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Professione: acchiappa bugiardi

Professione: acchiappa bugiardi

Impossibile ingannare Enzo Kermol, psicologo diventato famoso per la sua capacità di riconoscere il vero dal falso studiando le espressioni di chi parla. Bastano un sopracciglio, un ghigno involontario o un gesto verso il naso per tradire chi sta mentendo. Ecco, svela a Panorama, chi sono gli insinceri più noti.


«Kabul non sarà un’altra Saigon». Mentre lo diceva, Joe Biden si toccava il naso e spalancava le palpebre: mentiva. «Vi aggiornerò sulle novità» promette in diretta Mario Draghi, ma il sopracciglio in massima estensione verticale nella microespressione involontaria lo tradisce: è l’ultima cosa che vorrebbe fare. Poi ci sono il sorriso vincente di Kate Middleton, le bugie di Meghan Marple nell’intervista planetaria a Oprah Winfrey, la rabbia repressa di Giuseppe Conte mentre abbassa il sopracciglio, il sorriso ingannatore di George Clooney «falso come una moneta da tre euro».

Stai lì ad ascoltarlo, a osservarlo mentre scannerizza un video su YouTube; per Enzo Kermol politici e vip sono lepidotteri studiati al microscopio. E lui è un entomologo digitale che scrutando gli sguardi, le rughe, un insospettabile prurito o un impercettibile tic del volto, cerca dentro di loro la verità dell’anima.

Come diceva Ernst Jünger: cacce sottili. Si chiama Facs (Facial action coding system), una scienza entrata nelle nostre vite senza chiedere il permesso e senza bisogno di forzare una password; consente di capire da comportamenti banali ciò che vorremmo nascondere. Negli aeroporti americani e israeliani viene utilizzata per individuare potenziali terroristi, nelle aule di tribunale per verificare se sta mentendo l’accusato o la vittima, come faceva Tim Roth nella serie televisiva Lie to me.

L’acchiappabugiardi italiano è un neuropsicologo, docente di Psicologia generale a Unicusano (Roma) che vive fra Gorizia, Trento e appunto Roma, richiesto per lezioni, consulenze, perizie legali. «Oggi mentire è uno sport molto diffuso, ma ci sono le contromisure. Il padre del Facs è Paul Ekman, psicologo statunitense che 40 anni fa teorizzava la verità delle espressioni involontarie del volto. Il suo libro Giù la maschera è una pietra miliare. Ho lavorato con i suoi allievi Erika Rosenberg e Harriet Oster. Una decina di anni fa mi sono accorto che tre dottorandi di ricerca proponevano tesi sull’applicazione del Facs in campo pediatrico per comprendere le reazioni dei bambini. Ho cominciato con due casi giudiziari a Vicenza e a Como. Non ho più smesso».

Il primo riguardava un ragazzo denunciato per violenza sessuale dalla fidanzata, ma lei sorrideva quando ricostruiva lo stupro ed era triste nel ricordare l’ex fidanzato; si era inventata tutto. Nel secondo un insegnante era stato accusato di abusi sugli alunni, ma Kermol dimostrò che le forze dell’ordine avevano suggerito le risposte e le testimonianze non erano attendibili. L’uomo fu prosciolto. «È chiaro che i giudici sono gli unici depositari del valore legale del nostro lavoro, sono loro a decidere. Ma la bontà del sistema ha avuto conferma anche durante la pandemia» spiega lo psicologo che osserva l’anima attraverso i volti.

«In dicembre sono andato in Senato con alcuni colleghi, commissioni Istruzione e Sanità, per audizioni sull’impatto della Didattica a distanza sui processi di apprendimento. Ho sottolineato le patologie psicologiche derivate dalle chiusure, ho parlato dell’abbassamento del quoziente d’intelligenza. Eccessiva esposizione a strumenti informatici, peggioramento nutrizionale e assenza di attività fisica: la Dad è stata un disastro sociale. Qualche mese dopo, i test Invalsi hanno confermato l’allarme. Seguo bambini di 11-12 anni e li vedo molto provati. Alcuni sviluppano la sindrome oppositivo-provocatoria, diventano aggressivi, creano disturbo per ottenere una reazione avversa. Di solito sono i più intelligenti».

