La Cdu, di Angela Merkel, non è più il primo partito tedesco. Ma ai socialdemocratici è mancata la spinta per prendere il testimone e gestire il sistema parlamentare. Verdi sgonfiati e AfD resta in un angolo. Tutto adesso si gioca con le alleanze. Ma nel complesso il sistema proporzionale è rimasto stabile. Nulla a che vedere con Italia, Francia e Spagna travolte dalla nascita di nuovi movimenti.
La cautela è d’obbligo poiché nel momento in cui scriviamo i risultati delle elezioni tedesche non sono definitivi. Le rilevazioni, però, sono allineate e la politica in Germania è meno incline alle sorprese rispetto all’Italia. Con buona approssimazione, dunque, si possono tracciare delle considerazioni.
La prima è che la Cdu non è più il primo partito tedesco, sarà di poco superata dal partito del centrosinistra, la Spd. La Cdu paga il ritiro di Angela Merkel e la sua mancata sostituzione con un leader di partito dello stesso livello, ma la caduta è meno rovinosa del previsto: i sondaggi davano il partito intorno al 22%, mentre gli exit poll registrano un 24-25%. Inoltre, è probabile che grazie agli alleati bavaresi della Csu il blocco del centrodestra resti il primo del Bundenstag sul piano dei seggi.
La seconda considerazione è che la crescita dei Verdi è molto meno consistente di quanto non dessero a intendere i sondaggi di qualche mese fa. Dopo aver sfiorato il 25% dei consensi, il partito ambientalista si ferma al 14-15% negli exit poll. Rispetto alle scorse politiche i Verdi guadagnano circa il 6%, ma non è la marea che molti analisti si aspettavano. Che i rischi e gli eccessi dell’ambientalismo sul piano occupazionale abbiano spaventato l’elettorato di un Paese che si basa ancora molto sull’industria manifatturiera tradizionale? Che l’inesperienza di governo abbia raffreddato gli entusiasmi?
La terza considerazione è che all’Spd è mancato qualcosa per ottenere una primazia nel sistema parlamentare tedesco. La resistenza delle roccaforti cristiano-democratiche, la crescita dei Verdi, una leadership a tratti titubanti. Sta di fatto che exit poll alla mano non può dirsi sicuro un governo guidato dalla Spd, pur se resta lo scenario più probabile.
La quarta e ultima considerazione è che il sistema politico tedesco tiene. I partiti sono tradizionali e stabili. Non ci sono stati strappi e i ventagli delle possibili alleanze sono ampie. Solo AfD è in una posizione isolata sulla destra e non ha possibilità di entrare in alcun governo nazionale. La politica tedesca, al contrario di quella italiana o francese o spagnola, non è stata travolta dalla crescita repentina di nuovi partiti negli ultimi anni (si pensi al Movimento 5 Stelle, a En Marche e a Podemos e Ciudadanos). Queste ultime elezioni lo confermano. In Germania sistema proporzionale si associa con una stabilità di fondo dei partiti e con la capacità di questi di formare alleanze.
Veniamo agli scenari. In ogni caso la formazione del governo richiederà del tempo. Le possibilità sono due e le hanno illustrate i due principali partiti. La Spd vorrebbe guidare un governo con Verdi e Liberali, mentre la Cdu-Csu vorrebbe anch’essa un governo con Verdi e Liberali. Lo scenario più semplice, quello di un rinnovo della grande coalizione proprio tra il partito di centrosinistra e quello di centrodestra, è la meno probabile. La Spd non vuole più una grande coalizione ed entrambi i partiti sanno che la riedizione della coalizione senza Angela Merkel a guidarla potrebbe essere pericolosa in quanto gli altri partiti all’opposizione potrebbero avvantaggiarsi dell’ennesima ripetizione della politica tedesca senza la capacità gestionale della Cancelliera. A complicare la questione c’è inoltre la disputa su chi è arriverà prima. Secondo gli exit poll è probabile che il blocco di cristiano-democratico mantenga un vantaggio numerico sul piano dei seggi, mentre la Spd dovrebbe sopravanzare di poco la Cdu nei voti totali espressi. Questo rende più difficile sia stabilire quale dei due partiti debba prendere l’iniziativa per provare a formare una coalizione sia per scegliere la formula della coalizione stessa. Scenari a cui i tedeschi, pur orfani della Merkel, sono comunque abituati anche se le trattative dovessero andare per le lunghe.
La Germania cambia, ma non troppo.
