del Pcus e presidente dell’Urss. Del Kgb ha fatto parte anche l’attuale presidente russo, Vladimir Putin. Molto di quel che sappiamo sulle attività del Kgb proviene dai documenti che tra il 1972 e il 1984 furono copiati e trafugati da un suo archivista, Vassili Mitrokhin. Consegnato ai servizi italiani nel 1995,

il dossier Mitrokhin avrebbe potuto smascherare almeno 150 agenti del Kgb ancora attivi in Italia. Invece fu misteriosamente lasciato «dormire» fino al 2002, quando venne istituita la commissione parlamentare d’inchiesta presieduta da Paolo Guzzanti. I lavori della «commissione Mitrokhin» furono contestati dall’opposizione di sinistra, ma il suo rapporto finale individuò varie decine d’infiltrati del Kgb in Italia, tra i quali giornalisti, funzionari d’ambasciata e uomini del disciolto Pci. Della lista faceva parte Giorgio Conforto (1908-1986), nome in codice «Dario», un ex addetto al ministero degli Esteri che i sovietici nel 1975 avevano premiato con l’Ordine della Stella rossa.

Le cronache raccontano che nella casa romana di sua figlia Giuliana, il 29 maggio 1979, vennero arrestati i brigatisti rossi Valerio Morucci e Adriana Faranda, un anno prima coinvolti nel rapimento di Aldo Moro, e vi fu trovata anche la mitraglietta Skorpion con cui era stato ucciso lo statista. A Giuliana Conforto bastò dirsi ignara della vera identità dei due terroristi, e così fu prosciolta. (M.T.)

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