Il corpo parla, qualche volta grida e lui cerca di scoprire la coerenza dei movimenti involontari. Lo ha scritto nell’ultimo libro, dal titolo accademico Le espressioni del volto e il comportamento umano, pubblicato dall’università di Padova. «Solleviamo il sopracciglio sinistro quando abbiamo un dubbio riguardo alle parole di qualcuno, se a mentire siamo noi lo solleviamo perché dubitiamo di ciò che stiamo dicendo. Gli esseri umani si toccano il naso quando hanno il raffreddore ma anche quando si emozionano. Tutte le emozioni, tranne tristezza e disgusto, fanno aumentare la frequenza cardiaca nei vasi periferici, quindi a far affluire più sangue anche ai capillari del naso, causa del prurito. Lo tocchiamo per far diminuire l’afflusso. Chi mente si emoziona, come il presidente Joe Biden nelle conferenze stampa sulla crisi in Afghanistan. Si tocca il naso, spalanca le palpebre: combinazione tipica della menzogna. Di solito è quasi immobile e tiene gli occhi socchiusi, il modo migliore di nascondere l’anima».

Un altro che sa celare il rossore ma si tocca il naso è Giuseppe Conte. Bugie in arrivo, soprattutto durante i lockdown. «La sua costante è la rabbia. Si tocca il naso con l’indice della mano sinistra, lo stesso movimento che faceva Barack Obama. In un video della Bbc il nostro ex premier dice che «la perfezione non è di questo mondo» e abbassa il sopracciglio innalzando le palpebre, segnale che è contrariatissimo».

Le rivelazioni sono impercettibili, scompaiono in un microsecondo, ma le registrazioni sono decisive. Quando lavora, Kermol sembra Steven Spielberg al montaggio. Allora parte il divertissement. Roberto Speranza, ministro della pandemia. «L’ho fermato nella trasmissione di Giovanni Floris due mesi fa. Muove la testa mentre dice che tutto va bene, ma la muove in senso orizzontale che è segno di negazione, indice di menzogna. Poi accentua un elemento non veritiero: solleva entrambe le sopracciglia e poi il sopracciglio sinistro».

L’ex ministro dei banchi a rotelle, Lucia Azzolina. «Le sue espressioni facciali sono poco indicative ma c’è un dettaglio rivelatore: quando non dice la verità la voce diventa più acuta».

Si può essere smascherati anche da un sorriso. È la coerenza dei movimenti che conta. «Il vero sorriso si chiama “Duchenne”, dal neurologo francese che per primo lo ha descritto. Le sue caratteristiche sono sette: angoli della bocca orientati verso l’alto, muscoli degli occhi compressi, occhi semichiusi, palpebre inferiori dritte, borse sotto gli occhi più nette, zigomi che si innalzano e rughette ai fianchi degli occhi più visibili. A meno che la persona non abbia un chilo di fondotinta. È il sorriso autentico, quello sociale è falso».

Un falsario di professione, a quanto pare, è George Clooney, «senza rughette ai lati degli occhi e con le borse solo di vecchiaia. Due sorrisi che sono invece sono paradigmi di verità: quello di Albert Einstein esprime gioia, quello di Kate Middleton felicità. Anche che se è facile essere felici nella sua posizione».

Niente a che vedere con la cognata Meghan Marple, protagonista dell’intervista esplosiva contro la corona d’Inghilterra. Secondo lo scrutatore di anime, lì accadde qualcosa di strano. «Quando, parlando della sua gravidanza, rivela che il figlio non avrebbe ricevuto alcun titolo, Meghan scuote la testa per negare la frase successiva, apre e chiude le palpebre velocemente, muove la pupilla verso sinistra in modo accelerato. Tutto ciò si riscontra quando si tende a inventare. Altrettanto falsa è la sorpresa di Oprah, un’espressione che dura cinque secondi abbondanti. Il moto di sorpresa spontaneo dura al massimo mezzo secondo, era tutto studiato».

Neppure un animale da palcoscenico come Fedez sfugge al microscopio di Kermol. «Il riferimento è vecchio, un video di fine 2019, ma illuminante. Nella trasmissione La confessione, quando cita la moglie Chiara Ferragni ha un sorriso unilaterale di disistima.Come quello che riserva a J-Ax. Al contrario, durante le Olimpiadi di Tokyo, ho notato un volto solare nella commozione: quello di Federica Pellegrini. Sopracciglia a V rovesciate e contrazioni sulla fronte. Si chiama Omega malinconico, gli angoli della bocca sono orientati lievemente verso il basso. Indicano spontaneità ed emozione profonda».

Non si può ingannare lo specchio del Facs. Che si pronuncia come fax, quel macchinario in disuso (tranne che in qualche tribunale) dal quale esce il volto di Keyzer Söze nell’ultima scena del film I soliti sospetti, capolavoro del regista Brian Singer. «Perché la più grande beffa che il Diavolo abbia mai fatto al mondo» spiega la voce fuoricampo «è stata quella di convincere tutti che non esiste».

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