Il nuovo conflitto israelo-palestinese ha «silenziato» quello in Ucraina. Ma le due guerre sono collegate. E mentre Mosca e Pechino si fregano le mani, l’Europa si divide.
«L’Ucraina non finisce più in prima pagina ma la guerra esiste ancora. La Russia si sta certamente avvantaggiando di questa situazione» ha dichiarato l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, al Consiglio Ue del 23 ottobre. L’obiettivo del vertice, non ancora raggiunto, era sbloccare il pagamento dell’ottava tranche di aiuti militari a Kiev, ma il vento sta cambiando e il nuovo conflitto a Gaza ha fatto sparire dai radar quello nel cuore dell’Europa. Borrell sottolinea però che «le guerre in Israele e Ucraina hanno diverse radici e conseguenze, ma causano egualmente scosse telluriche in tutto il mondo».
Dopo più di 600 giorni l’invasione russa è passata totalmente in secondo piano rispetto al Medioriente preoccupando seriamente il presidente Volodymyr Zelensky, che ai microfoni di France 2 ammette: «Se l’attenzione internazionale si sposta dall’Ucraina, in un modo o nell’altro ci saranno conseguenze». Una delle più plateali, che non ha suscitato grande attenzione pur dimostrando le crepe europee, è la stretta di mano fra il premier ungherese, Viktor Orbán e Vladimir Putin in occasione della conferenza in Cina per il decimo anniversario della Via della seta. La prima volta di un leader Ue, che fa parte della Nato, dall’attacco russo del febbraio 2022. In nome dell’ironia anche l’autore satirico Osho ha fotografato la situazione con «meme» folgoranti in romanesvo. «Yuuuu ve ricordate de me?» è la didascalia di Zelensky che dall’espressione del volto sembra chiedere di non essere dimenticato. Un’altra foto lo ritrae con Joe Biden che con il braccio sulla spalla del presidente ucraino dice, secondo Osho: «Te devo da ’na brutta notizia… ce devi ridà tutte le armi perché le devo mannà a Israele».
Si sorride ma il generale in congedo Marco Bertolini, paracadutista da sempre, è seriamente preoccupato: «Nonostante l’Ucraina sia sparita, le due guerre non sono separate. Ormai c’è una vasta area di instabilità che si estende dal Mar Nero all’area mediorientale. È un conflitto mondiale a pezzi, che rischiano di saldarsi assieme». L’ultimo consiglio Ue in Lussemburgo ha riportato al pettine le divisioni interne. Pochi giorni prima Orbán aveva stretto la mano a Putin. Il ministro degli Esteri lituano, Gabrielius Landsbergis, ha sottolineato che «non possiamo dimenticarci dell’Ucraina, dove la situazione non è delle più facili. I russi aspettano una situazione del genere, in cui noi guardiamo altrove e loro possono rinnovare i loro attacchi». Non si è trovato un accordo sull’ottava tranche di armamenti attraverso l’Epf, che, ironia della sorte, è lo strumento europeo per la pace. Dopo le elezioni in Polonia e soprattutto in Slovacchia, con la vittoria del socialdemocratico Robert Fico che ha deciso di sospendere le forniture belliche all’Ucraina, l’Unione arranca.
La guerra in Medioriente offusca ancora di più i piani, anche se la Ue ha appena versato 1,5 miliardi di euro di assistenza macro finanziaria a Kiev. Nel 2023 sono già arrivati 15 miliardi e il primo ministro ucraino, Denys Shmyhal, ha spiegato che «si sta lavorando a un nuovo programma a lungo termine dal valore di 50 miliardi di euro». In realtà gli ucraini sono preoccupati della «fatigue» dell’opinione pubblica occidentale rispetto al sostegno alla guerra, che si aggiunge al nuovo conflitto fra i terroristi di Hamas e Israele. «Stanno insistendo con gli alleati sull’utilizzo dei conti e degli investimenti russi già congelati per utilizzarli a favore della difesa ucraina» spiega una fonte diplomatica di Panorama a Kiev. «E confidano molto nel via libera all’adesione ucraina alla Ue con il Consiglio europeo di dicembre».
Sul piano bellico la situazione è di stallo, ma gli scontri in prima linea continuano a essere sanguinosi. La controffensiva, a parte qualche chilometro di avanzata, non è riuscita a spezzare la linea del fronte russo riconquistando Melitopol o addirittura Mariupol. I russi hanno dato del filo da torcere con una perniciosa difesa «elastica» e attacchi più ad Est per impegnare le riserve ucraine. Un migliaio di commando di Kiev, appena addestrati dagli inglesi, stanno compiendo incursioni sulla riva sinistra del fiume Dnipro all’altezza di Kherson, ma i russi rispondono con pesanti bombardamenti aerei. Un tragico bollettino di guerra che sembra dimenticato non solo dai media. Neanche la notizia che in 12 mesi sono stati lanciati più di 300 missili e quasi 400 droni kamikaze iraniani su Kiev ha fatto riemergere l’Ucraina su giornali, tv e nell’interesse internazionale. Pavlo Klimkin, ex ministro degli Esteri ucraino ha sentenziato che un’altra guerra significa «meno tempo per noi». Hennadiy Druzenko, direttore di un’efficiente organizzazione non governativa che garantisce supporto medico ai militari, ha postato su Facebook: «Prima le forze di difesa israeliane sconfiggeranno Hamas, meno attenzione e risorse del mondo libero verranno distolte dall’Ucraina».
Zelensky è seriamente preoccupato, ma al momento spinge per ottenere dagli Stati Uniti un numero ancora superiore di Atacms, i missili a guida satellitare con 300 chilometri di gittata che stanno provocando pesanti perdite, in profondità, alle forze russe. «Pensavamo che la guerra in Ucraina potesse espandersi in Paesi vicini come la Moldavia, ma il conflitto, in realtà, è globale al di fuori del perimetro Nato. I golpe in Africa e adesso la nuova guerra in Medioriente sono la dimostrazione» osserva Arduino Paniccia, presidente dell’Asce, scuola di alta formazione a Venezia su strategia, guerra ed economia. Gli Usa sono stati costretti a impegnare due portaerei davanti a Gaza spostandone una dal «teatro» ucraino. «Stiamo dimenticando malamente Kiev, il cuore della crisi, che potrebbe essere all’origine dei nuovi sommovimenti bellici» aggiunge Paniccia. «Si sta creando una nuova linea di demarcazione che parte dal Mar Baltico e arriva fino al Medioriente».
Mosca gongola senza darlo troppo a vedere. Il 23 ottobre scorso il ministro degli Esteri russo, Sergej Lavrov, era in Iran per colloqui con le controparti regionali a cominciare dagli ayatollah. La posizione di Putin è che «il regime di Kiev e i suoi padrini occidentali» perseguono «una linea distruttiva», ma Mosca resta «aperta al dialogo, a condizione che le autorità ucraine rispettino le condizioni russe e tengano conto delle nuove realtà». Tradotto, significa congelamento del fronte con 15 per cento del territorio ucraino occupato oltre alla Crimea. Hamas fa indirettamente il gioco di Mosca spostando l’asse dell’impegno diplomatico e militare Usa verso il Medioriente. Un ulteriore allargamento del conflitto all’Iran e ai suoi giannizzeri in Libano, Siria e Yemen condannerebbe ancora più lo scontro in Ucraina al dimenticatoio. Paniccia teme che sia solo l’inizio di uno scontro più ampio: «La crisi bellica si sta spostando verso Est e la prossima tappa del conflitto globale potrebbe essere Taiwan».